Le accorate riflessioni di "Fondazione Città Solidale Onlus"

Riceviamo e pubblichiamo:
Ci eravamo in qualche modo preparati all’applicazione della Riforma del Terzo Settore in Calabria. Si attendeva da circa 20 anni l’applicazione della legge 328 del 2000, non si poteva rimandare oltre. Tante, per ragionevoli motivi, le preoccupazioni, le perplessità ed anche i timori. E non si trattava solo di normale resistenza al cambiamento. Andavamo tutti in cerca di rassicurazioni, di risposte chiare: le prospettive per il futuro non sembravano, in effetti, incoraggianti. Le direttive erano scritte a tavolino, spesso da tecnici e presunti esperti che nulla sanno di gestione di strutture assistenziali, che non lottano quotidianamente con i tanti problemi della povera gente e non si confrontano costantemente con le criticità del territorio, che magari non tengono conto che anche mettere a rischio il lavoro – chiedendo livelli assistenziali qualitativamente sempre più alti (sia nei requisiti strutturali sia in quelli organizzativi) a fronte di rette sempre inadeguate -, significa solo far aumentare la povertà in Calabria. Certo, tante realtà del Privato Sociale hanno approfittato in molti anni, hanno offerto servizi non adeguati, molti commercianti si sono ‘tuffati’ nel settore intravedendo la possibilità di fare cassa, senza avere esperienza e professionalità adeguata, lavorando in tante situazioni senza cuore, senza quella umanità che va assolutamente garantita ai più deboli. Ma fare di tutta l’erba un fascio non ha mai aiutato, penalizzare chi lavora con professionalità e correttezza significa mettere a rischio tutto il sistema. Tante le criticità: la compartecipazione (impossibile!) dei Comuni al pagamento delle rette degli utenti, la partecipazione anche di questi ultimi (una chimera!), importi delle rette ancora di gran lunga inferiori a quelli in essere al centro e al nord del Paese, l’azzeramento totale di tutti gli accreditamenti, la possibilità data a chiunque, da qualsiasi settore provenga, qualunque sia la mission, di avviare nuove strutture di accoglienza, ed altro ancora. Ma la Riforma va attuata, non discutiamo questo. Avevamo solo chiesto di migliorarne le criticità, di delineare prospettive meno problematiche e rischiose per il sistema. Nonostante tutto questo, eravamo pronti noi del Privato, attendevamo l’applicazione del nuovo regolamento regionale approvato e varato a fine anno 2019. Un possibile terremoto … ma era ormai tempo di affrontarlo.
All’inizio del nuovo anno, di fatto, un nuovo blocco, un nuovo (forse più) ricorso al TAR. Siamo andati avanti senza convenzioni, abbiamo responsabilmente continuato e continuiamo ad offrire i servizi necessari alle persone deboli; nessuna certezza però, nessuna garanzia e nessun pagamento. Non paga la Regione perché la competenza sarebbe dei Comuni capofila, non pagano questi ultimi perché non sono pronti e non ne vogliono sapere. E tutti aspettiamo il pronunciamento del TAR. Intanto i mesi passano, gli ospiti nelle strutture hanno diritto ai servizi essenziali, gli operatori continuano a lavorare sperando un giorno di essere pagati.
A rallentare ulteriormente l’iter anche il ritardo nella composizione della giunta regionale e, infine, ci mancava il CoronaVirus a complicare del tutto le cose e portare al collasso le strutture socio assistenziali. In questa situazione complessa, che ha provocato una gestione dei servizi in grande affanno ed emergenza, non può più bastare la sensibilità e la comprensione dei dirigenti del Settore Politiche Sociali della Regione, c’è ora bisogno di interventi urgenti da parte della nuova Giunta, abbiamo bisogno che il nuovo assessore Gallo (che ci risulta essere una persona molto attenta e sensibile) ci dia risposte certe e rassicuranti. Per legittime ragioni di prudenza, Regione e Comuni hanno bloccato tutte le attività progettuali che erano in corso, così è stato procrastinato l’avvio di nuovi progetti pure importanti per dare risposte a bisogni urgenti (penso a quante donne vittime di violenza non possono essere accolte e sottratte a un clima familiare dove sono a rischio), chiusi anche i centri diurni per disabili per i quali bisognerebbe almeno offrire agli operatori impegnati di effettuare un lavoro a distanza, attraverso ascolto telefonico, video chiamate, incontri via skype (quanto farebbe bene ai diversamente abili che magari non comprendono o fanno più fatica ad accettare questo isolamento). Il presidente del Consiglio Conte annuncia nuovi decreti per aiutare anche il sistema economico.
Ci auguriamo che si guardi con maggiore attenzione al Terzo Settore, che si prevedano – finalmente – aiuti e sostegni concreti. Ben vengano gli aiuti alle famiglie, ai lavoratori, il congedo parentale, i permessi ed anche la cassa integrazione in deroga. Ma possono bastare? Mentre gli operatori sono a casa, chi assisterà gli ospiti nelle strutture di accoglienza? Chi assicurerà i necessari servizi? Chi vigilerà perché nessuno dei nostri utenti se ne vada in giro per la città? Come inquadrare eventuali sostituti da impegnare per tempi brevi? Non esiste più la possibilità dell’utilizzo dei voucher, non ci sono più i contratti di collaborazione occasionale, insomma non abbiamo strumenti. Come garantire tutti i dispositivi di protezione necessari nelle nostre case, i tanti prodotti per la disinfestazione e l’igiene (non previsti nelle nostre schede economiche progettuali), e ancora: dove reperirli?
C’è, infine, ancora un aspetto che amareggia. Anche in questa triste situazione il Terzo Settore mostra di non essere sufficientemente unito. Vige la regola del “si salvi chi può”. C’è un silenzio assordante, altro che solidarietà e vicinanza. E’ sempre in atto una guerra tra poveri, a colpi di invidie e gelosie. In Calabria ho sempre riscontrato una grande capacità di alzare lamenti ma pochissimi sono pronti a far fronte comune e lavorare uniti – concretamente e fattivamente – nella stessa direzione, si aspetta sempre che siano i ‘soliti fessi’ a risolvere i problemi. Spero proprio che il tempo del coronavirus sia per tutti davvero tempo di ripensamento, di revisione, per ri-fondare, anche il sociale. L’invito rivolto a tutti i credenti in questa dura, difficile, esigente, rigorosa e surreale Quaresima è un invito che tutti dobbiamo prendere in seria considerazione. C’era bisogno di un grande bagno di umiltà, e forse per questo stiamo subendo le umiliazioni dettate ed imposte dal Covid19.
Salviamo però quello che è necessario, facciamo in modo che ‘l’uomo sia promosso a diventare più uomo’, come ebbe a dire don P. Mazzolari. Torniamo umani. La politica, i governatori, facciano uno scatto di orgoglio: tutelino anzitutto la dignità dei deboli, e di quanti, con il loro lavoro, pur mettendo a rischio la loro salute, stanno accanto alle persone fragili assicurando la relazione di cura. E’ il momento di sospendere la guerra delle carte bollate, di individuare insieme strategie per salvare il Settore, dar respiro e ossigeno (anche questo è urgente ai tempi del Covid19) alle strutture socio-assistenziali. Noi che continuiamo a rimanere in prima linea, offrendo un lavoro sempre appassionato ed appassionante, abbiamo bisogno di un’iniezione di speranza e di fiducia ma, soprattutto, di aiuti tangibili. Anche come sacerdote, quotidianamente, sono impegnato a motivare e sostenere i miei collaboratori, li ringrazio per la loro fedeltà al posto di lavoro, li invito a dare una lettura evangelica al tempo che viviamo, a vedere e leggere questa situazione con gli occhi di Dio, con il cuore di Dio. E’ quello che spero impariamo a fare tutti quelli che operiamo nel sociale, imparando una lezione importante in questa emergenza: dobbiamo essere più uniti, cancellare dai nostri occhi il sospetto e la diffidenza, dare fiducia e gioire di quello che ogni Organizzazione diversa dalla nostra può fare per il Bene Comune. E a chi ha precise responsabilità politiche e di gestione amministrativa chiedo di guardare al nostro impegno, alle nostre fatiche, al nostro affanno, al nostro navigare a vista, con comprensione ma con altrettanta prontezza a darci il necessario apporto! E che sia un tempo nuovo per tutti, soprattutto per le categorie più vulnerabili.
D. Piero Puglisi
Fondazione Città Solidale Onlus

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