Una bella realtà a rischio chiusura.
I fondi del bando però hanno coperto solo otto mesi di attività fino a febbraio 2012.
(Nella foto: I dipendenti del centro festeggiano uno degli ospiti della struttura - Altri pazienti della struttura)
PIZZO CALABRO – I dati relativi alla diffusione delle forme di demenze senili nel nostro Paese sono allarmanti: ne soffrono un milione di italiani, di questi 600mila sono i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer. l’assistenza domiciliare non è garantita anzi spesso tutto è a carico dei familiari si stima infatti che siano circa 3 milioni le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza ai loro cari con demenza.
Una situazione dunque esasperante sia per i malati, che avrebbero bisogno di cure e terapie costanti, che per i famigliari spesso impreparati ad affrontare la malattia e le sue conseguenze, una fra tutte la perdita progressiva della memoria e dell’autosufficienza. A Pizzo nel 2011, grazie ai fondi messi a disposizione a favore degli enti del terzo settore dalle fondazioni bancarie nel bando di perequazione sociale del centro servizi al volontariato è stato inaugurato il Centro Socio riabilitativo “Insieme” gestito dalla cooperativa “Il Ponte” in collaborazione con l’associazione Alzheimer Italia Calabria Onlus, presieduta da Maria Rita Carreri. Un centro di eccellenza semi residenziale in cui i malati potessero essere assistiti in un ambiente familiare e sottoposti a terapie che hanno dimostrato di rallentare l’avanzata della demenza. I fondi del bando però, dopo aver garantito la ristrutturazione di un intero piano dell’ospedale, mai entrato in funzione, di Pizzo, hanno coperto solo otto mesi di attività fino a febbraio 2012. “Da quel momento – spiega la psicologa della cooperativa Chiara Borrello – abbiamo continuato con i pazienti rimasti, il contributo della famiglie e partecipando noi direttamente alle spese per retribuire il personale che non faceva parte della cooperativa.
Noi soci abbiamo svolto esclusivamente lavoro volontario fino al 2014, poi abbiamo dovuto ridimensionare i servizio offerti”.
Da circa 3 anni dunque il centro ha dovuto cambiare la sua funzione di utilizzo, concentrandosi sull’aspetto terapeutico, con le sedute di musicoterapia della dottoressa Daniela Costantino e dil lavoro dell’educatrice Rossella Pappa, mettendo in secondo piano la socializzazione attraverso i laboratori artistici o i semplici pasti all’interno della struttura. Ad oggi il centro si anima soprattutto due colte a settimana con il gruppo per pazienti, otto in totale provenienti da tutta la provincia, mentre una volta ogni due settimane si tiene il gruppo di sostegno ai famigliari visto che la malattia stravolge la vita di intere famiglie. L’unica speranza per riuscire a garantire i servizi ogni giorno sarebbe ottenere l’accreditamento come struttura semi-residenziale con retta, così da poter accedere anche ai contributi.
L’ostacolo è rappresentato dalle competenze: la Regione infatti ha passato tutte le deleghe inerenti alle politiche sociale ai vari distretti socio-sanitari che a loro volta dovrebbero interfacciarsi con i comuni del territorio di appartenenza per risolvere questi aspetti, ma da un lato solo lo scorso luglio il distretto di Vibo Valentia ha inviato al comune di Pizzo delle circolari inerenti alla questione.
L’assessore alle politiche sociale Pasquale Marino, a margine di un incontro avuto al centro insieme ai malati ed ai familiari, si è impegnato a dialogare con il distretto socio-sanitario di Vibo Valentia per trovare una soluzione al problema. Intanto però all’interno della struttura le storie personali si intrecciano con la comune e costante avanzata della malattia; e mentre i pazienti pian piano perdono i ricordi, chi li accompagna in questo viaggio di dolore, e tenerezza a tratti, chiede a gran voce l’apertura del centro semi-residenziale. la maggior parte di loro infatti ancora lavora ed ha dovuto trovare soluzioni alternative per assistere i familiari durante la loro assenza: “Dopo un anno a casa – ci dice la signora Fortuna moglie di un paziente di 63 anni, una vita come dirigente Inps, e da tre anni alle prese con la demenza- sono dovuta tornare a lavorare. La mattina Filippo è assistito da un signore che lo porta un pò in giro ma avrebbe bisogno di stimolazione cognitiva continua. ho scoperto il centro per caso in un gruppo di sostegno per familiari di cui faccio parte su Whatsapp, quando viene qui lui è tranquillo e di conseguenza lo sono anche io; confrontarsi con altre persone nella stessa situazione aiuta a non sentirsi soli e a trovare la forza di andare avanti”.
E’ bastato un pomeriggio per capire che storie così sono la pressi tra quest mura, a comprendere il dolore delle operatrici e della Presidente Carreri per non poter fare di più, a rendersi conto che garantire la funzionalità di una struttura del genere serve ai malati, ma di più di tutto serve alla comunità.
FONTE: Quotidiano del Sud
AUTORE: Erica Tuselli