Il Papa: ascoltare il popolo, ma cercando la solidarietà

 

Il Papa: ascoltare il popolo, ma cercando la solidarietà

VATICANO Nel discorso al Corpo diplomatico, Francesco sottolinea i rischi legati al riapparire di pulsioni nazionalistiche. «Il buon politico cerchi l’unità» STEFANIA FALASCA

«Alla politica è richiesto di essere lungimirante e di non limitarsi a cercare soluzioni di corto respiro. Il buon politico non deve occupare spazi, ma avviare processi; egli è chiamato a far prevalere l’unità sul conflitto, alla cui base vi è la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo e di sfida». Solo così può rispondere all’aspetto essenziale che è proprio della buona politica: quello di «perseguire il bene comune di tutti, in quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo». È questo uno dei passaggi di estrema attualità messi in rilievo all’annuale incontro del Papa con i rappresentanti del Corpo diplomatico presso la Santa Sede.

Sintesi e testo alle pagine 5, 6 e 7 Populismi, nel rispetto del diritto Nel discorso al Corpo diplomatico il Papa sottolinea i rischi legati al riapparire di pulsioni nazionalistiche lla politica è richiesto di essere lungimirante e di non limitarsi a cercare soluzioni di corto respiro. Il buon politico non deve occupare spazi, ma avviare processi; egli è chiamato a far prevalere l’unità sul conflitto, alla cui base vi è la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo e di sfida». Solo così può rispondere all’aspetto essenziale che è proprio della buona politica: quello di «perseguire

«A il bene comune di tutti, in quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo». Solo così, in ultima istanza, essa può diventare uno stile di costruzione della storia e della pace. È questo uno dei passaggi di estrema attualità messi in rilievo all’annuale incontro del Papa con i rappresentanti del Corpo diplomatico presso la Santa Sede. Un’indicazione assestata nel contesto di un messaggio che mira a orientare verso il ristabilimento della regina viarumper i governi e le principali organizzazioni internazionali al fine di ricercare soluzioni comuni: la «diplomazia multilaterale», instradata già cent’anni fa dalla Società delle Nazioni, con la quale gli Stati possono sottrarre le relazioni reciproche alle logiche degli atteggiamenti unilaterali e della «sopraffazione che conduce alla guerra». Nel suo memorabile discorso all’assemblea delle Nazioni Unite del 1965 san Paolo VI aveva tracciato le finalità della diplomazia multilaterale, le sue caratteristiche e responsabilità nel contesto contemporaneo, evidenziando anche gli elementi di contatto che esistono con la missione spirituale del Papa e dunque della Santa Sede. Sulla griglia di quell’intervento Francesco ha pertanto messo a fuoco quattro tratti essenziali che sono d’interesse vitale per una moderna diplomazia multilaterale a fronte «del riemergere di tendenze nazionalistiche, che minano la vocazione delle organizzazioni internazionali ad essere spazio di dialogo e di incontro per tutti i Paesi». A fronte delle «propensioni populistiche e nazionalistiche» che come allora prevalsero sull’azione della Società delle Nazioni e che oggi riappaiono come pulsioni che progressivamente indeboliscono il sistema multilaterale, «con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale e di una progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni». Il primo elemento della diplomazia multilaterale a cui la Santa Sede richiama è il primato della giustizia e del diritto. Citando il discorso alle Nazioni Unite di papa Montini, il suo attuale successore ha ricordato che il grande principio dei rapporti tra i popoli è quello «di essere regolati dalla ragione, dalla giustizia, dal diritto, dalla trattativa, non dalla forza, non dalla violenza, non dalla guerra, e nemmeno dalla paura, né dall’inganno». Prospettiva più stringente che mai guardando al preoccupante «riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia, anche attraverso le Corti internazionali». Atteggiamento rintracciabile oggi in quanti sono chiamati a responsabilità di governo dinanzi «al malessere che sempre più si sta sviluppando tra i cittadini di non pochi Paesi, i quali percepiscono le dinamiche e le regole che governano la comunità internazionale come lente, astratte e in ultima analisi lontane dalle loro effettive necessità». È perciò opportuno – ha affermato Francesco – che le personalità politiche ascoltino le voci dei propri popoli e che ricerchino soluzioni concrete per favorirne il maggior bene, il quale esige rispetto del diritto e della giustizia all’interno delle comunità nazionali e a quella internazionale, perché «soluzioni reattive, emotive e affrettate non contribuiranno di certo alla soluzione dei problemi più radicali, anzi li aumenteranno». Per questo un aspetto essenziale della buona politica è quello di perseguire il bene comune di tutti favorendo la pace, perché c’è un’intima relazione fra la buona politica e la pacifica convivenza fra i popoli e le nazioni. E alla politica è richiesto di essere «lungimirante e di non limitarsi a cercare soluzioni di corto respiro», esercitare il rispetto della dignità di ogni essere umano, che è una premessa indispensabile per ogni convivenza realmente pacifica e il rispetto del diritto, che costituisce lo strumento essenziale per il conseguimento della giustizia sociale e per alimentare vincoli fraterni tra i popoli.

Papa Francesco rimanda al ruolo fondamentale svolto dai diritti umani, enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, di cui si è celebrato il 70° anniversario e il cui «carattere universale, oggettivo e razionale sarebbe opportuno riscoprire», affinché non prevalgano visioni parziali e soggettive dell’uomo che rischiano di aprire la via a nuove disuguaglianze, ingiustizie, discriminazioni, violenze e soprusi. Di qui anche la questione dei migranti: «Le recenti emergenze hanno mostrato che è necessaria una risposta comune, concertata da tutti i Paesi, senza preclusioni e nel rispetto di ogni legittima istanza, sia degli Stati, sia dei migranti e dei rifugiati». Per la Santa Sede ricordando la sua adesione ai due Global Compacts sui rifugiati e la migrazione sicura, «non si può risolvere quindi la sfida della migrazione con una logica della violenza e dello scarto, né con soluzioni parziali». In questa prospettiva non secondario anche l’ultimo richiamo all’Europa e all’Italia. Il 2019 è l’anniversario della caduta del muro di Berlino. Ora che «prevalgono nuove spinte centrifughe» –ha affermato il Papa – e si rialzano nuove cortine «non si perda in Europa la consapevolezza dei benefici – primo fra tutti la pace – apportati dal cammino di amicizia e avvicinamento tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra». Quanto all’Italia che nel febbraio di novant’anni fa firmava i Patti Lateranensi dando i natali allo Stato del Vaticano, Francesco ha ricordato che con quella nascita «la Chiesa poté nuovamente contribuire appieno alla crescita spirituale e materiale di Roma e di tutta l’Italia» e ha rivolto una particolare preghiera al popolo italiano «affinché, nella fedeltà alle proprie tradizioni, mantenga vivo quello spirito di fraterna solidarietà che lo ha lungamente contraddistinto». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL FATTO Da Francesco la richiesta alla politica di essere lungimirante e di non limitarsi a cercare soluzioni di corto respiro «Il buon politico non deve occupare spazi ma avviare processi facendo prevalere l’unità sul conflitto» Papa Francesco durante l’udienza al Corpo diplomatico / Ansa Un gruppo di fedeli cinesi fra i pellegrini in piazza San Pietro / Ansa

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