Persone con disabilità in ospedale: troppe le barriere

Presentati all’Istituto Superiore di Sanità i risultati della ricerca realizzata dalla onlus Spes contra spem, in partenariato con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
L’ospedale non è un posto per disabili: in Italia quasi due strutture sanitarie su tre non hanno un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono fruire di prestazioni ospedaliere e oltre il 78% degli ospedali non prevede spazi adatti di assistenza per le persone con disabilità intellettiva, motoria e sensoriale. In sostanza, l’attesa al pronto soccorso, un esame invasivo per diagnosticare una malattia, la degenza in reparto, situazioni che rappresentano disagi per qualsiasi paziente, si trasformano in un vero e proprio ostacolo per chi vive in una condizione di fragilità. Sono le cosiddette “barriere sanitarie”. Barriere che rischiano di essere insormontabili soprattutto negli ospedali del Mezzogiorno e sono la prova di un ennesimo divario tra Nord e Sud della nostra penisola: basti pensare che per persone con disabilità cognitiva sono previsti percorsi sanitari nel 29% degli ambulatori e dei reparti del Nord Italia contro il 6,5% di quelli del Sud.
E’ quanto emerge dall’Indagine conoscitiva sui percorsi ospedalieri per le persone con disabilità, realizzata dalla onlus Spes contra spem, in partenariato con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con la Fondazione Ariel e con il contributo di Fondazione Umana Mente del Gruppo Allianz.
L’indagine, la prima in Italia che cerca di far luce, in modo sistematico, sulla disparità dei trattamenti sanitari tra persone con e senza disabilità, è stata presentata oggi, presso l’Istituto Superiore di Sanità, da Luigi Vittorio Berliri, presidente di ‘Spes Contra Spem’, Walter Ricciardi presidente dell’ISS e direttore dell’Osservatorio, Alessandro Solipaca, segretario scientifico de l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane e Nicola Panocchia, coordinatore scientifico Progetto “Carta dei diritti delle Persone con disabilità in Ospedale” di Spes contro spem.
Sono intervenuti tra gli altri: Silvia Dodero, Esperta Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, Vincenzo Falabella, Presidente della FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap), Carlo Francescutti, Coordinatore comitato tecnico scientifico Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Filippo Ghelma, Dirigente Medico Responsabile U.S.D. DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance) Ospedale San Paolo di Milano, Teresa Di Fiandra, Dirigente del Ministero della Salute, Adele L’imperio, sorella di una persona con disabilità, Antonio Malafarina, Presidente onorario della Fondazione Mantovani Castorina, Rita Visini, Assessore Politiche sociali, Sport e Sicurezza Regione Lazio. A moderare la tavola rotonda “Diritti uguali per tutti significa risposte diverse per ciascuno” il giornalista Marco Piazza.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le persone con disabilità hanno il doppio delle possibilità di trovare operatori non preparati e strutture inadeguate rispetto alle persone senza disabilità ed è tre volte più alta la probabilità che venga loro negato l’accesso a cure sanitarie. E in Italia cosa succede ad una persona con disabilità, durante un ricovero a causa di una patologia che non c’entra con la sua disabilità?
In Italia le persone disabili si recano in ospedale il doppio delle volte rispetto a quelle senza disabilità, ma i nosocomi italiani, tranne iniziative isolate, ancora non prevedono percorsi di cura personalizzati. Infatti, i principali obiettivi dell’Indagine – che prende le mosse dalla “Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale” – sono: sensibilizzare la politica della sanità sulle problematiche relative al ricovero ospedaliero delle persone con disabilità e descrivere la situazione attuale delle strutture rispetto ai criteri, previsti dalla Carta, di accessibilità, personalizzazione e coordinamento dei percorsi sanitari.
I RISULTATI DELL’INDAGINE
Nella ricerca vengono raccolte e analizzate le risposte ad un questionario inviato via web ad un campione di 814 strutture ospedaliere (ASL, Aziende Ospedaliere, Policlinici Universitari, IRCCS – Istituti di Ricerca e Cura a carattere Scientifico) individuate su tutto il territorio italiano, tra gennaio e settembre 2014. Dieci domande a risposta chiusa sulla presenza di misure, presidi, percorsi clinico assistenziali e figure professionali per verificare le modalità di accesso e di cura delle persone con diverse tipologie di disabilità.
FLUSSO PRIORITARIO. Solo in poco più di un terzo delle strutture (36%) è previsto un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono fruire di prestazioni ospedaliere. La percentuale più elevata di strutture con un flusso prioritario si riscontra nelle regioni del Centro (45,5%), quella più bassa nel Mezzogiorno (19,4%).
PUNTO UNICO DI ACCOGLIENZA. Solo il 16,8% delle strutture ha un punto unico di accoglienza per le persone con disabilità. Il punto unico di accoglienza è presente nel 20,9% delle strutture del Nord, mentre tale quota non raggiunge il 13% degli ospedali del Centro-Sud ed Isole.
MAPPE A RILIEVO PERCORSI TATTILI. Nessuna struttura ha mappe a rilievo per persone non vedenti, mentre solo il 10,6% è dotato di percorsi tattili. I percorsi tattili sono assenti negli ospedali monitorati nelle regioni del Mezzogiorno, mentre sono presenti in circa il 13% di quelli del Centro-Nord.
DISPLAY LUMINOSI per le persone con deficit uditivo. Sono presenti nel 57,8% degli ospedali. La percentuale scende al 45,2% in quelli del Mezzogiorno.
LOCALI E/O PERCORSI AD HOC. Solo il 12,4% dei Pronto Soccorso – e nessuno nell’Italia Meridionale – ha locali o percorsi adatti per visitare pazienti con disabilità intellettiva. La percentuale sale, invece, se consideriamo gli ambulatori e i reparti: qui i percorsi clinico assistenziali e locali dedicati per visitare e assistere persone con disabilità intellettiva/cognitiva sono presenti nel 21,7% delle strutture che hanno risposto all’indagine. Anche in questo caso si evidenzia una forte forbice nord sud (29% contro 6.5%).
Migliora, invece, la situazione per quanto riguarda la presenza della figura del case manager (prevista nel 61,5% delle strutture); e la grandissima maggioranza degli ospedali (95,7%) ha risposto di consentire la permanenza, oltre l’orario previsto per le visite, del caregiver della persona con disabilità. Buone notizie anche sul fronte degli incontri tra la governance dell’ospedale e le rappresentanze delle associazioni familiari delle persone con disabilità.
“Paradossalmente in ospedale una persona con disabilità rischia di diventare disabile due volte, perché per avere diritti uguali a tutti gli altri ha bisogno di risposte diverse – afferma Luigi Vittorio Berliri, Presidente di Spes contra spem – Prendersi cura di una persona significa riconoscere che davanti ho una Persona, con la sua dignità. È solo “diversa”, non più complicata di altre”.
“Due strutture sanitarie su tre sono impreparate ad accogliere persone con disabilità. E’ un dato, quello fornito da questo studio, che deve farci riflettere sull’importanza di insistere nella costruzione di un sistema che punti alla centralità della persona nei servizi di cura e assistenza – afferma Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – Siamo perciò lieti di ospitare questa prima indagine nazionale che può diventare senz’altro un punto di partenza per censire non solo la qualità dell’offerta di cura ma anche il suo livello di umanizzazione”.
http://www.iss.it
fonte nonprofitonline.it

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