Caos educatori parte seconda: assalto alla legge di Bilancio
Diversi emendamenti alla Legge di Bilancio tentano di dare una risposta ai nodi aperti. «Un buon dispositivo di equivalenza, corredato da opportune misure compensative, è quello che ci aspettiamo da qualche tempo e che non è più rinviabile»
L’interesse attorno alla figura dell’educatore professionale, in questi ultimi tre mesi ha visto l’intensificarsi d’interventi della politica, alcune prese di posizione, polemiche e accuse di marchio “social”. Nel precedente articolo “Caos educatori: ripartiamo dalla figura professionale unica” che Vita.it ha pubblicato in settembre, si è tentato di descrivere la confusione che regna intorno ai temi della professione. La ricostruzione dei fatti degli ultimi mesi è descritta in questo articolo che rilancia l’idea di una professione unica.
Abbiamo assistito in estate al tentativo, nel Decreto mille proroghe, di emendare il comma 594 della Legge di Bilancio 2018 allargando al socio sanitario il campo d’azione degli educatori socio pedagogici; il Governo non ha approvato questa proposta, che ha tanto il sapore di confondere maggiormente l’insensata suddivisione del profilo in una componente socio pedagogica e socio sanitaria, che non è presente nella vita reale degli educatori professionali italiani.
Il gruppo degli educatori professionali lombardi, esclusi dai Decreti di equipollenza per una data di conseguimento del titolo che non rientra nei limiti posti dalla Legge 42/99 (17 marzo 1999) ma in possesso di un attestato identico ai titoli precedenti, per durata e qualità della formazione, hanno animato un dibattito interessante e coinvolto le forze politiche regionali e parlamentari affinché si possa superare questo gap che impedisce l’iscrizione all’Albo ma soprattutto l’esercizio della professione in ambito sanitario e socio sanitario.
L’ANEP – Associazione Nazionale Educatori Professionali, ha diramato attraverso una Circolare dell’Ordine dei TSRM e PSTRP, le “Linee guida per le espressioni di parere da parte dei RAMR sull’implementazione degli Albi di EP” che circoscrivono con puntuale e analitica descrizione il panorama complesso e frastagliato dei titoli di EP presenti in Italia. Tali LG, costruite attraverso l’esame della normativa esistente, pur dovendo limitarsi all’espressione di un parere ai fini dell’accesso all’Albo, sono un tentativo di porre razionalità nel caos dei titoli che si è venuto a determinare nel Paese.
La scorsa settimana in un’audizione alla Commissione cultura del Senato, gli estensori dei commi 594-601 della scorsa Legge di Bilancio hanno sostenuto la causa dell’educatore professionale socio pedagogico con alcuni punti interessanti e qualche ombra informativa: è interessante registrare, infatti, l’apertura verso una coesistenza della formazione sociale e sanitaria della figura dell’EP; meno bello, invece, ricostruire la storia dell’educatore professionale dal 1998 (data di pubblicazione del Decreto 520/98) omettendo la preesistenza del Decreto “De Gan” datato 1984 e inoltre facendo intendere che si tratti di una brutta copia di una figura di riabilitazione psichiatrica.
Con l’avviarsi del dibattito in Parlamento sulla Legge di Bilancio 2019 si sono svelate in questi giorni le posizioni politiche di alcuni gruppi e delle organizzazioni sindacali. Il Movimento 5 Stelle propone una modifica dell’articolo 41 bis della Legge Lorenzin (Albi e Ordini delle Professioni sanitarie) che consente la disapplicazione dell’obbligo d’iscrizione all’Albo per coloro i quali alla data di entrata in vigore della Legge 11 gen 2018, n. 3, non erano in possesso di titoli idonei per l’iscrizione all’Albo ma svolgevano legittimamente la professione e non hanno potuto conseguire l’equivalenza ai sensi della Legge 42/99. Questa proposta di deroga, di fatto, sollecita l’applicazione del procedimento di equivalenza dei titoli e comporta la necessità di provvedimenti successivi appena si concluderà tale percorso.
Le Organizzazioni Sindacali, in forma congiunta, hanno presentato in questi giorni una proposta di emendamenti al DDL stabilità 2019. Si propone di prorogare i termini di validità dell’applicazione dei provvedimenti di equipollenza ed equivalenza (Legge 42/99) dal marzo 1999 all’entrata in vigore della legge 3/2018 (Legge Lorenzin). Si propone di aumentare da 3 a 5 anni il tempo entro il quale potrà essere intrapreso il conseguimento, attraverso un Corso universitario di 60 CFU, del titolo di educatore professionale socio pedagogico. Si propone di rinforzare la “clausola di salvaguardia” del posto di lavoro per coloro che hanno svolto l’attività di educatore anche se impossibilitati a iscriversi all’albo professionale. Con l’ultimo emendamento si propone la disapplicazione dell’obbligo d’iscrizione all’albo per coloro che, di fatto, hanno svolto l’attività di educatore pur non avendo titoli specifici.
Il Partito Democratico propone un emendamento con il quale i diplomi e gli attestati, previsti nei Decreti di equipollenza (27 luglio 2000 e 22 giugno 2016), ottenuti nei corsi regionali specifici indipendentemente dall’anno di conseguimento, sono dichiarati equipollenti al DU di educatore professionale, oggi laurea SNT2.
In tutto questo rumore non vi sono segnali da parte del Ministero della Salute e della Conferenza Stato Regioni, circa le sorti del percorso di equivalenza dei titoli per EP, previsto dall’articolo 4, comma 2, della Legge 42/99. Colpisce questo silenzio perché completare l’iter di riconoscimento dei titoli – così come peraltro già svolto per tutte le altre professioni sanitarie in Italia – contribuirebbe notevolmente a disinnescare molte situazioni oggi in bilico. Un buon dispositivo di equivalenza, corredato da opportune misure compensative, è quello che ci aspettiamo da qualche tempo e che non è più rinviabile.
Una parola, infine, e un invito sulle polemiche di marchio “social” che induriscono e sviliscono il dibattito sulla vicenda. Scrive la prof.ssa Maria Morelli in una lettera a Concita De Gregorio nella sua rubrica su Repubblica: l’autorevolezza di una fonte (si parlava di fake news) deve essere provata e riconosciuta attraverso specifici strumenti di analisi e per dare una interpretazione è necessario che l’intuito sia affiancato da una rigoroso procedimento della ragione. Che bel concetto, non trovate?
Fatte le Leggi, trovate le disapplicazioni. Costruiti i percorsi di razionalizzazione delle figure socio sanitarie, questi sono invalidati da sovrapposizioni insensate e scomposizioni del profilo in due anime. Il caos normativo “dell’amministrare legiferando”, è fortemente a rischio di produrre soluzioni peggiori della malattia. E poi, una domanda ingenua: perché una scelta dalle ricadute così rilevanti sulla programmazione dei servizi di Welfare nel Paese deve passare attraverso le leggi di Bilancio – senza peraltro che si affrontino questioni economiche – e non da una Legge di riordino della figura professionale?
La figura unica di Educatore professionale è la soluzione al problema. La formazione integrata tra le Scienze dell’Educazione e quelle Sanitarie, l’adesione per tutti all’Albo della professione, la previsione di un esame di stato affidato all’Ordine, nuovi provvedimenti di equipollenza e di equivalenza, con le dovute misure compensative, metterà chiarezza normativa e potrà rinforzare identità, competenze e campo d’azione di questo professionista che – è bene nessuno dimentichi – si deve occupare dei bisogni di salute, sociali, sanitari, che creano svantaggio nella popolazione. Buona volontà, sensibilità e buon senso, da sole non sono sufficienti per un lavoro di educazione professionale. Occorre uno sforzo della politica per immaginare le soluzioni: se lo aspettano i cittadini, lo richiedono i professionisti.