20 maggio, Giornata Mondiale delle Api

Il 20 dicembre 2017, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione con la quale ha dichiarato il 20 maggio di ogni anno la Giornata mondiale delle api.[1]

La risoluzione ha tenuto conto in particolare di un rapporto che ha portato alla ribalta mondiale il declino a cui stanno andando incontro le api e gli altri impollinatori: il Rapporto di valutazione tematico su impollinatori, impollinazione e produzione alimentare, pubblicato nel febbraio 2016 daIl’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services). Il rapporto ha stimato che un numero crescente di specie di impollinatori in tutto il mondo è sull’orlo dell’estinzione a causa di diversi tipi pressione, molti dei quali prodotte dall’uomo. Le cause sono molteplici e concatenate e sono le stesse che stanno portando al declino della biodiversità: distruzione, degradazione e frammentazione degli habitatinquinamento (in particolare da pesticidi)cambiamenti climatici e diffusione di specie aliene invasive, parassiti e patogeni.

Lo scopo della risoluzione è proporre riportare all’attenzione dei cittadini, dei media e dei decisori politici l’importanza delle api e in generale di tutti gli impollinatori, api, vespe, farfalle, coccinelle, ragni, rettili, uccelli, finanche mammiferi, per la sicurezza alimentare, la sussistenza di centinaia di milioni di persone e per il funzionamento degli ecosistemi e la conservazione degli habitat.

Gli impollinatori sono animali che, visitando i fiori alla ricerca di nettare e polline, s’imbrattano di polline (gamete maschile, analogo allo sperma dei mammiferi) del quale sono ricchi le antere, cioè la porzione fertile degli organi sessuali maschili di un fiore. Visitando i fiori di altre piante, trasferiscono il polline (gamete maschile, analogo allo sperma dei mammiferi) attraverso il loro corpo sullo stigma, parte più esterna del gineceo o pistillo (che rappresenta la parte femminile del fiore). Attraverso lo stigma il polline giunge poi a fecondare l’ovario, permettendo così la riproduzione della pianta.

Circa il 70% delle 115 principali colture agrarie mondiali beneficia dell’impollinazione animale. In Europa la produzione di circa l’80% delle 264 specie coltivate dipende dall’attività degli insetti impollinatori. La produzione agricola mondiale direttamente associata all’impollinazione animale rappresenta un valore economico stimato tra 235 e 577 miliardi di dollari. Secondo il Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia la valutazione economica del servizio di impollinazione delle aree agricole italiane è pari a circa 3 miliardi di euro l’anno.

La riproduzione dell’88% delle piante selvatiche da fiore del mondo (circa 308.000 specie) dipende, almeno in parte, dall’impollinazione animale per la riproduzione.

Tra gli impollinatori, le specie del genere Apis sono le più numerose: oltre 20.000 in tutto il mondo, gran parte delle quali selvatiche. La più popolare è l’ape domestica, nome scientifico Apis mellifera, conosciuta nel mondo come ape italica. Il valore di questa specie, originaria dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, nelle stesse aree che hanno visto sorgere le civiltà antiche, è legato oltre che al servizio d’impollinazione anche alla produzione di miele, cera, propoli e pappa reale.

In tutta l’Unione Europea ci sono almeno 600.000 apicoltori, che gestiscono 17 milioni di alveari e producono circa 250.000 tonnellate di miele l’anno.  In Italia, gli apicoltori censiti in Italia al 2020 erano 65.000, in costante aumento.  In aumento è anche il numero degli alveari (1.950.000 unità nel 2020), con una produzione di miele stimata in circa 25.000 tonnellate.

Negli ultimi anni gli apicoltori devono fronteggiare un grave fenomeno: la riduzione del numero delle colonie di api e il declino delle loro popolazioni.  Il fenomeno, conosciuto come spopolamento degli alveari o moria delle api, è stato segnalato dagli apicoltori sin dal 2003 e si concentra in primavera, in coincidenza del periodo di maggiore bottinamento delle api.  Ad oggi non è stata identificata una unica causa per tale declino, ma sono stati individuati diversi possibili fattori con una negativa incidenza sulla salute e sulla sopravvivenza delle colonie ‘allevate’ di api da miele: la distruzione, il degrado e la frammentazione degli habitat, la semplificazione del paesaggio e l’eliminazione di fasce inerbite e siepi, filati, boschetti; l’agricoltura intensiva; la morte per fame delle api per via della ridotta disponibilità o qualità delle risorse alimentari, gli attacchi di agenti patogeni (virus, batteri e funghi) e parassiti (principalmente insetti e acari), tra cui specie invasive come l’acaro varroa (Varroa destructor), il calabrone asiatico (Vespa velutina) e il piccolo scarabeo dell’alveare (Aethina tumida), i cambiamenti climatici, il cambiamento culturale e commerciale delle pratiche di apicoltura e, non ultimi per importanza, l’esposizione ai pesticidi usati in agricoltura per la difesa delle colture agrarie, la lotta agli insetti molesti ed il diserbo operato in aree urbane e periurbane e i prodotti chimici utilizzati negli alveari per combattere i parassiti e i patogeni delle colonie.

I rischi legati a parassiti e malattie possono essere ridotti attraverso una migliore individuazione e gestione delle malattie e l’adozione di pratiche corrette di gestione dell’apiario e l’osservazione dei regolamenti globali relativi al commercio e alla circolazione delle api.

L’ISPRA partecipa ad attività di ricerca per identificare i possibili fattori e le cause di mortalità o di spopolamento delle colonie di api, anche a seguito delle diverse pratiche fitoiatriche di lotta a parassiti e patogeni in agricoltura e da qualche anno ha inserito nell’Annuario dei dati ambientali un indicatore specifico relativo alle morie di api dovute all’uso di prodotti fitosanitari.

I dati rilevati consentono di ipotizzare un trend in aumento dei casi di moria di api nel tempo, imputabile in parte all’accresciuta esposizione degli insetti ai prodotti fitosanitari, in parte a un aumento della consapevolezza degli apicoltori che partecipano con maggiore responsabilità ai programmi di rilevazione da parte degli organi di controllo preposti (Ministero della salute, Uffici Veterinari delle ASL).

L’indicatore mette in relazione i fenomeni di moria delle api registrati sul territorio nazionale con il rinvenimento di principi attivi dei prodotti fitosanitari in matrici apistiche, confermato da laboratori di analisi preposti e riconosciuti dalla normativa (IIZZSS, ARPA, ICQRF e altri).

Obiettivo dell’indicatore è individuare le relazioni e l’entità, su scala nazionale, con le quali i principi attivi dei prodotti fitosanitari sono associati a fenomeni di moria nelle api domestiche (Apis mellifera subsp.). Tali dati forniscono informazioni anche sulla diffusione e la contaminazione ambientale da fitofarmaci.

I dati relativi alle morie potrebbero però essere sottostimati, in quanto le comunicazioni e quindi la relativa raccolta delle informazioni e dei dati, sono su base volontaria non prevedendo misure che incentivino gli apicoltori interessati o forme di tutela dell’attività produttiva.

A questo proposito, al fine di favorire la segnalazione dei casi di moria da parte degli apicoltori e migliorare quindi l’accuratezza dei dati, potrebbe essere opportuno introdurre misure che incoraggino l’apicoltore a segnalare tali eventi e a collaborare con gli organi di controllo consentendo, al contempo, il proseguimento rapido delle indagini e tutelando l’attività produttiva dell’azienda apistica. Per far ciò occorrerebbe limitare l’applicazione di misure restrittive sugli apiari interessati, quali sequestri e blocchi delle attività.

Anche nel corso del 2019, i mesi con maggior numero di casi di morie denunciati sono aprile, maggio e giugno, coincidenti con le fioriture primaverili. In tali periodi è vietato effettuare trattamenti fitosanitari poiché le api svolgono un’intensa attività di bottinamento che le rende maggiormente vulnerabili alla presenza di inquinanti diffusi presenti nell’ambiente, in particolare i fitosanitari utilizzati nelle aree agricole.

Attualmente risulta complesso individuare un trend preciso negli anni, tuttavia i dati rilevati dal 2015 al 2019, ad eccezione del 2018 consentono di ipotizzare un aumento dei casi di moria di api nel tempo.

Questo incremento osservato negli anni non è solo imputabile all’accresciuta esposizione degli insetti ai prodotti fitosanitari, ma anche a una maggiore partecipazione degli apicoltori alle campagne di monitoraggio condotte dal Ministero della salute, dagli Uffici Veterinari delle ASL, dalle associazioni e singoli apicoltor.  Il monitoraggio sistematico sugli avvelenamenti delle api, è stata attivato nel luglio 2014 da parte del Ministero della salute e ha consentito, a partire dal 2015, di rilevare in modo ufficiale i casi di avvelenamento sul territorio nazionale.

Le cause di mortalità anomale, secondo le informazioni fornite, possono essere attribuibili sia ad avvelenamento da prodotti fitosanitari, sia all’azione di diversi patogeni sulle api. Nei casi in cui le analisi per la ricerca dei principi attivi contenuti nei prodotti fitosanitari hanno dato esito positivo, è stata rinvenuta spesso la presenza di più principi attivi, indicando così come una combinazione di più fattori di pressione possa determinare mortalità anomale e spopolamento degli alveari.

Nel 2019, le regioni che hanno fatto osservare un maggior numero di casi di morie di api con presenza di principi attivi rilevati durante le indagini sono state nell’ordine: Veneto con 19 casi, Trentino-Alto Adige con 14, Friuli-Venezia Giulia con 11, Piemonte con 5, Valle d’Aosta con 3, Calabria e Campania con 2 casi ciascuna.

Infine, dall’analisi del trend mensile, nei vari anni, si conferma come i mesi con maggior numero di casi di morie siano aprile, maggio e giugno, coincidenti con le fioriture primaverili e un’‘intensa attività di bottinamento dei pronubi che li rende maggiormente vulnerabili alla presenza di inquinanti diffusi presenti nell’ambiente, in particolare ai fitosanitari.

La buona notizia è che è possibile adottare una serie di misure per ridurre i rischi di effetti negativi per gli impollinatori; il rispetto delle norme e raccomandazioni di uso riportate sui prodotti fitosanitari e il seguire gli usi e la conoscenza locale è importante a questo riguardo.

Questi passaggi includono la promozione di un’agricoltura sostenibile, che aiuta a diversificare il paesaggio agricolo e adotta processi ecologici come parte della produzione alimentare.

Specificatamente queste opzioni includono:

  • la realizzazione di siepi o di ‘strisce’ tra i filari delle colture erbacee e arboree o di macchie di piante selvatiche da fiore, allo scopo di mantenere o creare una maggiore diversità di habitat degli impollinatori a scala paesaggistica;
  • riduzione dell’esposizione degli impollinatori ai pesticidi riducendone l’uso, cercando forme alternative di controllo di patogeni e parassiti e di erbe infestanti, adottando una serie di pratiche gestionali agrarie specifiche, comprese le tecnologie per ridurre la deriva dei pesticidi durante i trattamenti;
  • miglioramento delle pratiche di allevamento delle api domestiche rispetto al controllo di patogeni e parassiti, insieme a una migliore regolamentazione del commercio e dell’uso di impollinatori, anche nella loro riproduzione.

[1] A dare avvio al processo che ha portato alla risoluzione ONU sulle api è stata  la Repubblica di Slovenia che nel 2015, su iniziativa dell’Associazione slovena degli apicoltori, avviò le procedure presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) per approvare la dichiarazione della Giornata mondiale delle api e per proporre una risoluzione che sottolineasse l’importanza delle api e in generale di tutti gli impollinatori, per l’ambiente e per l’uomo.

Fonte https://www.isprambiente.gov.it/

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