Presentato anche in Calabria l'8° rapporto sulla condizione dei malati oncologici

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Volontariato e salute rappresentano ormai un binomio imprescindibile nella società civile. Nell’esercizio del suo ruolo di sussidiarietà, il volontariato affianca le istituzioni nelle scelte che coinvolgono il cittadino, in quelle sanitarie soprattutto. E finalmente anche la Calabria si dota di una rete di associazioni nel campo dell’oncologia che aderisce ad una realtà nazionale capace di far sentire la sua “voce” ai tavoli di concertazione con oltre cinquecento realtà associative federate e 25mila volontari (trattasi della “Favo”, la Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia). Nella presentazione dell’ottavo rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici – tenutasi venerdì mattina presso la Cittadella Regionale – il direttore del Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro, Stefano Morena, ha sottolineato anche a nome del Coordinamento regionale dei CSV calabresi il bisogno di rinsaldare il rapporto con la Federazione, allo scopo di qualificare e migliorare l’azione volontaria.

Ma ciò che ha stimolato la riflessione tra gli intervenuti e gli stessi relatori, coordinati dal delegato Favo Calabria Enzo Nania, è stata la puntuale introduzione del presidente nazionale, Francesco De Lorenzo: forte della sua esperienza in campo medico, istituzionale ed anche di malato ora perfettamente guarito, De Lorenzo ha messo in chiaro come oggi ci si ammali di più (sono 3.100.000 le persone in Italia che hanno avuto una diagnosi di tumore) ma si guarisca anche di più. La persona guarita, infatti, ha oggi le stesse aspettative di vita di una persona che non si è mai ammalata: l’importante, però, è che non si consideri una “miracolata” che tira a sopravvivere, ma che rivendichi il suo diritto ad essere curata e “riabilitata” a più livelli, e soprattutto ad essere informata dell’importanza di effettuare controlli periodici per evitare la comparsa di recidive (la percentuale di recidive, infatti, è del 14%).
L’informazione è, dunque, la prima medicina per gli ammalati: nei punti informativi delle strutture più avanzate del Nord Italia, gli ammalati ricevono supporto nelle varie fasi della malattia, già a partire dalla diagnosi, ed anche dopo l’intervento. Alla chirurgia, che comunque conserva la sua centralità nel percorso della malattia, deve seguire una riabilitazione psicologica, fisica, nutrizionale, sessuale e sociale, che dev’essere garantita in tutti i territori senza più alcuna disparità. La riabilitazione, insomma, deve avere inizio ancora prima dell’operazione chirurgica: superare lo stigma della malattia significa aiutare l’ammalato a non deprimersi, ed a preparare il suo ritorno possibile e doveroso alla vita normale, al lavoro, alle relazioni affettive. Significa, dunque, non farlo sentire un emarginato, senza più diritti e con un’aspettativa di vita ridotta.

Niente di più lontano dal sistema sanitario calabrese, che è la cartina di tornasole di un sistema complessivo che detiene tristi primati su tutti i fronti. Prima per migrazione sanitaria, ed ultima per numero di hospice e posti letto, oltre che per punti informativi nei quali si provvede all’accoglienza del malato (l’unico esistente è a Paola): eppure, chiarisce il commissario straordinario per la Sanità calabrese, Massimo Scura, negli ultimi tempi dei passi in avanti sono stati fatti, con riferimento all’aumento di dieci punti percentuali dei livelli essenziali di assistenza (i cosiddetti LEA) ed alla dotazione della Pet come sistema diagnostico elevato negli ospedali di Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza. Resta ancora da sciogliere il nodo degli “screening” di prevenzione ( fermi da cinque anni a causa del mancato funzionamento del sistema informatico), dell’assistenza domiciliare carente e degli hospice per le cure palliative (su 84 posti letto che dovrebbero essere garantiti in Calabria in base al numero di abitanti, se ne contano in realtà venti, a Cassano dello Jonio ed a Reggio Calabria, in attesa che ne vengano accreditati altri dieci a S. Andrea dello Jonio).
Ciò non toglie che esistano in Calabria delle eccellenze, come il reparto di chirurgia senologica dell’Ospedale Pugliese – Ciaccio di Catanzaro, che annovera circa duecento interventi del carcinoma mammario all’anno, e che sono in aumento esponenziale, come ha fatto notare il chirurgo Francarlo Leone. Ed anche gli interventi successivi hanno puntato sull’attuazione di una rete oncologica che coinvolga più soggetti non più rinviabile.

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