Novità in arrivo per il sistema dei Fondi speciali per il volontariato

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Ne parliamo con Carlo Vimercati Presidente della Consulta nazionale dei comitati di gestione dei fondi speciali per il volontariato.
Con la recente approvazione alla Camera la legge delega per la riforma del Terzo settore è al giro di boa; le impostazioni di fondo e alcune risoluzioni del legislatore appaiono ormai delineate in modo compiuto e, in attesa della seconda lettura del provvedimento prevista prossimamente al Senato, si è aperto il campo a valutazioni e osservazioni da parte degli addetti ai lavori del settore. Come sempre molto articolate e di vario segno. Abbiamo incontrato Carlo Vimercati, Presidente della Consulta nazionale dei Comitati di gestione, per raccogliere una sua riflessione su quanto previsto dalla legge delega in materia di Centri di servizio e “dintorni”.
D. Presidente Vimercati, quale futuro vede per i Centri di servizio al volontariato alla luce del testo di riforma licenziato dalla Camera?
R. Per iniziare con una battuta direi che innanzitutto dovremo cambiargli il nome. Una delle novità più rilevanti della riforma in corso di approvazione è infatti l’allargamento della platea di destinatari delle attività dei Centri di servizio: non più solo le organizzazioni di volontariato ma tutti gli enti ricompresi nell’ambito del terzo settore. Quindi, stando alla definizione della stessa legge delega, un bacino di utenza ben più vasto e differenziato.
D. Un bene o un male secondo lei?
E’ difficile dare una risposta univoca. Si tratta di una decisione squisitamente politica, e come tutte le decisioni di questo tipo sottende valutazioni di priorità che possono variare a seconda del punto di vista. Certo con questa scelta, abbinata credo non a caso alla non chiara indicazione sulla titolarità della governance dei Csv (ndr: nella L. 266 questa è invece chiaramente attribuita al volontariato), si modificano alcuni equilibri tra le diverse componenti del terzo settore, con evidenti vantaggi per quelle fino ad oggi escluse dal raggio d’azione dei Csv; una parte del mondo del volontariato considera questo un arretramento per sé, e manifesta una certa inquietudine. Io non voglio entrare in questa discussione poiché penso che siano gli attori direttamente interessati a doversi confrontare per comporre le divergenti valutazioni. Osservo però, su un piano più tecnico, che l’allargamento di cui si parla implica un cambiamento di grande portata per i Csv, che ne investirà il profilo economico, organizzativo e gestionale. Io penso che non tutti i Csv siano oggi attrezzati per affrontare questo processo di trasformazione: servirà quindi un’attenta opera di supporto, accompagnamento e monitoraggio.
D. Serviranno più fondi?
Non necessariamente. La legge delega conferma il sistema di finanziamento dei Csv basato sulla contribuzione delle Fondazioni di origine bancaria in grado di assicurare, come avvenuto sino ad oggi, risorse importanti al sistema. Risorse che se gestite in modo efficiente e ben finalizzato sono più che sufficienti per una significativa azione di supporto infrastrutturale rivolta a una platea molto ampia di soggetti. Certo, in mancanza di una chiara delimitazione delle funzioni dei Csv è evidente che essi tenderebbero a espandere sempre di più la propria azione, e con essa il fabbisogno di risorse, in una rincorsa senza fine.
D. Si riferisce forse al sostegno di iniziative territoriali solidali, previsto dalla legge delega tra le finalità assegnate ai Csv?
Esattamente. Si tratta di un’espressione piuttosto ambigua … bisognerebbe precisare meglio cosa si intende per “sostegno”. In passato con questo termine si è dato spazio, in alcune regioni, a una vera e propria attività erogativa dei Csv per il finanziamento di progetti delle organizzazioni di volontariato. Un’attività che io non ho mai condiviso per tre fondamentali ragioni: per i potenziali conflitti di interesse generati all’interno dei Csv, per i rischi di uno sviamento dei Csv dalla loro naturale funzione di produttori di servizi, per l’impropria sovrapposizione con l’attività erogativa svolta dalle Fondazioni. Se con la nuova legge si intendesse avvalorare questa interpretazione sarebbe quindi a mio avviso un grave errore.
Di profilo ben diverso sarebbe invece un “sostegno” inteso come preparazione e accompagnamento delle organizzazioni alla progettazione delle proprie iniziative sul territorio. Mi auguro pertanto che nel testo finale della legge delega l’attuale formulazione sia rivista, o eliminando tout court il riferimento al sostegno di iniziative solidali tra le possibili finalità dei Csv (attività che può ben essere ricompresa tra le altre previste nel testo), o quanto meno precisandone meglio il senso in modo da escludere comunque la possibilità per i Csv di svolgere attività erogativa diretta.
D. Un altro punto cruciale della legge delega riguarda il controllo dei Csv: una funzione che tocca da vicino i Comitati di gestione. Che giudizio dà su questo punto?
Direi luci e ombre. Da un lato registro la positiva affermazione del principio che i Csv debbano essere assoggettati a un controllo “terzo”. La delega infatti affida il controllo dei Csv a organismi regionali e nazionali. Sebbene il loro profilo strutturale e organizzativo non sia meglio precisato, mi pare fuori da ogni dubbio che nella visione del legislatore questi soggetti debbano essere chiaramente distinti e autonomi rispetto agli stessi Csv. La separatezza tra la figura del controllore e quella del controllato è un principio di buona gestione pacificamente riconosciuto in qualunque ambito amministrativo e aziendale, ma in materia di Csv esso è stato spesso oggetto di contestazione in ragione di un male inteso, quando non pretestuoso e autoreferenziale, principio di autonomia del volontariato nella gestione dei fondi della L. 266. La legge delega sgombra il campo da queste posizioni, evidenziando inoltre che il controllo dovrà riguardare le attività e la gestione dei Centri, e quindi essere non meramente formalistico ma orientato a verificare il raggiungimento dei risultati attesi. Sono impostazioni che i Comitati di gestione sostengono da sempre, e sono ovviamente soddisfatto di vederle riaffermate nel disegno di riforma.
D. Ha parlato anche di ombre: quali sono?
La più evidente è la mancata indicazione della fonte di copertura degli oneri dell’attività di controllo. La legge delega esclude che questi costi possano essere imputati alle disponibilità rivenienti dal “quindicesimo” delle Fondazioni, ma non indica da quale altra provvista si debba attingere. Questa “dimenticanza”, in verità piuttosto clamorosa, rischia di vanificare quanto di positivo ho appena detto riguardo all’impostazione generale dell’attività di controllo. Il messaggio che rischia di passare è che, al di là delle affermazioni sulla carta, non vi sia reale interesse ad attivare un’efficace azione di controllo dei Csv; poiché è del tutto evidente che, pur con tutte le dovute attenzioni all’economicità degli strumenti da implementare, nessuna attività può essere compiutamente svolta senza un’adeguata dotazione di risorse. Parlo naturalmente di dotazione di risorse non per pagare compensi ai componenti dell’organismo di controllo, cosa non è mai avvenuta in tutta l’esperienza dei Coge i cui componenti operano su base volontaria (cioè totalmente gratuita), ma per coprire le spese di una pur minima struttura tecnica che è indispensabile per il serio assolvimento della funzione. Credo che su questo punto sia veramente necessario migliorare il testo uscito dalla Camera; la soluzione attualmente prevista dalla L. 266/91, che ricomprende le spese dei controlli tra le destinazioni del quindicesimo delle Fondazioni, mi sembra francamente più corretta e realistica.
D. Come si collocano i Comitati di gestione nel nuovo disegno di sistema?
In questo momento è difficile dare una risposta. Ho detto poco fa che la legge delega non qualifica in alcun modo gli organismi regionali e nazionali da preporre al controllo. Mi pare però di poter dire che nel richiamo ad organismi regionali di controllo vi sia stata un’ispirazione piuttosto forte e diretta all’esperienza dei Coge. D’altra parte una valutazione onesta e imparziale del percorso compiuto dai Csv sino ad oggi non può negare l’importante funzione di accompagnamento svolta dai Coge, e il contributo da essi dato alla maturazione e allo sviluppo dei Csv stessi. E’ un’esperienza che a mio avviso non dovrebbe essere dispersa, pur con gli aggiornamenti e adattamenti del caso. Penso che la riforma possa essere l’occasione per lanciare una versione 2.0 dei Coge, e credo che i Comitati attuali siano pronti a raccogliere la sfida del cambiamento.
D. Abbiamo lo spazio per un’ultima osservazione.
Da uomo di Fondazione non posso non rilevare che ancora una volta il fondamentale contributo delle Fondazioni nel settore non viene messo della dovuta evidenza. Si tende a darlo per scontato, omologandolo a uno stanziamento della finanza pubblica e non invece, come si dovrebbe, a presentarlo come una forma di contribuzione di soggetti privati impegnati, anche attraverso questo canale, all’assolvimento di una funzione sociale di primario rilievo. Purtroppo devo constatare che nell’art. 5 del testo approvato alla Camera, che disciplina la materia di cui stiamo discorrendo, la parola Fondazioni non c’è mai scritta.
Fonte: CO.GE. 20/04/2015
 

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