La terza serata del “Magna Graecia Film Festival” ha avuto una protagonista d’eccezione: la disabilità.
Certo, la tradizione del Festival ideato da Gianvito Casadonte vuole che non manchino le sfilate dei “vip” sul tappeto rosso, e così è stato con la passerella dell’attore Alessandro Haber – ormai ospite fisso del Festival – del regista Vittorio Sindoni e del giovane Moisè Curia, attore principale della sua ultima fatica cinematografica, “Abbraccialo per me”. Ma prima della proiezione del film, la folta platea, che ha preso posto al molo di Catanzaro Lido, adattato allo svolgimento della tredicesima edizione del MGFF dedicata al compianto Ettore Scola, ha avuto modo di conoscere la realtà positiva che viene dalla cooperativa “Zarapoti” e dall’associazione “Ama” Calabria.
La prima, autrice del primo lido accessibile ai disabili in città (e forse nell’intero panorama regionale), ha raccontato per bocca dei suoi rappresentanti le difficoltà incontrate nell’acquisto del costoso macchinario, ma soprattutto la soddisfazione che solo le urla di gioia di ragazzi in carrozzina, ai quali era finora precluso entrare in acqua, possono dare. Ed è per il bene di tanti ragazzi con disabilità intellettiva, e delle loro famiglie, che da anni si spendono anche gli operatori ed i volontari dell’associazione “Ama” Calabria, attivi presso il Centro di Salute Mentale di Montepaone Lido diretto da Salvatore Ritrovato. Da Rosa Conca, intervenuta in rappresentanza del Centro Diurno di Montepaone, e dalla volontaria Caterina Iuliano della “Don Pellicanò”, è venuto l’invito rivolto alle istituzioni di contribuire a diffondere la cultura dell’inclusione, in virtù della quale la disabilità viene ad essere considerata una risorsa e non un problema dinanzi al quale girarsi dall’altra parte. Il volontariato, la sua parte, la sta già facendo. Ed anche il cinema italiano, attraverso la sensibilità di sempre più numerosi registi, quali Vittorio Sindoni, si sta accorgendo dei temi sociali.
Con “Abbraccialo per me”, film che difficilmente avremmo potuto vedere nelle sale cinematografiche, il dramma della disabilità intellettiva viene riportato gradualmente, dagli esordi infantili, non considerati ancora nella loro gravità, al tracollo giovanile in cui l’amore incondizionato della madre non basta più.
“Abbraccialo per me” è la frase che la madre di Ciccio, ormai affetto da una sindrome dissociativa conclamata, rivolge all’altra figlia quando si rende conto di non poter fare più nulla per lui: è tempo delle cure esperte di chi sa fare leva sulle abilità che la disabilità non ha intaccato, e di comprendere che l’amore a volte non è sufficiente a difenderlo dalle critiche continue da parte di chi nota le sue stranezze, quali soffiarsi il naso dietro la lavagna durante le ore di lezione a scuola o svegliarsi alle tre di notte per suonare la batteria come se fosse la cosa più naturale del mondo. Forse il finale del film è stato un po’ sbrigativo rispetto al resto della trama ben articolato, ma la finalità del regista è stata comunque raggiunta: non girarsi dall’altra parte quando si incontra una mamma con un figlio particolare che cerca solo una carezza.