La riduzione del fondo è stata dell’81% tra il 2007 e il 2014, con un piccolo recupero. Belpaese spaccato: i Comuni spendono per il sociale 282 euro per abitante a Trento e appena 25 in Calabria. Boom delle cooperative sociali dell’assistenza sanitaria: sono 5.600 con 225.000 addetti.
MILANO – Il pubblico non si preoccupa più delle politiche socio-sanitarie e socio-assistenziali. La denuncia arriva dal Censis, che ha presentato i dati in occasione di un incontro sul tema del sociale: “Il Fondo per le politiche sociali, istituito nel 1997 per trasferire risorse aggiuntive agli enti locali e garantire l’offerta di servizi per anziani, disabili, minori, famiglie in difficoltà, testimonia il progressivo ridimensionamento dell’impegno pubblico sul fronte delle politiche socio-sanitarie e socio-assistenziali. Le risorse assegnate al Fondo sono passate da 1,6 miliardi di euro nel 2007 a 435,3 milioni nel 2010, per poi scendere a soli 43,7 milioni nel 2012 e infine recuperare in parte negli ultimi due anni fino ai 297,4 milioni del 2014. La riduzione è stata dell’81% nel periodo 2007-2014, gli anni della crisi. Anche il Fondo per la non autosufficienza è passato dai 400 milioni di euro del 2010 al totale annullamento nel 2012, per poi risalire a 350 milioni nell’ultimo anno”.
Nord e Sud spaccati. I numeri elencati fanno il paio con un altro problema cronico del Belpaese, che si estende anche a questo campo: la spaccatura tra Nord e Sud: “Secondo gli ultimi dati disponibili, la spesa sociale dei Comuni supera i 7 miliardi di euro l’anno, pari a 115,7 euro per abitante. Complessivamente, la spesa è destinata per il 38,9% a garantire interventi e servizi, per il 34,4% al funzionamento delle strutture, per il 26,7% ai trasferimenti in denaro. Le categorie che assorbono la quota maggiore di spesa sono le famiglie e i minori (40%), i disabili (23,2%), gli anziani (19,8%), i poveri e i senza fissa dimora (7,9%)”. Ma, come detto, l’Italia è spaccata: “Si passa dai 282,5 euro per abitante nella Provincia autonoma di Trento ai 25,6 euro della Calabria. Mentre gran parte delle regioni del Centro-Nord si colloca al di sopra della media nazionale, il Sud presenta una spesa media pro-capite che ammonta a meno di un terzo (50,3 euro) di quella del Nord-Est (159,4 euro)”, dice il Censis. Il Sud vive dei trasferimenti statali rispetto alle risorse proprie: queste ultime coprono meno della metà delle spese per il welfare locale, a fronte di una media nazionale del 62,5%. Per cui, se lo Stato taglia è un dramma.
Salvagente da famiglia e non profit. Ancora una volta, a tenere sono le reti “informali” della famiglia e del non profit: le istituzioni di quest’ultimo tipo sono 104 ogni 10.000 abitanti in Valle d’Aosta, 100 in Trentino Alto Adige, 82 in Friuli Venezia Giulia, ma solo 41 ogni 10.000 abitanti in Calabria, 40 in Sicilia, 37 in Puglia, 25 in Campania. Le associazioni non riconosciute sono più di 200.000 (il 66,7% del totale), più di 68.000 sono associazioni riconosciute (22,7%), le cooperative sociali sono oltre 11.000 (3,7%), più di 6.000 le fondazioni (2,1%), oltre 14.000 sono istituzioni con altra forma giuridica (4,8%). Sul totale delle istituzioni non profit, quelle impegnate nel settore sanitario e nell’assistenza sociale sono 36.000 (rappresentano il 12% del totale), precedute da quelle attive nel settore cultura, sport e ricreazione, che da sole rappresentano il 65% del totale.
Boom di cooperative. Consistente è il finanziamento pubblico delle attività non profit nel campo sanitario, dell’assistenza sociale e della protezione civile: 13,5 miliardi di euro, pari al 63% del loro budget complessivo. Il ruolo delle cooperative sociali, che pesano per il 3,7% sul totale delle istituzioni non profit, nel comparto sanitario e dell’assistenza sociale diventa più rilevante, salendo rispettivamente al 10,9% dei soggetti attivi nella sanità e al 17,8% nei servizi sociali. Queste cooperative sociali sono 5.600 e impiegano 225.000 addetti. E sono in forte crescita. Tra il 2001 e il 2014 si registra un incremento dell’11,8% del sistema cooperativo nell’insieme, superiore all’incremento complessivo delle imprese (+5,1%).
Fonte: www.repubblica.it/