Quello organizzato dall’associazione “Ave-Ama”, in collaborazione con il Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro e con il Dipartimento della Salute Mentale di Catanzaro, è stato il primo percorso formativo per volontari che daranno supporto alle strutture territoriali ed alle famiglie nella cura dei pazienti psichiatrici. Negli otto incontri che si sono tenuti presso la sede del Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro, i circa venti partecipanti sono potuti venire a conoscenza – dalla viva voce degli psichiatri Sandro Tagliamonte, Giuseppe Stranieri, Fulvio Brescia, Gregorio Corasaniti e Franco Lamonica, e della stessa presidente dell’associazione promotrice dell’iniziativa, Anna Cristallo, nonché del socio-volontario Domenico Bombara – dei mille aspetti del disturbo mentale, per cui non esiste una categorizzazione vera e propria.
Tutto il percorso formativo è stato concepito, del resto, con lo scopo di abbattere lo stigma che gravita attorno al disagio di natura mentale, ignorato dai più. Grandi passi avanti per la trattazione della materia sono stati compiuti in questi anni con l’equiparazione del disturbo mentale a tutte le altre malattie (tant’è che ora i servizi psichiatrici di diagnosi e di cura si trovano all’interno degli ospedali, non più in luoghi esterni), e con varie campagne tese a promuovere la salute mentale ed a conoscerla evitando l’insorgenza di pregiudizi inutili. Ma la comunità non è ancora informata sui sintomi di un disagio latente, che può trasformarsi in una crisi da gestire, né sui servizi territoriali chiamati ad elaborare il piano terapeutico della persona, che è sempre individuale e richiede il coinvolgimento di più soggetti (SPDC – Servizio psichiatrico di Diagnosi e di Cura, Centro di Salute Mentale, Centri Diurni e famiglie).
Senza trascurare, poi, il ruolo che può essere assunto da volontari motivati in un’azione di squadra diretta a fornire risposte adeguate in campo giudiziario. Specie ora che, con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, nelle Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) che vanno a sostituirli (con l’auspicio che non si trasformino in mini “Opg”), si ripresenta la necessità di avvalersi di volontari opportunamente formati attraverso i quali adoperarsi per il recupero ed il reinserimento sociale dei detenuti psichiatrici.
La presenza dei volontari, del resto, restituisce quel contatto umano nel percorso di cura che spesso viene ad essere trascurato e che è un requisito fondamentale per guardare alla persona nella sua complessità e non alla malattia, così come affermava Basaglia. L’auspicio, dunque, è che al termine del corso di formazione i volontari, ai quali è stato consegnato un attestato di partecipazione, possano essere messi in grado di affiancare l’equipe multidisciplinare nei centri diurni e nei servizi psichiatrici ospedalieri per ridare “umanità” al trattamento. E non è un caso che la conclusione del corso sia stata poi affidata alle immagini del film “Si può fare”, esemplificazione di come un trattamento basato sull’amore possa essere possibile.
Ufficio stampa CSV Catanzaro