Riparte il progetto di microcredito della Cei realizzato in collaborazione con Intesa-San Paolo. Tra le novità: priorità alle start up, sostegno ai giovani senza lavoro e l’apertura ai singoli in difficoltà. L’obiettivo è arrivare a 100 milioni di finanziamenti garantiti. “Finora è la più grande misura di sostegno al reddito realizzata nel paese”.
ROMA – Dal 2 marzo 2015 riparte il Prestito della speranza, in una nuova versione 3.0, che allarga la platea dei destinatari, includendo le imprese e i singoli in difficoltà, non solo le famiglie. La nuova iniziativa, promossa dalla Cei e realizzata in collaborazione con il gruppo Intesa- San Paolo, è stata presentata ufficialmente questa mattina a Roma. L’obiettivo dichiarato è quello di erogare 100 milioni di finanziamenti garantiti da un fondo di 25 milioni costituito da risorse Cei, provenienti dall’8 per mille e affidato a Banca prossima, la banca del gruppo San Paolo dedicata al non profit. Cosa cambia. Nella nuova versione 3.0 il prestito della speranza si articolerà su due fronti: quello del “credito sociale” destinato alle famiglie disagiate, ma anche alle coppie che intendono sposarsi e ai signoli in difficoltà, con un importo massimo di 7.500 euro erogati in sei rate, come forma di sostegno al reddito. L’altro aspetto è quello del “Credito fare impresa” dedicato, invece, alle microimprese a bassa capitalizzazione o di nuova costituzione, con un prestito erogato in un’unica soluzione e dell’importo massimo di 25mila euro. I tassi erogati alle famiglie sono fissi e pari al 2,50 per cento (con un arata mensile media parti a 138 euro), mentre per le imprese il tasso è al 4,6 per cento, con una rata mensile pari a 468 euro. La durata complessiva del prestito è di sei anni.
“Il prestito della speranza si rinnova non solo per le famiglie ma anche per le imprese, che resistono per non chiudere – ha sottolineato il presidente della Cei, Angelo Bagnasco – ma anche per quelle che voglio no aprire per creare nuovi posti di lavoro”. Le start up, insieme ai “progetti di vita” sono infatti i due focus della nuova iniziativa, rivolta atutte le categorie rese fragili dalla crisi: over 50 espuslsi dal sistema produttivo, nuovi italiani, genitori separati, coppie di lavoratori non stabilizzati, famiglie che faticano a pagare le bollette o il mutuo.
“Il prestito della speranza è la più grande misura di microcredito e di sostegno al reddito fatta in questo paese. I numeri ci dicono che abbiamo raggiunto già un grande risultato, uno dei maggiori non solo in Italia ma in tutta Europa – aggiunge Marco Morganti, amministratore delegato di Banca prossima. La novità del nuovo progetto non sta solo nell’apertura alle imprese ma anche nel focus sui giovani, che sono la principale emergenza di questo paese”. Secondo un sondaggio effettuato da Banca prossima l’87 per cento delle persone che hanno ricevuto il prestito si è dichiarata soddisfatta, mentre l’83 per cento sta già restituendo parte del reddito.
“La prima fase penalizzata da criteri troppo stringenti”. Durante la conferenza stampa sono stati illustrati anche i numeri delle fasi precedenti del prestito della speranza. Nella prima fase su 30 milioni erogati solo 7,8 sono stati utilizzati e più della metà delle domande sono state respinte: su 9.300 sono state solo il 47 per cento quelle accolte. “Colpa dei criteri troppo stringenti della prima fase – spiegano i promotori dell’iniziativa- che verranno superati allargando la paltea dei destinatari anche alle famiglie non giuridicamente riconosciute”. Nella seconda fase del progetto sono stati erogati 26 milioni di credito a 4.500 famiglie. Ora si apre la terza fase dove l’obiettivo è arrivare a 100 milioni di finanziamenti garantiti. “Crediamo molto in questo progetto perché viene incontro alle persone che oggi sono in difficoltà e che nei prossimi anni ci rimarranno – sottolinea Carlo Messina, consigliere delegato di Banca Intesa – da soli abbiamo erogato più di qualsiasi manovra espansiva di questo governo”. “E’ un progetto iportante, il nostroauspicio è quello di eliminare del tutto la miseria, conclude Luigi Bressan, presidente di Caritas italiana (ec)
Fonte Redattore Sociale