Al 5 per mille si dà sempre più credito

Con uno dei tre decreti legislativi approvati il 28 giugno scorso a completamento della riforma del Terzo settore, il Governo ha stabilizzato il 5 per mille, l’istituto fiscale più amato dagli italiani, secondo le statistiche dell’Agenzia delle Entrate. La misura, introdotta nel 2006 in via sperimentale e poi confermata di anno in anno con diverse modifiche, permette ai contribuenti di destinare liberamente, firmando una specifica opzione, il 5 per mille dell’Irpef da loro dovuta a beneficio di organizzazioni senza fini di lucro, suddivise per categorie, oppure (nel tempo scelta numericamente residuale) alle attività sociali dei Comuni. Attraverso questo meccanismo, nei nove periodi d’imposta che intercorrono dal 2006 all’ultima annualità consuntivata dalle Entrate, sono stati erogati a enti non profit circa 3,6 miliardi di euro, per una media annua di 386 milioni, mentre le preferenze espresse nelle dichiarazioni dei redditi sono state in tutto 109 milioni, ossia più di 12 milioni l’anno. 
Con il Dlgs d’attuazione della legge 106/16 per la riforma del Terzo settore, il 5 per mille ora diventa norma permanente del nostro ordinamento tributario. Numerose le novità di rilievo: le categorie dei beneficiari vengono esplicitamente individuate e non dovrebbero più essere soggette all’effetto “porte girevoli” verificatosi in passato per i mutevoli orientamenti del legislatore. Vengono introdotte misure per accelerare le pratiche di segnalazione e accreditamento delle somme. Gli obblighi di trasparenza e rendicontazione fanno un deciso salto di qualità, diventando stringenti. Tuttavia i nodi più delicati, che riguardano i criteri di accesso al riparto, vengono ulteriormente demandati a un Dpcm da adottare nei prossimi 120 giorni, il che giustifica la cautela nei giudizi fin qui espressi da operatori ed esperti del Terzo settore. In particolare, restano da definire l’importo minimo erogabile a ciascun ente e i criteri di riparto delle scelte non espresse. Attualmente l’ammontare “inoptato” viene ripartito in proporzione alle preferenze esplicite, per cui di fatto va ad aumentare la quota delle grandi organizzazioni. L’intento della riforma è duplice: da un lato si intende evitare un’eccessiva frammentazione dei beneficio, eliminando quanto meno le erogazioni di cui costo amministrativo e gestionale sarebbe superiore all’importo stesso; dall’altro , si punta a un effetto di “perequazione”, sterilizzando le modalità che hanno fin qui recato vantaggio a chi già era avanti nelle preferenze. Il punto d’equilibrio non è facile da trovare e la complessità della materia ha indotto il Governo, anche dopo prescritti pareri parlamentari, a demandare la formulazione definitiva al Dpcm di prossima emanazione. 
Per ora i tempi di liquidazione delle somme restano lunghi (in media oltre 24 mesi) e, nel frattempo, i progetti delle associazioni non possono aspettare. Così, come si rileva da una ricerca di Banca Etica, da oggi disponibile sul sito istituzionale del gruppo, si è sviluppato un vero e proprio mercato del credito del 5 per mille, che si declina principalmente in due modalità: un’anticipazione del contributo approvato e in corso di erogazione (in questo caso la banca anticipa all’ente, sulla base del dato certo relativo all’importo da destinare, una quota tra l’80 e il 100% dell’importo), oppure un fido, collegato all’importo medio ricevuto dall’organizzazione negli ultimi anni, che la banca può prendere a riferimento come approssimazione dell’importo atteso per l’esercizio a venire. 
Il dato evidenziato nello studio di Banca Etica, costruito sulla base delle informazioni reperibili su siti istituzionali, in particolare su quello del ministero del Lavoro, dimostra che i principali istituti creditizi del nostro Paese intercettano gran parte dei flussi, con Intesa e Unicredit ai primi due posti e la stessa Banca Etica in terza posizione, dato che non desta particolare sorpresa se si considera la sua specifica vocazione ai rapporti con il Terzo settore. In generale, il 27% degli enti canalizzano il 56% delle risorse complessive su soli sette istituti creditizi ( tra i quali sono incluse anche le Poste), mentre il restante 73% degli enti si affidano in modo ben più parcellizzato alle restanti 591 banche. 
Anche se la riforma del 5 per mille stabilizzato riuscisse a razionalizzare e velocizzare le pratiche di riparto delle somme destinate dai contribuenti, il polmone creditizio che si è attivato in questi anni per l’oggettiva necessità delle organizzazioni di dare continuità ai progetti non potrà che continuare il trend di crescita. 

 

FONTE: Il Sole 24 Ore
AUTORE: Elio Silva
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