Nel ricordo delle vittime l'impegno di Libera e della società civile

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Era giusto nominarli tutti. Anche se di molti di loro non si conoscono bene le storie, tutti e novecento condividono la tragica fine. Tutti loro – magistrati, giornalisti, studenti, bambini, uomini delle scorte, persone comuni – si sono semplicemente rifiutati di girarsi dall’altra parte mentre le mafie operavano con violenza. Ma c’è anche chi per caso è stato il destinatario sbagliato di colpi di fuoco incrociati.

Nell’impegno di “Libera” la conservazione della memoria svolge un ruolo importante: il 21 marzo è il giorno prescelto per l’edificazione di ponti di legalità che si sorreggono sul sacrificio delle tante, troppe vittime delle mafie, ed è un traguardo che placa solo in parte la sete di giustizia e verità ma va comunque difeso a spada tratta. E’ per questo che da ventuno anni il 21 marzo, da una piazza di volta in volta diversa, si eleva il grido di speranza di don Luigi Ciotti, fondatore di “Libera”, rivolto agli studenti ed ai membri della società civile “sintonizzati” da tutta Italia.
A Catanzaro, in particolare, l’iniziativa si è svolta in contemporanea in Prefettura, all’Università ed all’Istituto Penale per i Minorenni: e dopo la lettura, doverosa, dei 900 nomi (alcuni dei quali comparivano sulle magliette degli studenti delle quattordici scuole cittadine che hanno aderito alla manifestazione nella Sala Tricolore della Prefettura, alla presenza del prefetto Luisa Latella, del questore Giuseppe Racca, del colonnello dei carabinieri Ugo Cantoni, del direttore di Confesercenti Pasquale Capellupo e del docente universitario Nicola Fiorita, che ha svolto il ruolo di coordinatore della lunga mattinata), il collegamento in diretta da Messina con don Luigi Ciotti ha fatto leva sul sentimento della rassegnazione, ormai provato dai più, per smembrarlo e trasformarlo in qualcosa di più utile e costruttivo. Come la partecipazione, la riscoperta dei diritti di cittadinanza e di inclusione sociale, il valore della democrazia e della libertà. Non sono libere, infatti, le persone vittime dei soprusi e delle ingiustizie, della povertà, dell’insicurezza, della tratta, delle guerre.
Tutto ciò che è conseguenza dell’egoismo, dell’indifferenza e dell’opportunismo rende il terreno operativo delle mafie ancora più fertile. Ma don Ciotti non ha dubbi: le mafie si possono battere con il riconoscimento dei più elementari diritti sociali, il sequestro dei beni e, naturalmente, il ricordo delle persone che non ci sono più.

Ufficio stampa CSV Catanzaro

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