30 anni fa la strage dell'Epifania a Sant'Onofrio: le parole del sindaco Maragò

Il sindaco Maragò scrive che “vivere di ‘ndrangheta non conviene a nessuno”
“6 gennaio 1991. Due persone sono state uccise e undici ferite in una sparatoria accaduta a Sant’Onofrio, un centro della zona del Vibonese a 70 chilometri da Catanzaro, nella piazza principale del paese. Carabinieri e poliziotti stanno accertando l’identità degli uccisi e dei feriti”. (Agenzia ANSA). 30 anni dopo quella strage, il Sindaco di Sant’Onofrio, Onofrio Maragò, lancia alla società civile un appello forte “Aiutateci a liberarci da questa cappa e da questo pesante sospetto di ndrangheta. Qui c’e ancora tanta gente buona, e soprattutto onesta”.
La strage dell’Epifania può essere annoverato come l’evento che più di ogni altro ha segnato e condizionato l’evoluzione sociale, culturale ed economica di Sant’Onofrio e dei suoi abitanti. In una mattinata di festa nella quale la comunità soleva radunarsi in piazza per vivere un momento di socialità, si è scatenata la violenza ed il terrore, lasciando a terra fra la folla due vittime e nove feriti, cittadini innocenti che si sono trovati fatalmente nella traiettoria dei proiettili destinati ad altri, vittime di una modalità perversa di contrasto e di affermazione criminale.
Il sei gennaio 1991 è stata una giornata luttuosa e di terrore della quale, verosimilmente, non è stata presa ancora piena coscienza, anche perché al fragore delle armi e al sangue innocente versato, non è seguita una forte presa di posizione civica tale da arginare e osteggiare, più di quanto si sia fatto, il diffondersi di fenomeni di criminalità organizzata ed il proselitismo su nuove leve inquadrate nella cosca locale, come le cronache giudiziarie riportano.
Da quella data fatidica Sant’Onofrio è cambiata profondamente. A livello di socialità si è innescato un timore diffuso, una quieta rassegnazione, che ha condotto gran parte della popolazione ad estraniarsi da quanto avveniva, rinchiudendosi nel proprio sistema familiare e amicale, che costituisce da sempre un micro mondo in cui rifugiarsi. Così facendo i suoi abitanti hanno però sottovalutato gli effetti negativi di lungo periodo che sono conseguenti all’affermarsi di fenomeni criminali, soprattutto in relazione allo sviluppo socio-economico del territorio.
A trent’anni di distanza, certo molte cose sono cambiate, nella società civile vi è una nuova percezione e considerazione dei fenomeni mafiosi come testimoniato dalla grande partecipazione alla manifestazione organizzata dall’associazione Libera a favore delle forze dell’ordine a seguito dell’operazione giudiziaria denominata “Rinascita Scott”. La lotta alla ‘ndrangheta si è intensificata nel corso degli anni a fronte della costatazione della pervasività e pericolosità di tale organizzazione criminale. Molto altro ancora deve essere affrontato e perseguito, sia a livello di istituzioni, di organismi intermedi e di società civile.
L’affermazione di principi di legalità e di convivenza civile deve essere condivisa a tutti i livelli, ognuno deve fare la propria parte, in un’azione corale che faccia comprendere compiutamente che la ‘ndrangheta è un male, anche per chi aderisce a tale organizzazione, perché foriero di una vita non vissuta (come si legge in molte testimonianze riportate in numerose pubblicazioni). E come ogni male può essere curato solo se l’ammalato ne prende piena coscienza e decide di curarlo, anche per il male sociale legato alla ‘ndrangheta occorre prenderne coscienza e decidere di curarlo, sia con le azioni di contrasto sia con interventi di “ricostituzione” e di “rigenerazione” del tessuto sociale ed economico.
E allora bisogna parlarne, bisogna partecipare e far partecipare, risvegliare le coscienze sopite dei santonofresi, bisogna essere testimonianza attiva per affermare un rinnovato senso di comunità, la quale sta registrando negli ultimi decenni una continua emorragia di giovani che emigrano, ancora oggi come i loro avi, verso altre aree di Italia e del mondo. Occorre arrestare questa disgregazione sociale che ha radici e cause nel ritardo di sviluppo e nella carenza di occasioni di lavoro, cause che sono fortemente legate alla presenza del malaffare ed in molti casi da questo generate.
Ci vorrà tempo e molto impegno, la comunità di Sant’Onofrio deve prendere coscienza di sé e rifuggire dal rassegnarsi ad un ineluttabile destino, quello di essere etichettata come paese di ‘ndrangheta che deve essere evitato e da cui bisogna andarsene. La comunità di Sant’Onofrio rimane composta da gente onesta e di grandi qualità umane, che non merita di essere tacciata in modo spicciolo e generalistico di mafiosità.
L’Amministrazione comunale di Sant’Onofrio crede che i tempi possano essere propizi e che occorra agire per evitare l’inesorabile declino della comunità amministrata. È cosciente che oltre a rispettare e far rispettare le leggi, base imprescindibile, ed essere modello di moralità istituzionale e di testimonianza attiva a favore della legalità, occorra promuovere una strategia di risveglio sociale, culturale ed economico, che coinvolga tutte le forze sane presenti e crei le occasioni più opportune e sostenibili, di socialità e di lavoro, per dimostrare fattivamente che vivere di ‘ndrangheta o esserne associati, in fondo, non conviene a nessuno: chi in un modo, chi per altro, perdiamo tutti.
Questo può rappresentare un manifesto di intenti imprescindibile tale da accomunare tutti ed al quale impegnarsi anche nel futuro amministrativo di Sant’Onofrio.
L’Amministrazione comunale di Sant’Onofrio in questi anni ha marciato insieme a Libera, partecipando attivamente alle sue iniziative, tra le quali le giornate dedicate alla memoria delle vittime innocenti delle mafie. Nel lungo e straziante elenco letto ad alta voce in molte piazze in tutta Italia, compaiono i nomi di due cittadini di Sant’Onofrio: Onofrio Addesi e Francesco Augurusa, vittime innocenti di una cieca e feroce violenza.
L’Amministrazione comunale di Sant’Onofrio, nella ricorrenza del 6 gennaio 2021, ha deciso di esporre una targa nella stessa Piazza in cui è avvenuto l’eccidio trent’anni prima, per ricordare i suddetti cittadini e testimoniare il proprio impegno e quello di tutta la comunità a schierarsi contro l’illegalità.
Tenuto conto dell’emergenza in atto, che impone limitazioni per arginare i pericoli di contagio, si ha in programma di realizzare, oltre alla esposizione della suddetta targa commemorativa, una raccolta di videomessaggi di esponenti e osservatori privilegiati, i cui punti di vista rimangano a memoria e possano essere fonte di ispirazione per amministratori e cittadini.
Illustri cittadini di Sant’Onofrio hanno scritto e illustrato storie e immagini della nostra comunità (ad esempio: il prof. Mario Teti con “Gente di Sant’Onofrio”, Pino Nano con “Cara Sant’Onofrio”). Oggi, ci poniamo l’obiettivo di raccogliere e far tesoro di analisi, casi emblematici, buone prassi e proposte qualificate per dare impulso ad una “rigenerazione” della comunità, a partire dalle nuove generazioni e con il fondamentale e potente aiuto del genere femminile, finora inespresso ed erroneamente sottovalutato.
 

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