VIBO
RIFLETTORI ACCESI SUL FUTURO DELLA COSTA E SUL RUOLO DEI DEPOSITI
Impianti petroliferi, le associazioni si schierano a favore della delocalizzazione
«I piani d’emergenza sono utili in una situazionedi normalità che però a Vibo Marina non esiste»
Vittoria Sicari
I piani di emergenza esterna dei depositi costieri, messi a punto dalla Prefettura, riaccendono i riflettori sul ruolo di Vibo Marina e sul futuro del litorale vibonese.
«Qual’è lo sbocco delle frazioni marine? Il turismo potrà convivere con la presenza degli impianti petroliferi? È sufficiente elaborare piani di sicurezza»? Sono questi gli interrogativi che le associazioni locali si pongono a partire dal Sib (sindacato balneari)- presieduto da Mino De Pinto – che pone l’accento sulla necessità di dare una connotazione alla zona litoranea. «Non dico che i depositi bisogna chiuderli – sostiene De Pinto – ma credo sia più utile potenziarne uno, quello più vicino al porto, sacrificando magari un tratto di spiaggia, e bonificare invece la zona urbanizzata dove attualmente ha sede l’insediamento Eni». Per il Sib «in caso di incidenti non va tenuto in considerazione solo l’incendio alle autocisterne quanto il fatto che gli oleodotti attraversano tutta la costa a partire dal molo verde passando per i lidi, il fosso La Badessa, fino all’Eni».
A parere invece dell’ambientalista Pino De Seta (Argonauta) «i piani per affrontare probabili emergenze di stabilimenti a rischio incidente rilevante dovrebbero servire per poter intervenire in una situazione di normalità ed a Vibo Marina la normalità non esiste. Attorno ai depositi si è costituito di tutto e il pericolo incombe considerato anche se ci aggiungiamo una scarsa, o meglio nulla, cultura della prevenzione (terremoto, inondazioni)». Per altro «non ci sono adeguate vie di fuga, non esiste un pronto soccorso chiesto da decenni, anche se ci si riempie la bocca di essere un porto importante ed una zona industriale di riferimento». La soluzione anche per De Seta è la delocalizzazione e la creazione di un unico deposito consortile nell’area industriale di Portosalvo. Le risorse? «In parte – conclude l’ecologista – si possono utilizzare le accise che ogni anno si riscuotono, in parte fondi dello Stato e dell’Europa e un ulteriore contributo da parte dei privati che avranno sicuramente benefici da tutto ciò». Sulla stessa lunghezza d’onda l’associazione Marea, presieduta da Domenico Schipilliti, che da anni si batte per dare a Vibo Marina una connotazione turistica «visto che ormai l’epoca dell’industrializzazione è fallita». Favorevole allo spostamento pure la presidente del centro di aggregazione Anna La Gamba, secondo la quale «servono spazi verdi e luoghi ricreativi». Più conveniente delocalizzare anche a parere di Paolo Sorrenti (Lega navale), giacchè «si perderebbero solo circa 30 posti di lavoro, ma ne guadagnerebbe l’intero territorio». Seri dubbi sulla bonifica, i costi e i tempi, in caso di trasferimento degli impianti, sono stati posti da Pino Alviano, ex presidente di circoscrizione, anch’egli pro delocalizzazione. Serve invece «una più organica e radicale visione futura» secondo Fabio La Gamba (comitato “Attivamente”), il quale spera che «contestualmente alla tutela degli attuali posti di lavoro si consideri la possibilità di uno sviluppo turistico-ricettivo che possa incrementare i livelli occupazionali della zona».
Allegato:
Il prefetto Longo determinato ad applicare la legge
La patata bollente passa al sindaco
«Applicherò la legge». Con queste parole il prefetto Guido Longo ha più volto ribadito quanto sia per lui necessario tutelare la salute e la sicurezza pubblica. E i piani d’emergenza esterna dei depositi costieri realizzati dalla Prefettura, con il supporto del comando provinciale dei vigili del fuoco, viaggiano proprio in questa direzione. Anche se al problema della sicurezza c’è necessariamente da affiancare quello del futuro delle attività e delle abitazioni presenti sul territorio, soprattutto in quella fascia (200 metri) considerata di «sicuro impatto» con soglia di «elevata letalità» in caso di incidenti agli stessi impianti petroliferi. La patata bollente ora cade per lo più nelle mani del sindaco Elio Costa nella sua qualità di autorità locale di Protezione civile, nonché dell’assessore ai Lavori pubblici Lorenzo Lombardo.