La piaga del gioco d’azzardo e il triste record italiano: 36 miliardi spesi ogni anno

Istituzioni e associazioni lanciano l’allarme sul fenomeno italiano. Primato preoccupante in Europa: +25 per cento negli ultimi 5 anni. Le regioni in vetta? Lombardia, Campania, Lazio, Emilia Romagna.

«Nel 2019 a Segrate si sono spesi nel gioco d’azzardo in presenza 35 milioni di euro. In pratica circa mille euro a testa, neonati compresi. È una cifra fuori da ogni buon senso. Credo sia una responsabilità collettiva ridurre il dilagare di questa piaga sociale». L’appello sui social di Damiano Dalerba, assessore di Segrate, cittadina del milanese, è solo uno tra gli ultimi messaggi d’allarme lanciati da istituzioni e associazioni, su un fenomeno in cui l’Italia ha un primato preoccupante. Nell’ultimo ventennio, le giocate d’azzardo sono aumentate dell’800 per cento, arrivando a 110,54 miliardi di euro nel 2019 (ultimo dato disponibile). Una crescita che non ha eguali in Europa e che ha segnato il +25 per cento negli ultimi 5 anni.
Scorrendo l’ultima edizione del Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, si scopre che l’Italia spende a slot machines, gratta e vinci, lotto e lotterie istantanee una cifra pari allo 0,8 per cento del suo Pil. E, su 110,5 miliardi giocati, 11,4 sono finiti nelle casse dell’Erario. Tra le regioni in cui si gioca di più spiccano la Lombardia (14 miliardi di puntate annue), Campania e Lazio con 7 miliardi e l’Emilia Romagna con 6. Per giocate pro-capite «vince» però l’Abruzzo con 1170 euro e, tra le province, Prato, Teramo, Rovigo, Como, Sondrio. Nei bar, sale giochi e tabaccherie, sono le slot machine a farla da padrone. Insieme a videolottery, Gratta e Vinci e al Lotto hanno raccolto nel 2019 circa 64 miliardi di euro di giocate . Del resto, la loro diffusione è capillare: esistono 418 mila di questi apparecchi, anche se il numero è calato, per effetto della Legge di stabilità del 2018 che ne ha imposto la diminuzione (erano 579 mila nel 2015). Il gioco online, invece ha raccolto 36,4 miliardi di puntate.
«Quello del gioco d’azzardo, assieme al traffico di sostanze stupefacenti, oggi appare l’affare più lucroso col quale rimpinguare le casse delle cosche», ha sottolineato in più occasioni il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. E poi c’è l’evasione fiscale: nel 2019 è stata pari a 48,5 milioni di euro. Per 400 siti legali che operano in Italia ne sono stati chiusi 3 mila 300 in 4 anni. Ma quanti sono i giocatori? Stando alla prima indagine epidemiologica sul gioco d’azzardo in Italia svolta dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2018, sono 18,4 milioni le persone che giocano almeno una volta l’anno. Un milione e mezzo di questi ha un profilo problematico: fatica a gestire il tempo dedicato a giocare e a controllare quanto spende. Solamente 30mila di questi, però, sono in cura ai Servizi per le dipendenze. «Non è questione di non sapersi controllare: il gioco responsabile – spiega Marco Dotti, sociologo, professore all’Università di Pavia e studioso del fenomeno – in questo caso non esiste. Si tratta di apparecchi costruiti per creare dipendenza con partite velocissime e con microvincite, che a malapena restituiscono quanto giocato e spesso finiscono per essere rispese subito. Le partite non richiedono alcuna abilità: basta schiacciare un pulsante. E non c’è filtro, le macchinette si trovano dappertutto: lo Stato ha abbassato le sue barriere istituzionali lasciando libero accesso alla dipendenza».
A partire dal 2018, per arginare il fenomeno, è stata alzata la tassazione sul sistema dei giochi. In realtà, spiega uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, la raccolta non è calata. Meglio, suggerisce l’Osservatorio, colpire solo la quota dei concessionari, tassando il payout e non il totale. Come saranno i dati del 2020, anno in cui la pandemia ha imposto chiusure quasi totali (il Gratta e vinci è permesso) al settore del gioco d’azzardo in presenza? «Secondo uno studio del Cnr, è stata registrata una generale diminuzione. Il 35 per cento degli intervistati ha ridotto le puntate. È plausibile immaginare anche un dimezzamento delle entrate per lo Stato nel 2020», spiega Giulia Migneco di Avviso Pubblico.
Un momento di crisi che può diventare un’occasione da cogliere: «È urgente una legge quadro di riordino del settore che preveda il dimezzamento dei punti vendita, una nuova rimodulazione degli apparecchi. E poi che recepisca le proposte del Ministero della Salute e della Commissione Antimafia. Punti essenziali già elaborati in questi anni. Un lavoro che non deve essere sprecato. Serve una chiara volontà politica del governo, in grado di guardare oltre il gettito erariale e di concentrarsi tanto sulla tutela della salute dei cittadini, che sulla salvaguardia dell’economia legale dagli appetiti mafiosi».
di Giovanna Maria Fagnani
fonte: https://www.corriere.it/buone-notizie/

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