La cooperazione apre al profit, in arrivo il primo bando. “Test per l’Italia”

INTERVISTA a Laura Frigenti, direttrice dell’Agenzia per la Cooperazione internazionale, a pochi giorni dall’approvazione del bando, previsto per il 10 luglio. A disposizione 5 milioni. “Ad emergere saranno il tema dell’impresa sociale e le tecnologie innovative” 

ROMA – Sarà un test per l’Italia, ma anche un modo per mettersi in pari con altri paesi europei e donatori. E’ questo, per Laura Frigenti, direttrice dell’Agenzia per la Cooperazione internazionale, il primo bando rivolto al settore profit che vedrà la luce il prossimo 10 luglio. Con una dotazione finanziaria di 5 milioni, il nuovo bando dà forma, così, a quanto previsto dalla legge di riforma della Cooperazione e apre nuovi scenari per il futuro. Intervistata da Redattore sociale, Frigenti racconta la genesi, gli obiettivi e le aspettative di questa novità per l’Italia e aggiunge: “Siamo stati abbastanza cauti nella definizione delle somme, perché si tratta di un’anteprima assoluta per l’Italia, è un test. Se questi cinque milioni li affidiamo subito e le proposte progettuali che riceviamo sono eccellenti, avremo forza ed energia per lanciare un altro bando quanto prima”. 

Come nasce questa nuova sfida, l’apertura del mondo della cooperazione al settore profit? Con quali obiettivi?
La nuova legge sulla cooperazione ha esteso enormemente il range degli attori di cooperazione. Mentre prima, la cooperazione era principalmente un’attività bilaterale da governo a governo, adesso è stata riconosciuta la capacità da parte di tutta una serie di soggetti di essere essi stessi non solo gestori di attività di cooperazione che vengono affidate dalle strutture pubbliche, dal ministero degli Esteri nel caso precedente o dall’Agenzia ora, ma essere propositivi, attori veri. Questo ha comportato una serie di attività di allargamento dei criteri di eleggibilità per le organizzazioni della società civile e un bando per gli enti territoriali. Nel futuro, infatti, dovremmo lavorare con le università e altri soggetti. E ovviamente, il settore privato è un attore principale e importantissimo per noi. Se pensiamo alle grandi tematiche che ci proponiamo di affrontare, a partire da quella del cercare di usare la cooperazione anche come uno strumento che possa contribuire a mitigare i flussi migratori, tutto questo riguarda attività che devono essere fatte in collaborazione con il settore privato perché è quello che genera impiego e crea opportunità sul terreno.

Una novità che ha impegnato l’Agenzia per un po’ di mesi…
Ci abbiamo messo un po’ di tempo per riflettere. Contrariamente ad altre realtà che hanno una tradizione più consolidata di lavoro col settore privato, l’Italia non ha questa tradizione e ci siamo dovuti organizzare mentalmente per cercare di capire quale poteva essere il modo per lavorare col settore privato. Abbiamo pensato di farlo all’interno del Consiglio nazionale della cooperazione, un organo consultivo dove vari attori contribuiscono lavorando su vari temi. All’interno del Consiglio nazionale è stato creato un gruppo di lavoro che ha lavorato per tutto il 2016 su questo settore per definire i criteri che sono stati approvati nella riunione del Consiglio nazionale del mese passato. Abbiamo voluto operare all’interno di un processo di consultazione con tanti attori che ha richiesto più tempo.

Quali sono state le prime reazioni che avete avuto da entrambi i settori, profit e non, a questo nuovo bando?
Ho lavorato per tantissimi anni negli Stati uniti dove c’è una tradizione diversa per quanto riguarda la congiuntura profit-non profit. Tuttavia, anche lì ho trovato le stesse conversazioni a cui ho assistito qui: il settore profit pensa che il non profit non sia particolarmente efficiente nel modo in cui vengono gestite risorse e attività. Il non profit, a sua volta, pensa che il profit non debba necessariamente essere un partner privilegiato di cooperazione perché mossi da logiche diverse. Sono convinta che si impara a lavorare bene insieme quando si sta attorno ad un tavolo per fare qualcosa di concreto. Già dal bando delle Ong, ad esempio, abbiamo richiesto come criterio di premialità il fatto che le organizzazioni della società civile si consorziassero con istituzioni del settore privato. Creare sinergie è il ruolo più importante della cooperazione e della nostra agenzia perché c’è bisogno di conoscersi, di imparare a lavorare insieme e noi crediamo che il nostro ruolo sia proprio quello di creare le opportunità per questo dialogo.

Quali risorse sono state stanziate per questo primo bando? Pensa siano sufficienti per un primo lancio?
La dotazione finanziaria per questo primo bando sarà di 5 milioni. Stiamo cercando di valutare quale sarà la risposta. In realtà, siamo stati abbastanza cauti nella definizione delle somme, perché è veramente un’anteprima assoluta per l’Italia, è un test. Se questi cinque milioni li affidiamo subito e le proposte progettuali che riceviamo sono eccellenti, avremo forza ed energia per lanciare un altro bando quanto prima.

Con quali tipologie di progetti il profit potrà partecipare al bando? Può anticipare qualcosa in merito?
Dobbiamo tenere una linea di demarcazione fortissima tra le attività di sviluppo e quelle di internazionalizzazione dell’impresa. I progetti promossi da enti profit devono essere progetti che rispondono a logiche chiare di sviluppo. Devono avere degli obiettivi di sviluppo molto precisi. Le priorità, sia geografiche che settoriali, sono quelle del documento triennale di cooperazione che guida tutte le nostre attività, quindi in questo senso non ci sarà una grandissima sorpresa. Noi riteniamo, avendo fatto dei sondaggi e avendo organizzato degli incontri in varie parti d’Italia, che ad emergere maggiormente saranno i temi dell’impresa sociale e poi tutto quel che va nella direzione del conseguimento dell’Agenza 2030, con un particolare interesse nelle tecnologie innovative che possano rendere più basso il costo del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

In questi mesi l’Agenzia ha tenuto diversi incontri in tutta Italia con il mondo profit per approfondire le opportunità del nuovo bando. Quali sono state le prime impressioni?
Da parte del settore profit non abbiamo raccolto preoccupazione, ma il desiderio e la necessità di capire quanto è cambiato il quadro normativo e quanto è cambiata la cooperazione. In Italia non c’è una tradizione in cui il settore privato è stato visto come un attore di cooperazione, ma un esecutore e non aveva capacità propositiva. C’è stato un grande interesse da parte del settore privato nel vedersi offrire questa opportunità. Dall’altra, c’è una necessità di comprendere bene le regole del gioco e le procedure attuative.

Dopo il 10 luglio quali saranno i passaggi tecnici del nuovo bando?
Il 10 c’è l’approvazione. Dopo, come per tutti gli altri nostri bandi, c’è la pubblicazione ufficiale, poi viene dato del tempo per presentare delle proposte. Poi si forma una Commissione di valutazione che analizza le proposte. Il procedimento è lo stesso di quello usato per gli enti territoriali e le organizzazioni della società civile. Sono processi standard.

Quali sono le aspettative dell’Agenzia rispetto a questo bando?  
Si tratta di grosse novità per il nostro paese. E’ importante riuscire a portare l’Italia allo stesso livello di quello che si fa negli altri paesi europei e paesi donatori. Essere parte di questo processo è per me fonte di grande energia e speranza. Siamo tutti molto soddisfatti. Il lavoro di preparazione di questo bando non è stato semplice, ma è stato un lavoro nel quale ci siamo sentiti accompagnati da un grande interesse non soltanto da parte del settore privato, ma anche degli altri attori presenti sul territorio italiano, interessati a vedere come sarà possibile coinvolgere più attivamente il settore privato in queste attività di cooperazione allo sviluppo. Ad oggi molte cooperazioni europee hanno fondi per il settore privato. In questo modo riusciremo a metterci in pari. (ga)

FONTE: Redattore Sociale

 

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