Smontare luoghi comuni: il “manuale” della Fondazione con in Sud

Le illustrazioni richiamano quelle del noto marchio svedese di arredamento, ma stavolta servono per ribaltare i più comuni stereotipi sul Sud Italia. È l’originale Bilancio di missione 2016 della Fondazione pubblicato in questi giorni. Borgomeo: “L’unico percorso possibile di sviluppo parte dalla coesione sociale, dalla ricerca delle identità comunitarie e la valorizzazione dei beni comuni”.

ROMA – Un manuale per smontare i luoghi comuni, con tanto di illustrazioni pratiche e nomi che richiamano il noto marchio svedese di arredamento, ma che in realtà sono termini dialettali propri del Sud. Colpisce ancora una volta per originalità, il Bilancio di missione 2016 del Fondazione con il Sud dal titolo “Smontiamo luoghi comuni”, approvato a maggio di quest’anno e ora online (http://www.bilanciodimissione.it/2016/) in una versione adatta a desktop e dispositivi mobile. Un bilancio che fa anche il punto sui primi dieci anni di attività della Fondazione. “L’intuizione dei Fondatori, Fondazioni di -origine bancaria e rappresentanze del terzo settore e del volontariato, si è dimostrata vincente – spiega Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud -: puntare all’obiettivo della infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno; realizzare un modello di intervento innovativo che ascoltasse e premiasse la domanda tramutando la competizione tra soggetti, rispetto a possibili finanziamenti, in una costante promozione della cultura e della prassi di rete; non assecondare mai una logica di “vittimismo” rivendicativo, si sono dimostrati obiettivi perseguibili, pur tra molte difficoltà e qualche contraddizione”. Dieci anni di bandi che hanno sostenuto progetti e storie positive “sempre più numerose e meno eccezionali”, continua Borgomeo, che testimoniano come in molti territori “l’unico percorso possibile di sviluppo sia quello che parte dalla coesione sociale, dalla ricerca delle identità comunitarie, anche attraverso la valorizzazione di beni comuni – aggiunge -. Oltre mille progetti (di cui 183 nel 2016), cinque Fondazioni di Comunità, centinaia di giornate di formazione rivolte a responsabili e quadri del terzo settore meridionale, costituiscono un patrimonio ancora insufficiente in termini quantitativi, ma certamente assai visibile e riconosciuto nei territori”. Solo nel 2016, inoltre, sono stati erogati 23 milioni di euro e sono stati conclusi tre bandi sul volontariato, il bando socio-sanitario, il bando per il capitale umano ad alta qualificazione, mentre sono continuati gli interventi promossi da progetti in “cofinanziamento” e da partenariati istituzionali. Un impegno che, in questi 10 anni, ha visto erogazioni per un totale di ben 176 milioni di euro.
Un Bilancio di Missione ricco di dati, anticipati da sei tavole che riassumono per immagini stereotipi smontati da dieci anni di iniziative. La prima vignetta si intitola SÒTTËNCOPPA e smonta il primo luogo comune: “Lo sviluppo viene dall’alto”. Con oltre 6 mila organizzazioni e più di 280 mila cittadini coinvolti nelle più di mille iniziative in questi dieci anni “abbiamo sostenuto soprattutto la fiducia, il coraggio, la capacità di fare rete, la sperimentazione nei territori – spiega la Fondazione -. In altre parole, abbiamo sostenuto l’idea che lo sviluppo non viene da “altrove” e che non serve “aspettarlo”. Lo sviluppo viene dalle responsabilità dei territori e dalla costruzione di comunità solide e mature”. Ed è così che la Fondazione ha attivato sperimentazioni di sviluppo locale destinando 5 milioni di euro per ogni area. “Attualmente le iniziative interessano i territori di Castelbuono e Isnello nelle Madonie in Sicilia e quelli di Guspini e Arbus in Sardegna – continua il testo -. Il processo di sviluppo che si sperimenta è quello della progettazione partecipata attivando, attraverso le organizzazioni del terzo settore locale, tutti gli attori della comunità avviando un percorso più lento di quello che solitamente siamo abitati a conoscere, ma con risultati concreti duraturi”.

ACCABBÅDDA. Al Sud è tutta una mafia. A smontare questa convinzione ormai lo dicono i fatti di cronaca. La mafia è radicata anche al Nord. Sono tante, però, le esperienze attivate che dimostrano che al Sud non è tutta una mafia. “Abbiamo sostenuto 39 interventi su 50 beni confiscati alle mafie al Sud, attraverso due bandi e altre iniziative – spiega la Fondazione -. Nel 2017 si sono aggiunti altri 17 progetti relativi alla terza edizione del bando beni confiscati, per una valorizzazione soprattutto in chiave economica. Ville, locali, appartamenti e terreni confiscati ospiteranno ostelli, ristoranti, agriturismi e sartorie sociali, incubatori di impresa, centri culturali. Non solo simboli di legalità, ma imprese sociali e attività aperte alla comunità che se ne riappropriano quotidianamente. Il contrasto alle mafie passa, anche e soprattutto, dal fronte economico”.
SPÀRDARÏ. Al Sud si sprecano i soldi. In questo caso, più che il luogo comune, è da combattere “l’atteggiamento rassegnato”. Nonostante l’innegabile esistenza di sprechi, per la Fondazione non è ovunque così. “Il primo passo da fare è stringere un patto sincero con le comunità, offrendo fiducia e avviando processi aperti alla partecipazione, accessibili ma con rigorosi e continui sistemi di monitoraggio e di verifica dei risultati – spiega la Fondazione -. In questi dieci anni abbiamo messo a punto un sistema di monitoraggio specifico che permette di rendere conto dell’andamento della maggior parte delle iniziative finanziate, con l’obiettivo di improntare la gestione delle nostre attività a criteri di efficienza, efficacia e soprattutto alla massima trasparenza nei confronti degli stakeholder”.
MÄRAMì. Il welfare è solo un costo. In questo caso, spiega la Fondazione, bisogna “ribaltare” la convinzione che il welfare sia un lusso, ma avverte: “il welfare state, così come lo abbiamo conosciuto finora, difficilmente ritornerà”. C’è bisogno dello Stato, spiega il testo, “ma con un ruolo diverso, più aperto alla partecipazione delle comunità locali e dei cittadini già nella fase delle scelte strategiche e il terzo settore è certamente un attore strategico. Si possono avviare servizi migliori, più vicini alle reali esigenze del territorio, evitare tanti sprechi ed essere più efficienti e giusti”. Un esempio di questo impegno è il progetto “Luci è libertà”, della Fondazione di Comunità di Messina che ha promosso il reinserimento sociale di una sessantina di ex detenuti dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto. “Con la stessa somma sostenuta dallo Stato Italiano per il ricovero in comunità terapeutica di un ex internato (70 mila euro l’anno) – spiega la Fondazione -, il programma sostiene il suo reinserimento sociale per 20 anni (per un “costo” di 3.500 euro l’anno). E, nel tempo, la persona è messa nelle condizioni di sostenersi da sé”. L’ultimo stereotipo da smontare ha un nome salentino. CÀPÖKA. Il divario tra Nord e Sud è questione di Pil, ma questa volta è una sfida per tutta la comunità. Secondo la Fondazione, questo divario “è stato sempre fatto coincidere con il gap di reddito tra le due aree, riducendo il tutto alle differenze di Pil”. Tuttavia, esistono altri divari misurabili, come gli ospedali, scuole, servizi, disoccupazione giovanile e femminile, e in generale le condizioni di vita soprattutto nelle grandi periferie meridionali, che messe insieme raggiungono milioni di abitanti. “Proviamo a smontare il grande luogo comune che ci presenta il seguente schema – spiega la Fondazione -: prima viene lo sviluppo economico e poi, se avanzano risorse, anche tutto il resto. Proviamo a ribaltarlo, rivedendo le priorità e mettendo al centro la coesione sociale e la comunità. Queste sono le premesse, le pre-condizioni dello sviluppo e non il loro effetto”.(ga)
Fonte Redattore Sociale

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