Sono passati undici mesi dall’approvazione della legge 112/2016: cosa è cambiato? La legge è attuata? E quanto manca perché lo sia? Dobbiamo parlare di fallimento? È vero, nessun progetto ad oggi è partito, le famiglie ancora non conoscono la legge e i tempi per tutti gli adempimenti sono stati troppo lunghi. Ma l’infrastruttura necessaria per avviare la legge ora è a buon punto, due terzi delle Regioni hanno già ricevuto i fondi e nel giro di poche settimane potranno partire i bandi.
Che ne è della legge sul dopo di noi a quasi un anno dalla sua approvazione? Cominciamo col mettere in fila le date: la legge 112 è stata approvata il 14 giugno 2016. In Gazzetta Ufficiale è arrivata il 24 giugno 2016 ed è in vigore dal giorno successivo. Il 10 novembre 2016 Stato e Regioni hanno approvato il riparto dei fondi (90 milioni per il 2016). Il decreto attuativo è stato firmato il 23 novembre 2016 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 febbraio 2017: tre mesi dopo, si poteva fare meglio. Entro il 28 febbraio le regioni dovevano presentare i piani regionali di attuazione della legge: l’hanno fatto, qualcuna più rapidamente, qualcuna in maniera più innovativa (la Puglia pare aver presentato un piano interessante), qualcuna restando più vincolata ai servizi già esistenti. Il 20 aprile il Ministero aveva esaminato tutti i piani regionali e versato i fondi alle Regioni che hanno avuto il piano approvato. Alle altre ha inviato raccomandazioni (ad esempio la Sardegna, che si è riunita settimana scorsa per lavorarci) o chiesto integrazioni. Un quotidiano oggi ha parlato di «fallimento della legge sul dopo di noi», raccontando le vicende di famiglie che non hanno visto cambiare una virgola nelle loro esistenze in questo anno e che della legge nemmeno sanno: la legge che doveva cambiare tutto, non ha cambiato niente. Lo sconforto delle famiglie è comprensibile, rispetto anche ai proclami fatti. Un anno fa l’aspettativa diffusa era certamente che dodici mesi dopo qualcosa di nuovo, di concreto, ci sarebbe stato. Non è così: un po’ per i passaggi istituzionali e il concerto con le Regioni, un po’ perché si tratta di un cambiamento di approccio. Nei fatti nessun progetto è partito, nessun intervento finanziato. «Non mi sono mai illuso che una legge potesse cambiare una cultura arretrata, quella che mi fa leggere negli sguardi altrui sempre lo stesso pensiero: “ma perché non lo metti da qualche parte e vivi il meglio possibile la tua vita?”. Ogni volta che mi corico penso che il mio primo dovere è svegliarmi l’indomani», ha scritto ad esempio Gianluca Nicoletti. Ma che punto siamo, davvero?
Due terzi delle Regioni hanno già ottenuto i fondi
«Ad alcune regioni, tra cui la Campania sono state chieste delle integrazioni da parte del Ministero e, una volta presentate, potranno essere trasferiti 9 milioni di euro. Ad oggi circa due terzi delle Regioni hanno ottenuto i fondi previsti dalla legge, si confida di poter procedere all’erogazione di tutte le risorse entro la fine del mese», afferma Elena Carnevali, deputata Pd, che era stata relatrice della legge alla Camera. «Parlare di fallimento di una legge entrata in vigore da poco meno di un anno e che chiama in causa la responsabilità di Regioni ed Enti locali, non aiuta il cambiamento culturale e la faticosa progettazione che ci permetterebbero di uscire dalla logica basata esclusivamente sulle prestazioni. Tutti gli strumenti attuativi richiesti per rendere operativa la cosiddetta legge sul ‘dopo di noi’ sono stati approvati», ha ricordato. «Il dolore e la fatica dei familiari di persone con disabilità devono essere riconosciuti e devono poter contare sui servizi diurni e su spazi occupazionali e ricreativi». Le Regioni devono ora emettere le loro DGR (la Lombardia ad esempio potrebbe essere pronta a fine maggio): «Non difendo la legge ad ogni costo, ma continuo ad essere convinta che questa legge ci consente di iniziare un percorso diverso da quello che fino ad oggi abbiamo avuto, che prevedeva come unica risposta – lo dicono i dati – l’istituzionalizzazione. Non avremo la soluzione per tutti nel giro di poco tempo, ma abbiamo iniziato a strutturare un modello diverso da quello prestazionistico». L’altro elemento da valorizzare per Carnevali è quello della corresponsabilità con le Regioni, con l’obiettivo di arrivare a definire dei Lea che diano l’esigibilità del diritto: «la scelta era tra non fare nulla perché di fatto non abbiamo le risorse per tutti oppure apprezzare lo sforzo che chiama alla corresponsabilità istituzionale, avviare un cammino che ci porta a una realtà diversa. Piano piano, perché siamo in ritardo di anni. Vero è che il Paese che “infrastrutturato” in modo diverso, con alcune aree territoriali che hanno molte carenze».
Palla in mano alle Regioni
Giuseppe Arconzo insegna diritti delle persone con disabilitò all’Università Statale di Milano, l’unica cattedra in Italia su questa materia, ed è delegato del rettore per la disabilità. Con il Comune di Milano sta ragionando sulla nascita di una Fondazione per il Dopo di Noi. «L’iter per l’attuazione della legge è stato abbastanza lungo ma non patologico. I temi sollevati dall’articolo però sono veri, in particolare l’assenza di dati sulle persone con disabilità, è una pecca clamorosa del nostro sistema di welfare che comporta di fatto l’impossibilità di fare investimenti e piani a lungo periodo, questo è il vero problema, che riguarda l’intero welfare per le persone con disabilità, non solo il dopo di noi. Qualcosa in più si poteva certamente fare sulla comunicazione», spiega, ricordando che la campagna di comunicazione e informazione prevista dalla legge non si è vista. «Non condivido invece il timore che “nessuno controllerà” come verranno utilizzati i fondi. La legge e il decreto mettono in capo alle Regioni un forte compito, di programmazione e di individuazione delle modalità per selezionare i progetti da finanziare e anche per revocare i finanziamenti. Davvero qui sono le Regioni a dover prevedere forti elementi di controllo al finanziamento e agli scopi perseguiti dalla legge, che nel testo sono molto ben evidenziati, direi anzi che è la prima volta che si affronta in modo così avanzato il diritto alla vita indipendente per come è sancito dalla Convenzione Onu, è un passaggio culturale forte… È previsto il coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza nella definizione degli indirizzi di programmazione ed erogazioni, è una garanzia per evitare che i fondi finiscano ad alimentare ancora la segregazione ancora».
Creare cultura, questo processo è già partito
«Servivano due fasi per l’attuazione, un decreto per definire i requisiti di accesso e poi le Regioni che dovevano definire le modalità di accesso, è vero, ma il processo di attuazione della legge, i tempi degli adempimenti, sono stati troppo lenti, questo dobbiamo dirlo, dall’approvazione della legge è passato ormai un anno», ammette Annamaria Parente, senatrice Pd e relatrice per la legge in Senato. «Con altrettanta convinzione però voglio dire che non è vero che in questo anno non è successo niente e non è cambiato niente: questa è una legge di altissimo valore sociale e culturale, sta creando cultura su quel tema delicato che è l’avvio dei percrosi di autonomia per persone con disabilità. Le famiglie ci stanno ragionando, tanti assessori si stanno preparando – ricordiamo che fino ad oggi di progetti di vita idnividualizzati previsti dalla legge 328 del 2000 se ne facevano pocchissimi – il mondo dei professionisti si è mosso per informare e diffondere modelli e ricordiamo che la legge dà una cornice a esperienze già esistenti, nell’ottica della sussidiarietà orizzontale». Questa mattina la senatrice era con 300 ragazze e ragazzi della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano proprio per parlare dell’attuazione della legge sul dopo di noi: «Uno studente è intervenuto per dire che c’è sfiducia rispetto al pubblico e che i privati che con le loro risorse potrebbero incrementare il fondo nazionale pubblico in realtà hanno sfiducia. Ecco, la legge serve anche a questo, a smussare questo clima di sfiducia».
La campagna informativa
A fine dicembre Roberto Speziale, presidente di Anffas, indicava la road map per rendere davvero operativa la legge nel 2017. Le DGR e i bandi delle Regioni sono ancora da venire, come pure il tema della verifica degli esiti delle misure finanziate e il rendere le persone con disabilità, le loro famiglie e chi è vicino alle stesse consapevoli dei nuovi strumenti e delle nuove possibilità. «Il cambiamento non può esserci se le persone con disabilità con il supporto ed il sostegno della famiglia o di chi le protegge giuridicamente (tutore, curatore, amministratore di sostegno) non chiedono il progetto individuale e se non si crede al protagonismo della persona con disabilità», spiegava Speziale. «Occorre anche rendere informate le famiglie su come essere co-protagonisti nella costruzione del progetto di vita, lasciando loro anche la possibilità di partecipare alla costruzione di tutto ciò con le loro risorse, mettendo, ad esempio, a disposizione proprio la casa di abitazione dove la persona con disabilità continuerà a vivere o facendo un trust. Manca ancora, quindi, una campagna informativa che si rivolga alle persone con disabilità ed alle loro famiglie e dica loro “Sai che hai diritto a un progetto individuale? A un budget di progetto? Sai che la persona con disabilità insieme al tuo supporto e sostegno ha diritto a progettare il suo futuro?”». Nulla di ciò in questi mesi c’è stato. «Noi abbiamo fatto moltissimi eventi sul territorio per informare le famiglie, solo in Lombardia ci sono stati 15 eventi in un mese, domani io sarò Cagliari, nel week end a Macerata… manca una comunicazione istituzionale, una campagna informativa. Il vulnus che emerge dall’inchiesta è questo, le famiglie dimostrano una non conoscenza legge e danno una rappresentazione negativa di qualcosa che è in parte la soluzione ai problemi che pongono. La legge è complessa perché il problema è complesso, non puoi dare una soluzione semplice. Ma a chi oggi dice che la legge 112 non è una risposta organica al percorso durante e dopo di noi, io chiedo cosa altro c’è di meglio», spiega ora Roberto Speziale. «L’attuazione concreta della legge parte in queste settimane, finora c’è stata la fase necessaria per strutturare il tutto. Ora però le regioni hanno avuto una valutazione dei loro piani e alcune hanno già i fondi, il Ministero ha dato indicazioni precise, avevamo chiesto di vigilare per non consentire alle regioni di distaccarsi da obiettivi leggi, devo dire che il ministero ha fatto una valutazione non superficiale dei piani. In linea di massima le Regioni hanno detto che gireranno le risorse ai distretti sociosanitari, dando indicazioni per i bandi: a breve le famiglie e le organizzazioni potranno presentare i progetti. La cosa che a sistema dobbiamo monitorare è che vengano non solo istituite le unità di valutazione multidimensionali previste ma che esse siano formate: la vera criticità è questa, chi farà il progetto di vita. Sappiamo che in Italia spesso è questo il punto di caduta. Sara De Carli
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