In 110 mila soffrono di sclerosi multipla, una diagnosi ogni 3 ore

Si tratta di un numero significativamente maggiore a quello stimato finora. Ogni anno si registrano 3.400 nuove diagnosi, nella maggioranza dei casi giovani fra i 20 e i 40 anni. Sono alcuni dei dati che emergono dal “Barometro della Sclerosi Multipla 2016”, un nuovo strumento messo a punto dall’Aism.

Roma – Circa 110 mila italiani convivono con la sclerosi multipla, un numero significativamente maggiore a quello stimato finora. Ogni anno si registrano 3.400 nuove diagnosi, nella maggioranza dei casi giovani fra i 20 e i 40 anni: 1 nuova diagnosi ogni 3 ore. Sono alcuni dei dati che emergono dal “Barometro della Sclerosi Multipla 2016”, un nuovo strumento messo a punto dall’Aism e dalla sua Fondazione in grado “di misurare la realtà di questa complessa condizione e di mettere a fattor comune informazioni provenienti da diverse fonti collocandole all’interno di un disegno unitario e rigoroso per fotografare l’oggi, identificare i gap esistenti nella cura, i livelli di assistenza, i diritti formalmente riconosciuti, così da progettare le linee di intervento future sulla base delle evidenze”.

L’indagine ha consentito di definire in maniera più rigorosa anche i costi legati alla malattia. “Il costo medio annuo per persona con Sm – hanno proseguito gli esperti – ammonta a 45 mila euro per un totale di quasi 5 miliardi di euro all’anno in Italia, a cui si aggiungono i costi intangibili stimati come oltre il 40% dei costi totali. Un impatto economico che aumenta al progredire della gravità della patologia: da circa 18 mila euro nelle prime fasi della malattia a 84 mila euro per malati gravissimi. Il 70% di chi ha una disabilità grave riceve aiuto solo famiglia. I costi sanitari a carico del Ssn rappresentano il 34% del totale; i costi non sanitari, invece, prevalentemente a carico di persone e familiari sono il 37% del totale. A causa della malattia l’onere economico per perdita di produttività è pari a 13 mila euro l’anno per persona, corrispondente a 13 settimane lavorative/anno”.

La stima, nello specifico, è stata calcolata dall’Aism assumendo come riferimento per l’intero territorio nazionale una media dei dati di prevalenza e incidenza più recenti, disponibili per alcune aree italiane, e tenendo conto dei dati amministrativi relativi alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale tenuti dalla Regioni (attraverso il codice di malattia o il tesserino del codice fiscale). Tale stima si basa anche sull’osservazione che ogni anno vengono diagnosticate nuove persone giovani, che vivranno molti anni, e nel contempo muoiono poche persone con Sm prevalentemente grave.

“La sclerosi multipla, come emerge chiaramente dal ‘Barometro’ – ha commentato Angela Martino, presidente della Conferenza persone con Sm dell’Associazione italiana Sclerosi Multipla – è un’autentica emergenza sanitaria e sociale. Per rendere concreti i diritti delle persone con sclerosi multipla è urgente intervenire sulle politiche sanitarie rafforzando la garanzia di livelli essenziali per la diagnosi, cura, assistenza; strutturando e valorizzando la rete dei centri per la presa in carico; sostenendo la ricerca scientifica e sanitaria per un ritorno diretto sulla nostra qualità di vita. Queste le priorità dell’Agenda della Sclerosi Multipla 2020 – ha concluso – che chiediamo alle istituzioni di fare proprie già per il 2016-2017”.

Solo sei regioni con percorsi dedicati. C’è una profonda disparità di trattamento e presa in carico delle persone con Sclerosi Multipla sul territorio nazionale. Solo 6 Regioni (Sicilia, Veneto, Toscana, Lazio, Emilia Romagna e Puglia) hanno infatti adottato l’applicazione nelle aziende e nei territori di Pdta (Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali), mentre altri 7 sono in corso di elaborazione o in fase di avvio (Lombardia, Sardegna, Umbria, Campania, Calabria, Friuli Venezia Giulia e Liguria).
“In Italia c’è una profonda disparità di trattamento e presa in carico delle persone con Sclerosi Multipla – hanno fatto sapere gli esperti – mancano linee guida e standard nazionali, si nota una accentuata separazione tra ospedale e territorio e tra sistema sanitario e servizi sociali, fortissimi sono gli squilibri tra Regioni e territori nell’accesso ai farmaci, ai servizi, agli ausili. Basti pensare che il 70% di chi ha una disabilità grave riceve aiuto solo dalla famiglia”.

Nei centri clinici 1 neurologo ogni 300 pazienti. La distribuzione sul territorio nazionale dei centri clinici specializzati per la Sclerosi Multipla è disomogenea, cosicché alcune persone che si trovano in questa condizione sono costrette a percorrere lunghe distanze per ottenere il farmaco e i periodici esami e controlli. È un altro allarme lanciato dal “Barometro della Sclerosi Multipla 2016”.
“Nei 249 centri clinici neurologici di riferimento per la Sm – hanno fatto sapere gli esperti – vengono seguite oltre 80 mila persone, cui sono dedicati 500 neurologi e oltre 400 infermieri. I neurologi strutturati all’interno dei centri sono pari a 1 ogni 300 pazienti seguiti; il numero dei neurologi non aumenta in proporzione anche quando il numero dei pazienti raddoppia, e ci sono centri che seguono oltre 2 mila pazienti”.

Si legge ancora nel “Barometro”: “Si va da 1 neurologo strutturato ogni 100-300 pazienti a 2,6 neurologi oltre i 1000 pazienti. Se consideriamo il ruolo determinante del neurologo nel percorso diagnostico terapeutico- ssistenziale, e il fatto che il centro clinico costituisce il principale e spesso unico riferimento per la persona con Sm, è evidente come il rapporto numerico risulti assolutamente inadeguato e rappresenti una forte criticità nel garantire, pur nella disponibilità e nel riconosciuto impegno degli operatori, quel livello di presa in carico e di continuità di relazione tra medico e paziente alla base della costruzione di percorsi di cura efficaci e adeguati”.

Analogo discorso emerge per le figure degli infermieri, dove addirittura il rapporto tra infermiere dedicato alla Sclerosi Multipla (presente nel 96% delle strutture) e paziente è pari “a 1 a 195, dato che oscilla tra 1 a 101 nei centri più piccoli e tra 1 e 1.172 nei grandi centri in relazione al crescere del volume dei pazienti seguiti. Ma, anche in questo caso, al crescere del volume dei pazienti – hanno concluso gli esperti – non corrisponde un incremento proporzionale delle figure e del tempo dedicato”. (DIRE)
Fonte Redattore Sociale

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