Chi soffre di una malattia autoimmune non visibile all’esterno risulta un “malato immaginario”. Da qui ad essere un “malato sociale”, che vive la frustrazione dell’isolamento e che resta anche per anni in attesa di una diagnosi, il passo è breve. L’associazione “Calabria Malati Autoimmuni” (Cal.m.a.) è nata per questo, per dar modo agli ammalati cronici che soffrono di patologie complesse di difficile identificazione, dovute al malfunzionamento del sistema immunitario, di sentirsi non capiti e non creduti. Ma soprattutto di farli sentire parte integrante di una comunità tutt’altro che rara (si contano ben duemila casi di malati autoimmuni in Calabria, ma è una stima per difetto) che con Cal.m.a. riescono a farsi notare: durante il primo convegno dell’associazione, organizzato sabato 24 novembre al Musmi e moderato dalla giornalista Benedetta Garofalo, la presidente Luana Maurotti è stata infatti chiara nell’esporre i progetti futuri, dalla costituzione di gruppi di auto-mutuo-aiuto all’apertura di sportelli di ascolto in ospedale. Ma il primo passo sarà l’avvio di un laboratorio di raccolta dati e storie meritevoli di essere divulgate, grazie all’apporto di un comitato scientifico composto da medici e sociologi. Lo schema è quello della medicina narrativa che, come ha ben chiarito Cleto Corposanto – coordinatore del corso di laurea in Sociologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro e membro autorevole del comitato scientifico dell’associazione – può essere considerato un percorso di cura personalizzato. Pur non potendo essere considerata una medicina alternativa, la medicina narrativa si può infatti allargare alle attività di cura della persona, essendo uno strumento utile a raccontare la propria storia, anche di malattia, e ad instaurare una relazione con il medico che la ha in cura. L’opera di divulgazione importante che può venire dal laboratorio di raccolta dati e di medicina narrativa è riconosciuta dagli stessi medici facenti parte integrante del comitato (Giuseppe Muccari, Rosario Russo, Carmelo Pintaudi, Salvatore Mazzuca e Giacinto Nanci), e rappresenta una sfida perché mai è stato fatto prima, e che può portare all’istituzione di un registro regionale che si avvalga della conoscenza delle varie situazioni per programmare al meglio. I malati autoimmuni, sempre più numerosi, sono più che mai in attesa di un punto di riferimento che spesso non trovano per l’ambiguità della malattia o la frettolosità dei medici: dagli interventi da parte del pubblico che ne sono seguiti è venuta fuori infatti l’ansia, che l’attesa di una diagnosi che tarda ad arrivare o l’assunzione di eccessive dosi di farmaci che non portano ad alcun risultato, genera continuamente.
Ed ecco che gli stessi malati vengono messi nelle condizioni di non credere più a quello che sentono, e quindi si convincono di essere “malati immaginari” così come gli altri credono: nella loro solitudine (il ricercatore Giuseppe Bonapace ha voluto paragonarla a quella letteraria “dei numeri primi”) imparano però a fare affidamento su se stessi, e a riscoprire la loro “unicità” che mai nessuna malattia potrà scalfire.
Ufficio stampa CSV Catanzaro