Rapporto tra pubblica amministrazione e Terzo settore: finalmente le linee guida

Approvate dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, chiariscono definitivamente i confini degli istituti di co-programmazione e co-progettazione e sbloccano il rapporto tra codice del Terzo settore e codice dei contratti. Il commento del professore e costituzionalista Luca Gori.
La pubblicazione delle “Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed Enti del Terzo Settore” rappresenta un interessante punto di arrivo ed un altrettanto importante punto di partenza. Sotto il primo profilo – punto di arrivo – le linee guida concludono idealmente un “processo” iniziato con l’entrata in vigore dell’art. 55 del codice del Terzo settore nel 2017, la cui attuazione ha visto succedersi fasi molto travagliate. Si ricorderà, infatti, l’ampio dibattito generato dal parere del Consiglio di Stato n. 2052 del 2018 e dalle successive incertezze giurisprudenziali e amministrative (merita ricordare pure l’iniziativa di cultura del Terzo settore supportata dal “Club amici dell’art. 55”). Merita pure ricordare anche la scelta del medesimo Consiglio di Stato (parere n. 3235 del 2019) di restituire all’Anac lo schema delle nuove linee guida in tema di affidamento dei servizi sociali agli enti del Terzo settore, in quanto adottato in carenza di una competenza affidata dalla legge all’autorità. Ciò è apparso un fatto assai rilevante, poichè lo schema delle linee guida Anac era stato adottato a seguito di una ampia consultazione pubblica.
L’impressione che si stava diffondendo è che l’attuazione dell’art. 55 del codice fosse come bloccata in una morsa interpretativa – apparentemente irrisolvibile – concernente il rapporto fra codice del Terzo settore e codice dei contratti pubblici.
In questo contesto, si sono snodati diversi processi, solo apparentemente paralleli ma in realtà intrecciati. A giudizio di chi scrive, si tratta di un affresco in cui le diverse parti si tengono, a sottolineare come processi legislativi, scelte amministrative, decisioni giurisdizionali, prassi sociali e orientamenti culturali presentino – nel campo del Terzo settore specialmente – dei nessi fra loro inscindibili.
Un primo passaggio, nell’autunno del 2019, è l’avvio di alcuni procedimenti legislativi regionali in tema di attuazione dell’art. 55 del codice del Terzo settore (in particolare, la Regione Toscana, che ha approvato la legge regionale 65 del 2020). Si potrebbe affermare che si è trattato di una reazione periferica a certe interpretazioni dell’art. 55.
Il secondo è l’avvio, su delibera del Consiglio nazionale del Terzo settore del gennaio 2020, di un percorso di approfondimento attraverso un gruppo di lavoro, alla definizione di una posizione inter-istituzionale sul tema. Le linee guida qui in commento sono l’esito dei lavori di tale gruppo di lavoro.
Ancora, la scossa data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020. La sentenza – come più volte è stato sottolineato nei numerosi commenti – ha contribuito a chiarire, con una argomentazione ampia e convincente, l’interpretazione dell’art. 55 del codice del Terzo settore nel quadro ampio del diritto costituzionale e del diritto dell’Unione europea, evocando esplicitamente l’esigente nozione di «amministrazione condivisa».
Da ultimo, la modifica apportata al codice dei contratti pubblici, funzionale a realizzare il coordinamento con gli istituti del codice del Terzo settore ed ampiamente sostenuta dagli enti territoriali (art.8, dlgs n. 76 del 2020).
Le linee guida “suggellano” questo percorso, determinando una svolta. Esse rappresentano un tessuto connettivo fra amministrazione centrale ed amministrazioni territoriali che offre un punto di riferimento dotato di un rilevante grado di certezza e di stabilità, in tema di definizioni sostanziali, procedimento amministrativo, regime di trasparenza. Importante sottolineare come tali linee siano adottate con decreto ministeriale a seguito dell’intesa raggiunta in Conferenza unificata, circostanza tutt’altro che scontata sul piano istituzionale.
Le linee guida integrano ed interpretano le disposizioni di cui all’art. 55, 56 e 57 del codice del Terzo settore.
Il par. 1 contiene un inquadramento generale degli istituti, assai utile a fronte di una (certa) laconicità del codice del Terzo settore, spesso colmata attraverso una lettura con la testa volta all’indietro (guardando cioè alle linee guida Anac del 2016 ed alla legge n. 328 del 2000).
Il par. 1.1, in particolare, aiuta ad inquadrare il rapporto fra «amministrazione condivisa» e affidamento di servizi pubblici, offrendo dei chiari elementi di orientamento. Il par. 2 ed il par. 3 disegnano invece l’iter procedimentale, chiarendo come co-programmazione e co-progettazione siano propriamente procedimenti amministrativi di cui alla legge n. 241 del 1990 e come, conseguentemente, sia proprio all’interno di tali procedimenti che l’amministrazione condivisa trova una propria forma giuridica.
Il par. 4 interviene sul tema delle convenzioni ex art. 56 del codice del Terzo settore, chiarendo il portato normativo di talune espressioni e del principio del rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
Il par. 5 interviene per offrire una lettura dell’art. 57 del codice, in tema di trasporto di emergenza e urgenza, tema assai rilevante (sul quale si registra la recente sentenza n. 255 del 2020 e due rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione europea disposti dal Consiglio di Stato).
Il par. 6, infine, precisa i contenuti degli obblighi di pubblicità e trasparenza connessi all’amministrazione condivisa.
Queste linee guida costituiscono, però, anche un punto di partenza. Superata (auspicabilmente) l’incertezza interpretativa del «diritto scritto», ora è la fase del «diritto in azione». Il continuum fra art. 55 del codice del Terzo settore e linee guida offre oggi uno strumento immediatamente operativo per Regioni ed enti locali per attivare gli istituti di «amministrazione condivisa». Ciò non toglie che Regioni ed enti locali possano/debbano adottare propri atti normativi o amministrativi per rendere più adeguati al proprio contesto territoriale e sociale le loro discipline o, adeguare i propri precedenti strumenti di programmazione e di progettazione (ad esempio, in campo sociale o socio-sanitario). Questa connessione fra norma giuridica e territorio è uno dei laboratori più interessanti di questa stagione: qui inizia la nuova strada. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di disciplinare l’avvio dei procedimenti ad istanza del Terzo settore (ed alle possibili motivazioni che la Pa dovrebbe offrire nel caso in cui si decida di avviare o non avviare un procedimento); all’avvio di procedimenti di co-programmazione e co-progettazione concernenti beni immobili pubblici o beni confiscati alla mafia; la differenziazione dei procedimenti in base all’attività di interesse generale, al valore complessivo della collaborazione, al numero dei partecipanti.
Ad oggi, quindi, l’amministrazione condivisa è dotata della possibilità di immediata applicazione. Al Terzo settore ed alla Pa il compito di muoversi, rapidamente, per cogliere il significativo attivismo civico e dare il “segno” di un cambiamento possibile.
Chi scrive deve comunicare – per dovere di lealtà nei confronti del lettore – di aver fatto parte del gruppo di lavoro che ha proposto le Linee Guida, su designazione del Forum del Terzo settore. Le opinioni qui espresse rispecchiano i convincimenti dell’autore. di Luca Gori *
* Costituzionalista e docente presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – centro di ricerca Maria Eletta Martini – Cantiere terzo settore
 

Stampa o condividi