“Lettera alla scuola”: sempre più bambini in povertà assoluta

Presentato questa mattina a Roma l’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the children: dati e documenti sulle disuguaglianze sociali che continuano a riflettersi sul rendimento degli alunni. Più di un milione i minori in povertà assoluta, a 11 anni il primo smartphone mentre sei ragazzi su 10 non leggono libri.
ROMA – Cresce in Italia il numero di bambini in povertà assoluta: 1 su 8 vive in questa condizione, il 14% in più rispetto all’anno precedente. E’ uno dei dati più significativi dell’ottavo Atlante dell’infanzia a rischio “Lettera alla scuola” di Save the Children, pubblicato da Treccani, che sarà disponibile nelle librerie italiane da fine novembre. L’Atlante, presentato questa mattina presso la Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica a Roma, propone un percorso in sei capitoli attraverso la scuola italiana con l’obiettivo di osservare e ascoltare il nostro sistema scolastico dalla prospettiva degli studenti e, in particolare, di coloro che vivono ai margini rischiando, oggi come cinquant’anni fa, di venire espulsi (anche) dalla scuola. Tra i temi analizzati oltre a quello della povertà, anche la disuguaglianza sociale, il rendimento scolastico e l’incidenza di internet nei bambini. Povertà, diseguaglianza sociale e rendimento scolastico. Secondo Save the children, i minori in povertà assoluta sono 1.292.000 e la diseguaglianza sociale condiziona il rendimento scolastico, con oltre 1 quindicenne su 4 bocciato in contesti socio-economici svantaggiati. Ogni anno oltre 130 mila ragazzi sono a rischio dispersione scolastica e l’abbandono continua a essere tra le sfide maggiori per la scuola italiana. In un’Italia in cui le famiglie con minori in povertà assoluta in dieci anni sono quintuplicate, che si trova a fare i conti con gli effetti della recessione sulla motivazione dei giovanissimi e che è sempre più vecchia, con oltre 165 anziani ogni 100 bambini, alunni e studenti spesso non trovano nella scuola risposte efficaci alle sfide di oggi (fonte Ocse).
Nel sistema scolastico nazionale le diseguaglianze sociali continuano a riflettersi sul rendimento degli alunni. Secondo fonti Ocse, negli istituti con un indice socio-economico-culturale più basso, infatti, più di 1 quindicenne su 4 (il 27,4%) è ripetente, mentre negli istituti con indice alto la quota scende quasi a 1 su 23 (il 4,4%). Uno studente di quindici anni su 2 (il 47%) proveniente da un contesto svantaggiato, inoltre, non raggiunge il livello minimo di competenza in lettura, otto volte tanto rispetto a un coetaneo cresciuto in una famiglia agiata. Tra i bambini e i ragazzi che vivono in condizioni di disagio è ancora elevato il rischio di dispersione scolastica: nelle scuole secondarie di secondo grado il tasso di abbandono in un anno è stato del 4,3%, pari a 112.000 ragazzi, mentre in quelle di primo grado il tasso scende all’1,35%, che corrisponde a 23.000 alunni.
Da quanto emerge dai dati Istat (elaborazioni per Save the children), in Italia vivono 669.000 famiglie con minori in condizione di povertà assoluta che, una volta sostenuti i costi per la casa e per la spesa alimentare, possono spendere solo 40 euro per la cultura e 7.60 per l’istruzione al mese. È un fenomeno che investe tutto il paese: i bambini in tale situazione – 1.292.000, il 14% in più in un anno – rappresentano il 12,5% del totale dei minori (il 12% al Nord, l’11,6% al Centro, il 13,7% al Mezzogiorno). L’inasprimento delle condizioni di povertà ha colpito, soprattutto, le famiglie numerose, con genitori giovani, di recente immigrazione. Una famiglia di origine straniera con bambini su tre vive in povertà assoluta. Il peggioramento della situazione economica è confermato dall’incremento dei minorenni in povertà relativa che nel 2016 hanno raggiunto il 22,3% (+20,2%). La correlazione tra la condizione socio-economica e il successo (o l’insuccesso) scolastico in Italia è più forte che altrove: nelle scuole che presentano un indice socio-economico basso l’incidenza di ripetenze rispetto alle scuole con un indice elevato è 23 punti percentuali maggiore, laddove la differenza media nei paesi Ocse è del 14,3%. L’Ocse calcola poi che in Italia la probabilità di ripetenze aumenta per i maschi (+104%) e per gli alunni di origine migrante (+117%).
“Negli ultimi decenni il quadro dell’infanzia in Italia ha subito trasformazioni epocali alle quali la scuola ha dovuto fare fronte” ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia Europa di Save the Children. “La denatalità ha comportato la perdita di un terzo della popolazione in età dell’obbligo scolastico; le rivoluzioni culturali e tecnologiche, così come l’ingresso di un milione di bambini di origine migrante nel sistema scolastico, hanno rappresentato una grande sfida di cambiamento per la scuola. Nel frattempo, per effetto della recessione, nuove povertà economiche e educative sono tornate a minacciare il futuro dei bambini. Davanti a queste vere e proprie rivoluzioni, la scuola italiana è stata spesso lasciata sola, non sorretta da risorse adeguate e politiche lungimiranti per poter reggere il passo dei tempi. In un paese segnato da grandi squilibri territoriali, l’Italia non ha mai sperimentato un dispositivo nazionale per sostenere le scuole nei contesti più svantaggiati”.
Disconnessi culturali e ultraconnessi. Save The Children nel suo Atlante pone l’accento anche sull’accesso dei bambini alle attività culturali. Un fattore quest’ultimo che è strettamente correlato alle condizioni socio-economiche delle famiglie: all’aumento delle povertà economiche sono corrisposte infatti anche nuove povertà educative. Molti bambini non hanno accesso a attività culturali, dai dati Istat emerge infatti che sei ragazzi su 10 (il 59,9%) tra i 6 e i 17 anni non arrivano a svolgere, in un anno, quattro delle seguenti attività culturali: lettura di almeno un libro, sport continuativo, concerti, spettacoli teatrali, visite a monumenti e siti archeologici, visite a mostre e musei, accesso a internet.
Mentre i bambini in condizioni svantaggiate non accedono mai, in un anno, al web, c’è una folta schiera di ultraconnessi: in Italia quasi 1 quindicenne su 4 (23,3%) risulta collegato a internet più di 6 ore al giorno, ben al di sopra della media Ocse ferma al 16,2%. L’età in cui un bambino riceve il primo smartphone è scesa a 11 anni e mezzo (erano 12 e mezzo nel 2015), l’87% dei 12-17enni ha almeno un profilo social e 1 su 3 vi trascorre 5 o più ore al giorno(sondaggio Ipsos per Save the children). Una scuola (non) a misura di bambino. E’ soprattutto il basso tasso di spesa del PIL nazionale(4%) nel settore dell’istruzione a rendere le scuole italiane sempre più carenti di strutture e laboratori, riuscendo a dare solo in parte una risposta alle problematiche che incontra. La media europea infatti secondo dati Eurostat è di quasi un punto percentuale suoeriore (4,9%), e le poche risorse in Italia si traducono in strutture spesso poco o male attrezzate. Il 41% delle scuole secondarie di primo grado, per esempio, lamenta una scarsa dotazione di laboratori e ambienti di apprendimento adatti a sperimentare nuove prassi didattiche, con 4 scuole su 10 che possono fare affidamento su meno di un laboratorio ogni 100 studenti. Infine secondo un elaborazione di Invalsi, solo il 17,4% degli istituti scolastici (1 scuola su 6), inoltre, è dotato di almeno una palestra in ogni sede, mentre, sebbene quasi tutte abbiano una biblioteca, meno di 3 su 4 danno la possibilità di effettuare un servizio prestito e meno di un terzo del patrimonio librario risulta utilizzato.  Appare evidente anche il divario tra Nord e Sud: se nel Settentrione 2 biblioteche su 3 sono dotate di almeno 3.000 volumi, nel Mezzogiorno lo è solo 1 su 3.
“Fuoriclasse in movimento”. Per rispondere a una delle sfide principali, quella del contrasto alla dispersione scolastica, Save the children ha lanciato Fuoriclasse in Movimento, la rete nazionale di 150 scuole che promuove il confronto tra docenti, alunni e genitori per individuare soluzioni e azioni per contrastarlo. L’iniziativa mette in rete 150 istituti in tutta Italia, raggiungendo in modo diretto 20 mila minori e coinvolgendo attivamente circa 2000 insegnanti e 1000 genitori. L’obiettivo è cambiare le politiche scolastiche, partendo dal dialogo tra docenti, studenti e famiglie: strumento centrale in questo percorso sono i Consigli fuoriclasse, tavoli di confronto per definire insieme soluzioni e azioni di cambiamento nel campo della didattica, delle relazioni, della riqualificazione degli spazi scolastici in seguito all’analisi dei problemi e delle esigenze del singolo istituto e del territorio.
Fonte Redattore Sociale

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