Vibo, una lastra marmorea per ricordare il capo scorta di Falcone Antonio Montinaro

Vibo, una lastra marmorea per ricordare il capo scorta di Falcone Antonio Montinaro

Un’intera ala della scuola di polizia è stata intitolata all’uomo che sacrificò la propria vita accanto al giudice Falcone, alla moglie ed agli altri agenti al suo seguito

E’ stata intitolata stamane la “Palazzina Studi” della Scuola di Polizia al capo scorta Antonio Montinaro, nel corso di una partecipata cerimonia con la presenza delle autorità militari e civili. Una lastra marmorea, collocata nell’atrio della Palazzina, ricorderà il sacrificio del giovane poliziotto e dei suoi colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo, trucidati nella strage di Capaci del maggio 1992 insieme con il giudice Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe Costanza.

“Dovete camminare nel fango, senza sporcarvi i piedi”. Straordinariamente coinvolgente e diretta Tina Montinaro, moglie del capo scorta Montinaro, intervenuta durante la cerimonia in onore del marito trucidato. “Non ci hanno fatto niente”, spiega nel suo dialetto napoletano, la “Quarto Savona quindici”, nome in codice dell’auto di scorta del giudice Falcone, non si è fermata, continuerà a macinare chilometri. “Dovete andare a fare i poliziotti, dovrete camminare nel fango senza sporcarvi i piedi”; ecco l’appello ai giovani agenti presenti nell’auditorium della Scuola, calamitati dal linguaggio diretto e coinvolgente di Tina Montinaro. Camminare nel fango senza sporcarvi i piedi, un altro modo di declinare il motto della Polizia di Stato, “Sub lege libertas”.

“L’immagine che ci appartiene è la strada”. Così il Capo della Polizia, Prefetto Gabrielli, per la terza volta a Vibo Valentia nel giro di pochi mesi, nella prestigiosa Scuola che non può e non deve chiudere. Dopo anni in cui si è ritenuto che le forze armate fossero fin troppo numerose, bloccando il turn over, si è tornati ad assumere e rinforzare gli organici. Ma ancor di più, per il Prefetto Gabrielli conta l’esempio: oggi il Paese sconta un deficit di credibilità, la credibilità delle Istituzioni, che passa attraverso il comportamento di ciascuno. Il direttore della scuola, Stefano Dodaro, ha spiegato che la Scuola deve infondere valori e virtù, non nozionisticamente, ma attraverso l’esempio e modelli di comportamenti: citando Sant’Ignazio di Antiochia, ha ricordato che “si educa molto con quello che si dice, ancora più con quello che si fa, molto di più con quello che si è”.

“Vorremmo saper fare e saper essere”: così si esprime il Questore Andrea Grassi, che “spera di avere le parole giuste e i gesti giusti”, citando lo scrittore Corrado Alvaro, quando scriveva che i calabresi vogliono essere “parlati”. Concludendo il proprio intervento, il Prefetto ricorda il giudice ragazzino Rosario Livatino, profondo credente e in odore di beatificazione, il quale soleva ripetere che al momento della morte non ci chiederanno se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili. Il capo scorta Antonio Montinaro sicuramente è stato credibile, e con questo augurio il Prefetto Gabrielli, Capo della Polizia, ha salutato e ringraziato i giovani allievi agenti.

 

 

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