Un’indagine preziosa sui social, i giovani e la Chiesa

 

Un’indagine preziosa sui social, i giovani e la Chiesa

vite digitali che rapporto hanno i giovani digitali con la religione? È la domanda dalla quale sono partiti gli autori del «Global social listening study», basandosi su ricerche dell’Università Saint Mary’s di Londra e dell’Università Ramon Llull di Barcellona. Promosso dal network Aleteia lo studio è stato presentato all’Università Gregoriana di Roma. I dati della prima indagine, «La fede dei giovani e i loro influencer sui social network», sono stati raccolti nel 2017 analizzando circa 540 milioni di

C profili Facebook e Instagram, appartenenti a giovani tra i 18 e i 25 anni. Com’era intuibile Papa Francesco è risultato il primo tra gli influencer dei giovani digitali interessati alla religione. Al secondo posto si è però piazzato il discusso scrittore new age Paulo Coelho, seguito dal Dalai Lama.

Altro dato significativo. Dallo studio emerge che solo il 4% dei giovani condivide sui social network contenuti relativi alla fede cattolica. L’interesse dei ragazzi sui social è soprattutto concentrato sull’intrattenimento e su marche e beni di consumo. I dati della seconda indagine, raccolti invece su scala europea, confermano che «moltissimi giovani non si identificano con nessuna religione». A questo punto merita chiedersi: come sta andando sui social il Sinodo sui giovani attualmente in corso? Come ha scritto Alessandro Gisotti, coordinatore dei social media del vaticano, «l’hashtag ufficiale #Synod2018 è stato utilizzato finora circa 70 mila volte, dalla conferenza stampa del 1 ottobre. I Paesi più coinvolti: USA, Italia, Spagna, Messico. Il picco nel giorno della Messa inaugurale. Meno del 10% dei tweet ha sentiment negativo». Inutile girarci attorno. Non sono dati social di cui andare particolarmente fieri. Ma al tempo stesso non bisogna scoraggiarsi. Come sostiene lo studio promosso da Aleteia, se la Chiesa vuole intercettare i ragazzi «deve» frequentare i social ma per riuscire a comunicare con loro «deve saper sfruttare anche i generi di intrattenimento». La vera sfida, insomma, non sta tanto nel moltiplicare le analisi e gli articoli sui temi della fede, ma trovare nuove strade anche «creative» e «divertenti» per arrivare a chi altrimenti ignorerebbe il messaggio cristiano.

Sono ormai quasi dieci anni che si ragiona sulla presenza della Chiesa nel mondo digitale, con convegni e volumi molto importanti. L’autore più prolifico sul tema è padre Antonio Spadaro («Twitter Theology», «Cybergrace», «Quando la fede si fa social. Il cristianesimo ai tempi dei new media«) il più recente è don Giacomo Ruggeri che ha pubblicato «Prete in clergyphone. Discernimento e formazione sacerdotale nelle relazioni digitali». In mezzo ci sono contributi dell’oggi vescovo Domenico Pompili («Il nuovo nell’antico. Comunicazione e testimonianza nell’era digitale») sino a «La Chiesa mediale. Sfide, strutture, prassi per la comunicazione digitale» di Alessandro Palermo e «La missione digitale: Comunicazione della Chiesa e social media» di Giovanni Tridente e Bruno Mastroianni. Nessuno però aveva mai indagato – come invece ha fatto lo studio di Aleteia – il rapporto tra ragazzi, fede e social. Ed è pensando ai giovani che occorre farsi la domanda: Papa Francesco a parte, che è un grande «influencer» anche sul digitale, come facciamo a raggiungere sui social i ragazzi vicini e lontani?

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