Il volontariato può rappresentare un’occasione per aumentare la vivibilità delle aree rurali? Questa la domanda dalla quale sono partiti Fabio Berti, Andrea Bilotti e Lorenzo Nesi, ricercatori dell’Università di Siena, per realizzare una ricerca-azione sul ruolo del volontariato in tre aree rurali e decentrate della Toscana: la zona dell’Amiata, il Casentino e i territori delle Colline Metallifere. La ricerca è stata promossa e pubblicata da Cesvot nel volume “Volontariato e welfare rurale. Uno studio per progettare nuovi servizi” (“I Quaderni”, n. 75, Firenze 2017, pp. 175).
Grazie a tre laboratori di studio, che hanno coinvolto 21 associazioni di volontariato attive nei territori dell’Amiata, del Casentino e delle Colline Metallifere, il gruppo di ricercatori ha cercato di capire se, come, e a quali condizioni il volontariato possa rappresentare un’opportunità per trasformare il potenziale di questi territori in risorse per i cittadini che li abitano e che li potrebbero abitare.
Come rilevato anche dall’Agenzia nazionale per la coesione territoriale, le cosiddette aree decentrate “rappresentano una parte ampia del Paese – circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione – assai diversificata al proprio interno, con problemi demografici ma anche fortemente policentrica e con un forte potenziale di attrazione”.
Trasformare quel potenziale in un’azione concreta di rilancio e rivitalizzazione è la grande sfida che hanno di fronte gli amministratori locali, le associazioni e i cittadini che vivono in quelle aree. Secondo quanto emerge dalla ricerca Cesvot, la co-progettazione di un vero e proprio “welfare rurale” può rappresentare uno strumento formidabile per frenare il calo demografico e la crisi socio-economica che in queste aree di fa sentire più che altrove.
Come sottolineano Fabio Berti, Andrea Bilotti e Lorenzo Nesi, “in queste aree a bassa densità di servizi esiste una fitta rete di piccolissime, piccole e medie organizzazioni di volontariato che talvolta da secoli si prendono cura dei bisogni e delle domande delle persone, delle famiglie e delle comunità locali. Il punto è riuscire a tradurre quel potenziale di ricchezza sociale che risiede nell’economia civile, cioè in quell’ampia gamma di iniziative imprenditoriali e di volontariato che erogano servizi alla persona, in crescita economica, in miglioramento della qualità della vita, in tutela della biodiversità e, dunque, in sviluppo delle aree rurali”.
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