“Noi siamo tessere di una comunità che cresce nel confronto e nell’ascolto, nel grande abbraccio della condivisione e della comprensione, lungo il cammino dell’amore”. Parole autentiche e cariche di emozione che si respirano nel fresco del chiosco da Vito, nella pineta di Giovino a Catanzaro, per l’ultimo appuntamento con il “Villaggio delle famiglie”, costruito dall’equipe di educatori, pedagogisti, psicologi, sociologi, operatori di prossimità del Centro Calabrese di Solidarietà.
Anche quest’anno, a scrivere un importante capitolo della bella storia del progetto “Tessere di Comunità” – finanziato dai fondi CEI 8×1000 di Caritas Italiana, e voluto dalla Diocesi di Catanzaro-Squillace – che ha come finalità l’affiancamento e il potenziamento del rapporto genitoriale e dell’intera comunità educante.
Tante le famiglie che per cinque settimane si sono ritrovate nel “Villaggio” e giocando, parlando senza preconcetti e paure, svolgendo attività – guidate dal sorriso e dalla professionalità della squadra del CCS, guidata dalla presidente Isolina Mantelli e dal vice presidente Don Gaetano Rocca – hanno trovato strumenti importanti per potenziare le proprie relazioni e sviluppare il senso della comunità.
All’ingresso del Villaggio – nell’ambito dei cui spazi è stato rigorosamente garantito il rispetto delle misure anti covid – hanno trovato la mappa che ha consento a mamme, papà, bambini e bambine, e adolescenti, di imboccare la via giusta o approdare nella piazza più adatta alle proprie esigenze. Sono arrivati sempre a destinazione nel luogo più adatto dove sono stati accolti e “coccolati”, ma anche indirizzati e guidati alla scoperta di rapporti e visioni nuovi nella rete relazionale che “Tessere” ambisce a costruire.
I genitori di adolescenti, si sono riposati nel “Giardino dei sospiri”; quelli dei bambini piccoli alla “Piazza della Pazienza”; gli adolescenti si sono trovati al posto giusto nel “Parco dell’Amicizia”. Nei pressi del Villaggio ha trovato spazio anche un luogo magico per la fantasia e l’allegria: in tanti sono arrivati nel “Bosco dei bambini selvatici” per liberare la propria energia.
Cristina Marino, Rosa Fiore, Claudio Falbo, Annarita Simone, Andrea Barbuto, Alfredo Avellone, Vittorio Marino, Kenia Maria Iglesia Vaillant, Francesco Passafaro e Vittoria Scarpino, Angela Arone, Imma Mazzitelli, Serena Corrone, Vittoria Varano, Francesco Lucia, Romano Talarico, il cuore pulsante di un progetto che riserva ancora tanti momenti intensi da vivere e da ricordare.
L’anno scorso si è arrivati alla conclusione del percorso con la rappresentazione plastica degli “intrecci” di rapporti che fanno di una comunità “una famiglie di famiglie”, dato da un gomitolo di “parole” lanciato tra genitori e figli, in modo il filo “tessuto” dai presenti è diventato un fitto intreccio. Quest’anno il messaggio conclusivo della costruzione dei rapporti di fiducia e dell’intreccio relazionale che diventa comunità è stato affidato ad un gioco partito dal gruppo degli adolescenti.
I ragazzi e le ragazze – che nel corso delle settimane si ritrovano per mettere a nudo le proprie emozioni, alla ricerca del propria identità, grazie all’abilità degli operatori del CCS – hanno tirato fuori talenti e carattere: un gruppo che si è rivelato molto compatto e partecipativo, l’esempio plastico di come attraverso l’ascolto, il confronto e la solidarietà un insieme di persone diventa comunità. Tra i momenti più belli quello in cui hanno “liberato” in pineta dei palloncini su cui ciascuno ha scritto un pensiero, un valore, un principio, una cosa bella da donare al mondo e alla natura.
E così la tradizionale caccia al tesoro è diventata “caccia ai consigli”, quelli nascosti dai ragazzi nel villaggio e che i genitori hanno dovuto scovare seguendo gli indizi-indovinelli, per poi confrontarsi su un vero e proprio ring, moderati dalla simpatia e dall’arguzia di Francesco Passafaro. Ne sono usciti tutti più arricchiti e consapevoli della necessità che il dialogo e il confronto sono la chiave di tutto: costruire legami solidi è l’antidoto alla solitudine, al senso di inadeguatezza, alla paura e alla sconfitta. Perché “nessuno si salva solo, e la comunità è vita”