VIBO
APPELLO DEL BANCO ALIMENTARE CHE NON DISPONE DI UNA SEDE
Povertà, volontari e aiuti ci sono ma manca l’impegno della politica
Rosita Mercatante
Cibo e povertà: è emergenza sociale. Aumentano sempre più i nuovi poveri, e la rete della solidarietà sente il bisogno di rinforzarsi. Se, infatti, da un lato la crisi economica e sociale “morde” e il numero delle persone e delle famiglie che non riescono a sbarcare il lunario cresce vertiginosamente, dall’altro è il mondo del volontariato a dover far fronte ad innumerevoli richieste.
Lo spirito di sacrificio e la buona volontà non mancano all’esercito degli operatori sociali, ma in alcuni casi bisogna fare i conti con delle difficoltà impossibili da risolvere senza la collaborazione degli enti istituzionali. Difficoltà che rischiano di compromettere la perfetta erogazione dei servizi.
È quanto sta accadendo, ad esempio, al Banco alimentare provinciale, che da circa vent’anni si occupa di distribuire prodotti di primaria necessità ai bisognosi trascinandosi però un grave deficit: la mancanza di una struttura da adibire a deposito stabile attrezzato di celle frigorifere che possano consentire la corretta conservazione dei cibi. Ciò ha comportato che l’organizzazione ha dovuto rinunciare ad accettare parte delle offerte che arrivano dalla sede centrale (che si occupa mensilmente dei rifornimenti) tra cui gli alimenti freschi e i surgelati che necessitano di essere stipati a temperature specifiche per evitare che si alterino.
«Una problematica che alle orecchie di amministratori e politici locali non dovrebbe suonare del tutto nuova – ha affermato Antonello Murone –, in quanto a loro ci siamo rivolti più volte prospettando il nostro disagio e sollecitandoli a trovare una soluzione». Per ora l’unico espediente che ha permesso di eludere il problema temporaneamente è stato l’atto di generosità di un imprenditore di Portosalvo che ha messo a disposizione del Banco alimentare una parte dei suoi locali commerciali dove vengono scaricate le scorte dei prodotti.
Le missive indirizzate al Comune, alla Provincia, e alla Prefettura, sono rimaste solo carta straccia. Da palazzo “Luigi Razza” la proposta di occupare una struttura «che è fatiscente e di cui avremmo dovuto sostenere i lavori di riqualificazione. Ma noi non disponiamo di risorse economiche» ha proseguito Murone che senza nessuna vena polemica ha lanciato un chiaro appello: «Quella da noi svolta è un’opera sociale come dimostrano di dati: nel 2017 abbiamo assistito 4500 persone. Non possiamo continuare a lavorare in una condizione di precarietà»
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