Povertà educativa e Covid: la percezione degli italiani

A pagare il prezzo degli effetti a lungo termine dell’emergenza Coronavirus saranno i più piccoli: ne sono convinti oggi i due terzi degli italiani. Con le limitazioni imposte dall’urgenza sanitaria di contenere la pandemia e con la sospensione traumatica della continuità scolastica, gli spazi fisici e prospettici, ma anche le risorse materiali e immateriali intorno ai minori si sono drasticamente ridotte: molto alto si profila il costo sociale ed evolutivo imposto ai minori dal Covid-19. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine condotta dall’Istituto Demopolis, per l’impresa sociale Con i Bambini, società senza scopo di lucro nata per attuare i programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile in Italia.

Rivedi la presentazione del report con Carlo Borgomeo, Presidente di Con i Bambini; Stefano Buffagni, Presidente del Comitato di Indirizzo Strategico del Fondo; Francesco Profumo, Presidente di Acri; Claudia Fiaschi, Portavoce del Forum nazionale del Terzo Settore.

“La pandemia ha aggravato ancora di più le disuguaglianze nel nostro Paese – ha spiegato Francesco Profumo presidente di Acri – Su tutte, quella innescata dalla povertà educativa minorile, che condanna i nostri concittadini più giovani sin dai primi anni della loro vita. Se un ragazzo o una ragazza era a rischio di abbandono scolastico prima della pandemia, lo è ancora di più oggi, con la chiusura delle scuole e soprattutto delle attività extra-scolastiche. Negare l’accesso all’educazione significa negare in futuro il diritto a una vita dignitosa. Di questo gli italiani sono consapevoli, come dimostra l’indagine di Demopolis: due terzi degli intervistati sono convinti che a pagare gli effetti a lungo termine dell’emergenza saranno proprio i più piccoli. Per questo, il lavoro del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile è ancora più cruciale oggi di quanto lo sia mai stato e per questo è fondamentale promuovere la continuità degli interventi ritenuti più promettenti e offrire evidenze e indicazioni utili per progettare ampie politiche strutturali permanenti di contrasto della povertà educativa”

In vista della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre, la ricerca focalizza l’impatto sui più giovani della crisi pandemica ed analizza le percezioni dell’opinione pubblica sul più ampio tema della povertà educativa minorile, individuando un’urgenza confermata in tutti gli snodi dell’indagine: è proprio questo il momento in cui restituire rilevanza sociale e centralità ai più piccoli, come risorsa della comunità intera. Oggi, pensando ai bambini e agli adolescenti in Italia le preoccupazioni dichiarate dai cittadini rivelano lo sguardo “adulto” dell’opinione pubblica sulle dinamiche minorili: il 73% cita lo scarso apprendimento scolastico, preoccupazione cresciuta significativamente (+20 punti) rispetto alla precedente rilevazione dello scorso anno, anche in ragione della prolungata chiusura delle scuole. Il 69% stigmatizza la dipendenza da smartphone e tablet, dispositivi che hanno vissuto processi di ulteriore “sdoganamento”, fino ad essere a disposizione anche dei bambini più piccoli, con l’affermazione della didattica a distanza.

Quasi i due terzi degli italiani, intervistati da Demopolis per Con i Bambini, citano il rischio di isolamento e di riduzione della vita sociale a causa del Covid. Considerando – in termini generali – le principali apprensioni relative ai minori, meno della metà del campione focalizza l’impatto più fragoroso e già misurabile dell’epidemia da Coronavirus: le crescenti disuguaglianze e la marginalizzazione (49%), nonché la riduzione degli stimoli nella crescita, a seguito dell’emergenza Covid (47%).

A causa dell’emergenza sanitaria gli italiani segnalano il peso crescente delle disuguaglianze fra i minori: il 72% ritiene che siano aumentate nell’ultimo anno, mentre solo un quinto non individua variazioni rispetto al 2019. Con il Covid, nella percezione dei cittadini, alcuni problemi sono emersi o si sono aggravati a carico dei più piccoli: in prima istanza, 6 cittadini su 10 citano le conseguenze dell’incremento della povertà materiale in molte famiglie, ma anche l’esclusione dei più fragili (poveri, disabili, figli di genitori stranieri). La maggioranza assoluta cita anche la regressione degli apprendimenti e del metodo di studio (55%) e le disuguaglianze nell’accesso a dispositivi informatici ed a connessioni adeguate (53%). Di contro, poco meno della metà individua la problematicità di una delle conseguenze della didattica a distanza: l’eccesso di digitalizzazione dei minori, che trascorrono troppo tempo su smartphone e dispositivi assimilabili (48%). Più di 4 su 10 mettono in evidenza i rischi di isolamento dalla vita sociale o di abbandono scolastico dei minori. È infine del 36% la percentuale degli italiani che, fra i problemi a carico dei più piccoli, emersi o aggravati dalla pandemia, segnala la riduzione degli stimoli esterni alla scuola

QUANTO PESA LA SCUOLA

Gli italiani restano convinti che le opportunità dell’istruzione non siano oggi garantite equamente per tutti nel nostro Paese: per il 65% lo sono, ma con livelli di qualità differenti, e con forti divari, anche in seno ai medesimi contesti regionali e urbani. Il 23% dichiara che siano garantiti solo per alcuni. Appena il 9% crede che la scuola italiana garantisca oggi opportunità equamente per tutti. E l’emergenza da Covid-19 è stata un’aggravante pesantissima sulle dinamiche di una scuola disuguale. È minoritaria, del 43%, la quota di intervistati che plaude a quanto è riuscita a fare la scuola, nella primavera scorsa, in pieno lockdown, per garantire parità di accesso a tutti gli studenti con la modalità a distanza, in lezioni, contatti con gli insegnanti, dimensioni di apprendimento. Ma il 49% è di parere opposto. Del resto, gli italiani hanno scoperto le asperità della didattica a distanza (DAD), anche nei casi in cui non fossero direttamente interessati: il 54% ha sentito, nel proprio contesto familiare o relazionale, di bambini o ragazzi che hanno trovato difficoltà a seguire la DAD nei mesi della primavera pandemica e, nuovamente, in questi giorni di seconda ondata. Quasi 8 genitori su 10 hanno avuto esperienza diretta di DAD, che – nelle testimonianze degli intervistati – è stata vissuta dai figli utilizzando in prevalenza tablet e pc (77%). Ma in una dimensione non residuale di casi (20%) i ragazzi hanno seguito le lezioni e svolto la didattica attraverso un comune smartphone. La mancanza di dispositivi informatici adeguati e di connessioni idonee si è rivelata un problema nel 14% dei casi, dato che cresce al 22% nel Sud e nelle Isole. Ma nell’esperienza degli intervistati, le difficoltà di bambini e ragazzi nel seguire la didattica a distanza sono state, in prevalenza, d’altra natura: principale problema, indicato dal 45%, la scarsa capacità di attenzione nell’apprendimento a distanza, realizzato integralmente nell’ambiente casalingo.

“I dati dell’indagine da una parte ci confortano sull’attenzione che gli italiani pongono al tema della povertà educativa e soprattutto sulla percezione che sia un fenomeno che deve interessare tutti, non solo la scuola e non solo la famiglia, ma l’intera comunità educante – ha sottolineato Carlo Borgomeo, presidente di Con i Bambini – Dall’altra, l’indagine fa emergere anche nella percezione e nel vissuto di genitori, famiglie, associazioni che questa emergenza di fatto sta aumentando una serie di divari già esistenti, sia sociali che territoriali come dimostrano i dati sul Sud”.
In questi mesi di pandemia, un vastissimo orizzonte di opportunità, occasioni di crescita, dimensioni relazionali e di apprendimento è stato precluso ai minori. I genitori testimoniano i servizi che più sono mancati ai figli, e che – presumibilmente – continueranno a lungo a mancare. Sette su 10 citano le attività ludiche e ricreative, quella dimensione fertilissima del gioco compromessa dalle apprensioni per la necessaria sicurezza sanitaria. Il 65% ricorda la rinuncia a palestre, centri sportivi ed all’attività motoria necessaria nelle fasi di crescita. Inoltre, il 42% dei genitori intervistati ricorda quanto sia mancata ai figli la partecipazione a laboratori e ad altre attività educative extrascolastiche.

“Una delle questioni più gravi che riguardano bambini e ragazzi di oggi è la mancanza di pari opportunità di accesso ai servizi, e sappiamo come questa emergenza non ha fatto che accrescere alcune povertà e diseguaglianze – ha spiegato Claudia Fiaschi portavoce del Forum del Terzo Settore – Il Terzo settore prova a dare risposte concrete mettendo in campo una grande innovazione sociale, perché nessuno resti indietro. E lo fa sia attraverso l’utilizzo di nuovi spazi, tempi, materiali ed esperienze, ma anche ponendo una forte attenzione ai mutati scenari rispetto ai bisogni sociali, immaginando soluzioni che prevedano la collaborazione tra contesti educativi formali e informali, l’utilizzo delle tecnologie per nuove forme di prossimità, investimenti per l’inclusione sociale e digitale delle famiglie più fragili.”

LA POVERTÀ EDUCATIVA MINORILE

L’Italia del Covid si confronta più marcatamente – suo malgrado – con i fenomeni della povertà educativa minorile. Secondo i dati dell’indagine Demopolis per Con i Bambini, il 53% degli italiani dichiara di averne sentito parlare, con un dato cresciuto di 10 punti nell’ultimo anno; un ulteriore segmento, pari al 26% degli intervistati, ammette di non sapere effettivamente di che cosa si tratti, pur avendone sentito parlare. Nel definire il fenomeno, con una consapevolezza in crescita rispetto ai dati rilevati nel novembre 2019, il 73% degli intervistati identifica la povertà educativa come una questione di limitato accesso ad opportunità di crescita; il 64% cita il rendimento scolastico ed i bassi livelli di apprendimento. Il 17% la povertà materiale.

La consapevolezza dell’opinione pubblica sull’importanza del tema cresce e si afferma. La diffusione della povertà educativa è un fenomeno grave per il 91% degli italiani: molto per il 45%; abbastanza grave per il 46%. “Con le limitazioni imposte dall’urgenza sanitaria e con la sospensione traumatica della continuità scolastica – spiega il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento – si profila molto alto il costo sociale ed evolutivo imposto ai minori dal Covid-19. A pagare il prezzo degli effetti a lungo termine dell’emergenza Coronavirus saranno i più piccoli: ne sono convinti oggi i due terzi degli italiani. Tra gli effetti del Covid, i cittadini segnalano il peso crescente delle disuguaglianze fra i minori nel nostro Paese: il 72% ritiene che siano ulteriormente aumentate nell’ultimo anno. Serve oggi un’alleanza “con i bambini” per contrastare i danni generazionali della pandemia”.

Il 90% degli italiani ritiene oggi importanti, per lo sviluppo del Paese, le azioni di contrasto alla povertà educativa minorile: il dato, corposissimo in seno al complesso dell’opinione pubblica, si dimostra ancora più marcato nei target speciali oggetto di analisi: cresce, infatti, al 92% fra gli insegnanti ed al 98% fra i rappresentanti del Terzo Settore. Del resto, come confermano i dati della ricerca, l’emergenza Covid-19 ha estremizzato una fragilità come la povertà educativa, ancora da sanare nel Paese. Per il 53% degli intervistati l’azione di contrasto alla povertà educativa è oggi più importante rispetto ad un anno fa.

“L’indagine dimostra chiaramente come l’emergenza Covid non sia esclusivamente sanitaria, ma riguardi tutta la sfera delle vite delle persone – conclude Stefano Buffagni presidente del Comitato di indirizzo strategico del Fondo e viceministro al Mise – La povertà educativa minorile viene percepita dagli italiani come una problematica su cui è necessario intervenire, perché le disuguaglianze aumentano e le difficoltà delle famiglie si moltiplicano. L’impegno del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile rinnova il suo impegno, oggi più di prima”.

In questa situazione di emergenza pandemica, per sostenere bambini e ragazzi in Italia, servirebbe innanzi tutto rimuovere gli ostacoli per l’accesso alla didattica a distanza (63%), ma anche un rinnovato impegno degli insegnanti (59%). Il 46% ricorda l’urgenza di intervenire anche rispetto alla povertà materiale delle famiglie. Sebbene più circoscritte, indicazioni preziosissime giungono da un segmento superiore ad un quarto della popolazione. Sostegno, anche a distanza, da parte di educatori ed una maggiore attenzione alle esigenze dei ragazzi, anche nell’informazione e sui media, sono interventi richiesti da 1 intervistato su 3. Il 30% ricorda inoltre come serva l’impegno di tutti per restituire importanza ai diritti di ragazzi e bambini ed il 26% sollecita un accesso esteso alle attività extrascolastiche.

Del resto, se interrogati sul tema, gli italiani concordano sull’urgenza di compensare i danni della scuola in parte chiusa attraverso attività ed esperienze non curriculari. Il 39% sostiene che, rispetto ad un anno fa, con l’emergenza Covid- 19 e la chiusura prolungata delle scuole, gli stimoli extra scolastici nella crescita dei minori siano oggi più importanti, dato che raggiunge il 49% fra i genitori di figli minorenni, e si impenna al 72% fra i rappresentanti del Terzo Settore. La scuola è chiamata alla sfida di andare oltre i fondamentali dell’insegnamento. Ma non può avere l’esclusiva in tema di sviluppo delle nuove generazioni. Secondo l’indagine dell’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini, realizzata nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, oggi appena il 28% degli intervistati concorda sull’assunto che la scuola sia l’unica istituzione deputata alla crescita dei ragazzi. Per il 67% degli italiani la responsabilità dei minori è di tutta la comunità, dato che si attestava al 49% nella rilevazione dello scorso anno. Il giudizio sull’attività di Con i Bambini impegnata nell’attuazione dei programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è positivo per il 67%.

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