Rapporto SVIMEZ 2018: Economia e società del Mezzogiorno

Nel 2017 il Mezzogiorno ha proseguito la lenta ripresa ma in un contesto di grande incertezza rischia di frenare. Il PIL è aumentato al Sud dell’1,4%, rispetto allo 0,8% del 2016. Questo dato è stato reso possibile grazie al forte recupero del settore manifatturiero (5,8%), in particolare nelle attività legate ai consumi, e, in misura minore, delle costruzioni (1,7%). La crescita è stata solo marginalmente superiore nel Centro-Nord (+1,5%) ed è stata trainata prevalentemente dalla domanda estera, un risultato inaspettato. Gli investimenti privati nel Mezzogiorno sono cresciuti del 3,9%, consolidando la ripresa dell’anno precedente: l’incremento è stato lievemente superiore a quello del Centro-Nord (+3,7%). La crescita degli investimenti al Sud ha riguardato tutti i settori, ma rispetto ai livelli pre-crisi, gli investimenti fissi lordi sono cumulativamente nel Mezzogiorno ancora inferiori del -31,6% (cifra di molto superiore rispetto al rispetto Centro-Nord, dove si registra -20%). E’ stata, invece, forte e preoccupante la contrazione della spesa pubblica corrente nel periodo 2008-2017, -7,1% nel Mezzogiorno, mentre è cresciuta dello 0,5% nel resto del Paese. Gli andamenti sono alquanto differenziati per tutte le Regioni italiane, e il grado di disomogeneità, sul piano regionale e settoriale, è estremamente elevato nel Mezzogiorno. Nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania sono le Regioni meridionali che fanno registrare il più alto tasso di sviluppo, rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%. Si tratta di variazioni del PIL comunque più contenute rispetto alle regioni del Centro-Nord, se confrontate al +2,6% della Valle d’Aosta, al +2,5% del Trentino Alto Adige, al +2,2% della Lombardia. In Calabria, la Regione che l’anno scorso ha fatto segnare la più significativa accelerazione della crescita, nel periodo 2015-2017 sono state soprattutto le costruzioni a trainare la ripresa (+12% nel triennio), seguite dall’agricoltura (+7,9%) e dall’industria in senso stretto (+6,9%). La Sardegna, dopo l’andamento negativo del prodotto nel 2016 (-0,6%), ha fatto registrare nel 2017 +1,9%. Nel triennio 2015-2017 è stata soprattutto l’industria in senso stretto a marcare un andamento decisamente positivo (+12,9%), mentre le costruzioni si attestano su un +3,1% e i servizi su +3%. Va, invece, decisamente male l’agricoltura, che segna -4,2% nel triennio. In Campania, dopo la revisione dell’andamento del PIL del 2016 (che scende da +2,4% a +1,5%), il 2017 è stato un anno in cui il prodotto lordo ha continuato a crescere dell’1,8%, confermando nel triennio di ripresa un importante dinamismo. Nella regione sono andate molto bene le costruzioni (+16,5% nel 2015-2017), spinte dalle infrastrutture finanziate con i fondi europei, ma anche l’industria in senso stretto prosegue la sua corsa (+8,9% negli ultimi tre anni), grazie soprattutto alla spinta dei Contratti di Sviluppo, gran parte dei quali ha riguardato proprio la Campania. I servizi fanno segnare nel triennio un più modesto +3,7%, per merito in particolare del turismo. Mentre l’agricoltura va in controtendenza e accusa una flessione tra 2015 e 2017 pari a -1,3%. La Puglia rialza la testa e il PIL regionale nel 2017 si attesta a +1,6%. Merito, in particolare, dell’industria delle costruzioni, anche in questo caso trainata dalla spesa dei fondi europei per le opere pubbliche (+11,5%), ma anche da un’intonazione positiva dell’industria in senso stretto (+9,4%). L’Abruzzo nel 2017 registra un PIL in crescita dell’1,2%. La ripresa è dovuta soprattutto all’agricoltura (+9% nel triennio), e in parte anche all’industria in senso stretto (+3,8%), mentre le costruzioni, in controtendenza rispetto al resto del Sud, vanno male: la loro performance tra il 2015 e il 2017 è negativa, -14,5%. La Basilicata si attesta su un incremento del PIL modesto, +0,7% nel 2017, dopo la forte accelerazione della crescita negli anni scorsi. L’industria lucana è in forte ripresa già dal 2014 e continua a trainare l’economia regionale: al termine del triennio ha una performance molto positiva (+47% nel 205-2017). La Sicilia rallenta la crescita, +0,4% nel 2017, dopo aver registrato un aumento del PIL dell’1% nel 2016 e dello 0,9% nel 2015. L’industria in senso stretto nel triennio segna +14,1%, l’agricoltura fa registrare un andamento complessivamente positivo (+2%) e così i servizi (+1,6%). A frenare l’andamento dell’economia siciliana, così come in Abruzzo, è il settore delle costruzioni che fa segnare il -6,3% nel periodo 2015-2017. L’unica regione meridionale che nel 2017 ha fatto registrare un andamento negativo del PIL è il Molise, -0,1%, che, era cresciuto dell’1,3% nel 2015 e dell’1,1% nel 2016. L’economia del Molise è stata sostenuta nel 2015-2017 dalle costruzioni (+26,4%), ma l’industria in senso stretto fa registrare una performance particolarmente negativa (-7,4%).
NO PROFIT
L’economia sociale è divenuta un pezzo importante dell’economia italiana: ha resistito alla crisi del 2008, alla fase recessiva degli anni successivi (2011-2013) e sta crescendo a ritmi sostenuti, generando un volume d’affari di circa 64 miliardi ogni anno, quasi il 3,5% del Pil nazionale. I settori che assorbono il maggior numero di dipendenti sono quelli dell’assistenza sociale e protezione civile (36%), seguiti dal settore sanitario (22,6%), dell’istruzione (15,8%) e dello sviluppo economico e coesione sociale (11,8%). Per quanto concerne i volontari, invece, il settore prevalente è quello delle attività ricreative, sportive e culturali che assorbe il 56,6% dei volontari italiani. La presenza delle organizzazioni del terzo settore è maggiormente radicata nelle regioni del Nord, che assorbono oltre il 50% delle istituzioni non profit presenti su base nazionale, seppure negli ultimi anni si evidenzi un incremento più marcato nelle Regioni centrali e nelle Regioni del Sud. In valore assoluto il numero di organizzazioni del Mezzogiorno (89.105) è il secondo per ordine di importanza (primo il Nord-Ovest con 92.988), ma se si rapporta il numero di organizzazioni alla popolazione, il Sud è l’area con la minore presenza di non-profit, con un valore di 43,7 imprese su 10mila abitanti a fronte di una media nazionale di 55,4 e del picco nel Nord-Est (67,4 le imprese ogni 10mila abitanti). L’offerta no profit nel Mezzogiorno è dunque inferiore del 20% circa rispetto al valore presente nel Nord, dato che segnala l’esigenza di una crescita territorialmente più Equilibrata, orientata a rimuovere la persistenza di disuguaglianze sociali nella fruizione dei beni e servizi offerti dal Terzo Settore. Il Mezzogiorno presenta una situazione eterogenea, ma anche complessivamente dinamica: dal 2011 al 2015, infatti, sono proprio le Regioni del Sud, in particolare Campania (+33%) e Sardegna (+12,2%), a trainare la crescita del numero di organizzazioni del Terzo Settore italiano, registrando un trend più sostenuto che nel resto del Paese. Il Molise, invece, è l’unica Regione italiana che registra un’inflessione negativa, con un decremento dello 2% delle imprese non profit. Tra il 2011 e il 2015 al Sud il numero dei dipendenti è passato da 69.411 unità a 94.531 unità (+36,19%), e quello dei volontari nel 2015 ha raggiunto 1.178.031 unità (+ 23,96% rispetto al 2011). Per quel che riguarda le attività di welfare, la presenza più elevata di organizzazioni è al Nord che copre il 49,1% di quelle presenti a livello nazionale, seguito dal Mezzogiorno con un 30,7% di imprese impegnate nei servizi di welfare. Esiguo, invece, il presidio delle Fondazioni nel Mezzogiorno, il più basso a livello territoriale con solo 4,6% imprese attive. In ogni caso è fortemente insufficiente l’offerta no profit di servizi sociali sull’intero territorio nazionale, ed è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove il livello di copertura delle prestazioni è circa la metà rispetto alle aree settentrionali.
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