Vibo – I giovani tracciano il solco del riscatto

 

 

 

VIBO

MIGLIAIA DI STUDENTI DI TUTTA LA REGIONE ALLA MARCIA DI LIBERA PER CELEBRARE LA GIORNATA DELLA MEMORIA DELLE VITTIME INNOCENTI

I giovani tracciano il solco del riscatto

Forte e deciso il «no» all’arroganza criminale da chi intende continuare a vivere nella propria terra

 

Rosita Mercatante

C’è voglia di riscatto nelle giovani generazioni. Un segnale lanciato a chiare lettere dagli oltre seimila ragazzi (diecimila i partecipanti) scesi ieri in piazza rispondendo all’appello di Libera per gridare il proprio “no” contro qualsiasi tipo di mafia e di violenza. Rivendicano la libertà della propria terra dalla criminalità organizzata, che è dunque la loro libertà. La libertà di scegliere di rimanere in Calabria senza subire torti, senza sentirsi sopraffatti dalle regole non scritte del codice della ’ndrangheta, senza rischiare di perdere la propria vita per aver “calpestato” l’onore del figlio del boss. Rivendicano la giustizia e la legalità. Rivendicano il cambiamento.

Sono stati proprio loro, questi giovani dal viso pulito e di belle speranze, i protagonisti della 23esima “Giornata della memoria e dell’impegno” con la loro presenza consapevole e non forzata. Studenti degli istituti di ogni ordine e grado di tutta la regione, e di una scuola della Toscana che hanno invaso le vie cittadine in un lungo corteo rumoroso e colorato con l’intento di rompere il silenzio e l’indifferenza di cui fino ad oggi si è alimentata la “malapianta” al punto da radicarsi in maniera salda e invadente in ogni ambito sociale.

«Ci è capitato di avvertire la presenza della mafia anche nei rapporti con i nostri coetanei» ha raccontato Luisa Giampà dell’Ite di Cutro. Lei come anche i suoi compagni Anastasia Lorenzano e Domenico Oliverio conoscono bene i lineamenti del fenomeno criminale, sanno individuarlo e riescono a rendersi conto del pericolo che la loro generazione sta correndo e dal quale si potrà salvare solo se ci sarà la forza e la determinazione comune di alzare la testa e di farsi sentire: «Spesso i ragazzi che provengono da famiglie mafiose cercano di far sentire il loro “potere” anche a scuola. Non rispettano le regole, tendono a imporsi sugli altri e ad umiliare i più deboli. Non riconoscono neppure l’autorità dei professori. È un problema con cui conviviamo quotidianamente, non possiamo fare finta di niente, abbiamo il dovere di contribuire al rinnovamento della nostra società». Hanno le idee chiare questi adolescenti che alla loro presenza nella piazza regionale della manifestazione di Libera – coordinata a livello provinciale da Giuseppe Borrello – affidano un grande significato: «Non siamo qui per fare numero. Quello di oggi deve essere il punto di partenza di un cammino che la nostra generazione deve percorrere senza ripensamenti» ha affermato Salvatore Serra, rappresentante della Consulta degli studenti del liceo scientifico “Berto” con l’obiettivo di combattere «un modo di pensare prima di tutto. Dobbiamo iniziare dal rispetto delle regole e dei principi della nostra Costituzione, ad esempio farsi strada per merito e non facendo ricorso alle scorciatoie e alle raccomandazioni».

Non si illudono questi ragazzi sul fatto che gli slogan sugli striscioni, i cori che invocano libertà e giustizia, la marcia ininterrotta di una mattinata possano essere gli unici strumenti a cui fare affidamento per invertire la rotta: «Serve un impegno quotidiano che deve iniziare dalla denuncia, bisogna parlare, spezzare le catene dell’omertà che ha permesso alla ’ndrangheta di prendere il sopravvento» per Francesco, Gianmarco e Ines, altri studenti del liceo “Berto” che hanno preteso di dare il loro contributo in questa iniziativa che ha suonato la carica non solo per il mondo scolastico, ma anche per molte associazioni, Comuni e sigle sindacali. «Questa massiccia partecipazione è sinonimo di una società reattiva, che non si è rassegnata e che può uscire dal buio in cui è stata relegata per troppo tempo». Sono le parole di Silvestro Scalamandrè dell’Anpi che nei passi decisi mossi da una generazione che ha dimostrato di non essere succube di nessuno (come troppe volte si è detto e pensato) intravede la speranza di un nuovo futuro.

Un’altra primavera che inizia dalla voce e dai sorrisi di ragazzi che vogliono scrivere una nuova storia in cui la loro terra non si macchia più di sangue innocente come quello delle 970 vittime di mafia a cui Libera ha dedicato un momento di “memoria viva” con la lettura, in contemporanea con altri 4mila luoghi in tutta Italia, dei loro nomi. Davanti alla moltitudine di gente che ha popolato piazza Municipio al termine della marcia, hanno prestato la loro voce per ricordare i martiri dei “signori della morte”, tra gli altri, mons. Giuseppe Fiorillo presidente onorario di Libera-Vibo, il prefetto Guido Longo, il prefetto Michele di Bari e il sindaco Elio Costa. Un modo per abbracciare i familiari di queste persone che hanno perso la vita per mano della mafia, per dare loro conforto, per alleviare il loro dolore, per sostenerli nella tortuosa strada della ricerca della verità, che nella maggior parte dei casi non conoscono ancora perchè ben celata dal silenzio di troppe bocche rimaste chiuse per paura.

L’imponente corteo si è svolto senza alcun problema sotto l’occhio vigile di Polizia, Vigili urbani, Carabinieri e volontari.

Allegato:

Il lavoro come fonte di dignità

Il messaggio di don Carnovale

L’ufficio pastorale, sociale e del lavoro unitamente alla consulta diocesana hanno aderito alla 23esima giornata della memoria delle vittime innocenti di mafia promossa da Libera. «Riteniamo che una via privilegiata per combattere la criminalità organizzata e le logiche mafiose per tutto il territorio diocesano – ha detto don Pietri Carnovale – sia l’impegno a promuovere e sostenere il mondo del lavoro. Sogniamo un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale per tutti coloro che, nel profondo del loro cuore, vogliono far parte della famiglia dei lavoratori. Il lavoro non è solo fonte di reddito. È anche fonte di dignità, di occasione di scambio interpersonale e sociale, perciò anche ambito di costruzione di senso per sè e per/con gli altri». Alla manifestazione erano presenti anche altri sacerdoti tra cui don Piero Furci da sempre in prima linea a favore degli ultimi.

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