Beni confiscati al Terzo Settore, “assegnarli” non basta

Sono in totale 17226 i beni confiscati “censiti” dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. In Sicilia sono 7006, quasi il 50 per cento del totale. Seguono Calabria, Campania e Puglia. Il bando dell’Agenzia – prorogato al 15 dicembre – che assegna direttamente i beni al Terzo Settore è una importante novità, ma senza maggiori risorse economiche il bene rischia di rimanere inutilizzato.
Beni confiscati alle mafie assegnati al Terzo Settore, ma “assegnarli” non basta. Per portare avanti la battaglia serve una maggiore volontà politica e soprattutto occorrono risorse economiche, altrimenti il rischio è di vedere gran parte di quei beni confiscati ancora inutilizzati, soprattutto al Sud.
Senz’altro il primo bando messo in campo dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) assegnati direttamente agli enti del Terzo Settore, rappresenta un’importante novità. Sia perché riconosce come fondamentale il ruolo del Terzo Settore così come era previsto dalla legge 7 marzo 1996, n.109 e dall’art.48 del Codice antimafia, sia perché elimina le lungaggini burocratiche che vedevano nei Comuni l’elemento di raccordo tra Anbsc e associazioni del Terzo Settore. Il passaggio dagli enti locali viene dunque abolito.
Nella relazione dell’Agenzia sull’attività svolta per il biennio 2019-2020 si legge infatti: «I comuni non dispongono di sufficienti risorse da destinare al ripristino e alla funzionalizzazione del bene, sia in termini finanziari che di competenze interne».
Il bando che inizialmente aveva scadenza il 31 ottobre è stato prorogato al 15 dicembre e comprende l’assegnazione – in quello che l’Agenzia definisce come un primo avviso pubblico – dei primi mille lotti individuati, per un totale di 1400 particelle con un totale di un milione di euro di fondi stanziati, «al massimo di 50 mila euro per ogni progetto ritenuto meritevole dalla Commissione che esamina le domande», precisano dall’Agenzia.
«Di giorno in giorno le domande presentate da parte di enti del Terzo Settore stanno aumentando, per questo abbiamo deciso di prorogare il bando. Il nostro obiettivo è quello di restituire quei beni alla collettività, a quei territori tutt’oggi feriti dalla criminalità organizzata», spiega Luigi Scipioni, a capo della Segreteria tecnica dell’ Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata .
Tra i lotti inseriti nel bando che assegna i beni sequestrati al Terzo Settore vi sono varie tipologie di beni immobili, è possibile conoscerne il valore economico e l’ubicazione geografica. Dal semplice garage o box auto, a terreni agricoli di varie dimensioni, a ville rurali fino ad appartamenti in condominio. E le spese da affrontare per la qualificazione del bene variano anche in base allo stato in cui esse si trovano.
Ma quanti sono i beni confiscati alle mafie in Italia e dove? Tra Sicilia, Calabria, Campania e Puglia si trova il 75 per cento dei beni confiscati, soltanto in Sicilia quasi il 50 per cento del totale, 7006 beni confiscati su 17226 nel territorio nazionale. Seguono la Calabria con 2895, la Campania con 2660, la Puglia con 1615 e al quinto posto la Lombardia, poi Lazio, Piemonte e Sardegna.
Su 17226 beni confiscati, 11930 sono stati destinati per finalità sociali. Ma al di là dei numeri il percorso di “rigenerazione” del bene confiscato non è affatto così semplice.
All’indomani del bando innovativo rivolto ai soggetti del Terzo Settore, Fondazione Con il Sud – alla luce di un’esperienza decennale a sostegno di progetti per la gestione e valorizzazione dei beni confiscati (102 progetti in tutto il Sud, con erogazioni di poco inferiori ai 30 milioni) – aveva sottolineato il rischio che i beni, una volta assegnati, non possano essere utilizzati per mancanza di adeguate risorse finanziarie per le ristrutturazioni e per le spese di gestione delle attività.
Fondazione Con il Sud ha infatti sollecitato un intervento da parte del Governo per chiedere 200 milioni di euro da destinare a questo bando: «chiedendo che l’Agenzia possa utilizzare a tal fine 200 milioni e riducendo, molto parzialmente, le risorse derivanti da confische di contanti e titoli, da trasferire al Fug (Fondo unico giustizia)» .Un intervento che alla luce del bando che indica una strada del tutto nuova nell’assegnazione dei beni confiscati porti la politica a considerare davvero centrale questo tema. Perché appunto non basta assegnare il bene. Come ha più volte detto Carlo Borromeo, presidente di Fondazione Con il Sud «La battaglia è definitivamente vinta non solo se si assegna il bene, ma se i beni non restano inutilizzati, se la loro gestione è autosostenibile, se diventano presìdi di socialità e, in molti casi, opportunità di sviluppo e di buona occupazione. A quel punto sui territori il consenso verso le mafie subisce un colpo durissimo, perché si vede che la legalità, oltre ad essere un irrinunciabile valore, ‘conviene’».
Le esperienze degli enti del Terzo Settore e delle associazioni che stanno di fatto donando nuova vita al bene confiscato raccontano un quadro costellato di difficoltà, dalle lungaggini burocratiche, alla possibilità di attingere risorse economiche per attività di ristrutturazione.
Un esempio su tutti è quello del centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” che nel 2008 si vide affidato dalla Prefettura di Palermo la villa dove il boss Totò Riina trascorse gli ultimi giorni di latitanza. «Avremmo dovuto realizzare un Memoriale della lotta alla Mafia, ma sia l’ubicazione che i fondi richiesti per la ristrutturazione dell’immobile ci costrinsero a rinunciare, una cifra che si aggirava intorno al milione di euro per noi insostenibile», spiega Umberto Santino, memoria storica e direttore del centro Impastato. In quel luogo venne poi realizzata una caserma dei carabinieri, ma il Memoriale aspetta ancora. di Alessandro Puglia
fonte: www.vita.it

Stampa o condividi