In Italia 600 mila malati di Alzheimer, l’assistenza costa 11 miliardi di euro

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Ricerca Censis-Aima. Nella metà dei casi se ne occupano i figli, il 38% ha il supporto di una badante: di questi il 18% vive da solo con essa. Il 73% dei costi diretti per l’assistenza è a carico delle famiglie: la spesa media annua per paziente è di 70.587 euro (compresi i costi del Ssn e quelli diretti e indiretti).

ROMA – In Italia, paese più longevo d’Europa con 13,4 milioni gli over60, sono 600 mila i malati di Alzheimer e sono destinati ad aumentare. Lo rileva la ricerca realizzata dal Censis con l’Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer) che ha analizzato l’evoluzione negli ultimi sedici anni della condizione dei malati e delle loro famiglie. I costi diretti dell’assistenza ammontano a oltre 11 miliardi di euro, di cui il 73% a carico delle famiglie, con un costo medio annuo per paziente di 70.587 euro, comprensivo dei costi a carico del Servizio sanitario nazionale, di quelli che ricadono direttamente sulle famiglie e dei costi indiretti (gli oneri di assistenza che pesano sui caregiver, i mancati redditi da lavoro dei pazienti,).

Se l’età media dei malati di Alzheimer è di 78,8 anni, i caregiver impegnati nella loro assistenza hanno in media 59,2 anni e dedicano al malato mediamente 4,4 ore al giorno di assistenza diretta e 10,8 ore di sorveglianza. Il 40% dei caregiver, inoltre, pur essendo in età lavorativa, non lavora e rispetto a dieci anni fa tra loro è triplicata la percentuale dei disoccupati (il 10% nel 2015, il 3,2% nel 2006). Oltre la metà dei caregiver occupati segnala cambiamenti nella vita lavorativa, soprattutto legati alle assenze ripetute (37,2%); le donne occupate indicano più frequentemente di aver richiesto il part-time (26,9%). L’impegno del caregiver determina conseguenze anche sul suo stato di salute, in particolare tra le donne: l’80,3% accusa stanchezza, il 63,2% non dorme a sufficienza, il 45,3% afferma di soffrire di depressione, il 26,1% si ammala spesso.

Pur essendo sempre i figli dei malati a prevalere tra i caregiver, in particolare per le pazienti femmine (in questo caso sono il 64,2%), negli ultimi anni sono aumentati i partner, soprattutto se il malato è maschio. “Questo dato spiega anche l’aumento della quota di malati che vivono in casa propria, – spiega il rapporto – in particolare se soli con il coniuge o soli con la badante (aumentati dal 12,7% al 17,7%). A questa figura fa ricorso complessivamente il 38% delle famiglie, garantendo ai famigliari una maggiore disponibilità di tempo libero.

Diminuisce del 10% rispetto al 2006 il numero dei pazienti seguiti da una Uva o da un centro pubblico (56,6%). Quando la patologia è più grave il dato è ancora più basso (46%). Si abbassa leggermente anche la percentuale di pazienti che accedono ai farmaci specifici per l’Alzheimer: dal 59,9% al 56,1%. Ed è diminuito il ricorso a tutti i servizi per l’assistenza e la cura dei malati di Alzheimer: centri diurni (dal 24,9% al 12,5% dei malati), ricoveri in ospedale o in strutture riabilitative e assistenziali (dal 20,9% al 16,6%), assistenza domiciliare integrata e socio-assistenziale (dal 18,5% all’attuale 11,2%). Ampio è invece il ricorso all’assistenza informale privata: i malati che possono contare su una badante sono il 38%. Alla badante si fa ricorso principalmente utilizzando il denaro del malato (58,1%). Ma rispetto al passato emerge il peso inferiore delle risorse del malato (nel 2006 rappresentavano l’82,3% delle risorse destinate alle badanti), che appaiono bilanciate da un più ampio ricorso all’indennità di accompagnamento e al denaro dei figli o del coniuge.

Fonte  Redattore Sociale

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