Dopo anni di vuoto la regione si allinea al resto d’Italia approvando uno strumento fondamentale per il welfare locale. Nell’intervista al portavoce del Forum provinciale di Crotone tutti i retroscena e le sfide che il non profit insieme ai Csv dovranno affrontare in vista dell’attuazione.
La regione Calabria, con più di 20 anni di ritardo rispetto al resto d’Italia, ha emanato il suo Piano sociale con il recente intervento dell’assessore al ramo Gallo. Si tratta di uno strumento a dir poco fondamentale per il sistema del welfare regionale, eppure ancora oggi mancano conferme definitive rispetto alla sua piena operatività.
Il Csv Calabria Centro (nato di recente dalla fusione dei Csv di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia), nei giorni scorsi era intervenuto proprio su questa mancata operatività, raccomandando una “piena attuazione dei contenuti del documento programmatico regionale che riconosce il ruolo del terzo settore”.
Infatti, come spiega Pino De Lucia, portavoce del Forum del terzo settore della provincia di Crotone, il regolamento concernente la riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali calabrese (perno della riforma del welfare varata sotto la presidenza Oliverio), è stato oggetto di una battaglia giudiziaria su cui ancora non è stata scritta la parola fine. Dopo una prima bocciatura, da parte del Tar Calabria, del ricorso presentato dal comune di Catanzaro, infatti, un recente decreto del Consiglio di Stato ha disposto di sospendere l’esecutorietà della sentenza appellata fino alla discussione collegiale fissata per il prossimo 11 marzo. Bisogna, dunque, aspettare ancora.
Del resto, il contesto nel quale il nuovo Piano si troverà ad operare, registra le stesse resistenze che ne hanno impedito finora l’attuazione: “Il contesto attuale si caratterizza per una diffidenza nei confronti degli enti del terzo settore: un terzo settore “sfilacciato”, spesso focalizzato sulle singole esigenze delle strutture, in maniera legittima, certo, ma con scarsa capacità di delineare nuove prospettive di programmazione e di intervento – chiarisce Pino De Lucia -. Manca una visione generale e si registra anche una scarsa propensione a fare realmente rete. Su questo c’è ancora molto da lavorare. Dal punto di vista istituzionale, inoltre, la macchina burocratico-amministrativa fatica a rinnovare le tecniche di lettura dei nuovi bisogni e a ricostruire una reale mappatura dei bisogni sociali nel nostro territorio”.
L’assenza di un piano sociale in una regione che è fanalino di coda in tema di politiche sociali, non è dovuta alla disattenzione da parte della politica, secondo De Lucia, ma all’incapacità di integrare la dimensione sociale con quella sanitaria, che ha bloccato di fatto la progettazione e la realizzazione di interventi innovativi e fondamentali. Certamente – continua- si può riscontrare da parte delle istituzioni e della politica una scarsa conoscenza del ruolo del terzo settore così come, da parte del terzo settore, una scarsa percezione della propria funzione nello sviluppo di un sistema di welfare sempre più vicino ai bisogni dei cittadini.
C’è poi la questione “risorse umane” che complica di fatto la gestione comunale dei servizi demandati dalla Regione: “La mancanza di risorse è il problema principale che genera competizione al ribasso ed una scarsa qualità dei servizi – afferma il portavoce-. I comuni non dispongono delle risorse umane necessarie, anche se potrebbero attivare con la co-programmazione e la co-progettazione risorse aggiuntive, rendendo sempre più protagoniste le realtà del terzo settore. Solo andando in questa direzione, con una reale collaborazione ed un confronto costruttivo nell’interesse dei cittadini, si potrà affrontare il problema in modo strutturale sino alla sua completa risoluzione”.
Un rapporto più intenso tra il Forum del terzo settore ed i Centri di servizio per il volontariato, ciascuno con i propri ruoli, sarebbe sicuramente utile a rafforzare l’impatto del volontariato e del terzo settore nella definizione delle politiche sociali per le comunità territoriali.
E’ indubbio, infatti, che il mondo del terzo settore e dell’associazionismo, anche e soprattutto in questi momenti difficili di pandemia, sia stato un punto di riferimento importante nel fornire risposte immediate ai bisogni della popolazione: “L’aiuto diretto è stato fondamentale nei momenti più bui della crisi sanitaria ed economica, e alcune volte è avvenuto in solitudine – conclude-. Il terzo settore non riesce a comprendere la sua forza e non riesce ad impegnarsi in un progetto più ampio che guardi anche oltre la dimensione sociale. Le divisioni interne, infine, pregiudicano un percorso che potrebbe produrre benefici per tutta la comunità”.
di Benedetta Garofalo
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