Il responsabile settore Conservazione Wwf Vibo Valentia/Vallata dello Stilaro: «I roghi hanno provocato danni ingentissimi all’ambiente, arrivando a minacciare strutture turistiche e civili abitazioni. Non si spenga l’attenzione»
Pino Paolillo, responsabile settore Conservazione Wwf Vibo Valentia/Vallata dello Stilaro, interviene in materia di incendi. Ne riportiamo il contenuto integrale.
«Appena pochi giorni fa il territorio vibonese è stato letteralmente sconvolto da una serie di incendi che hanno provocato danni ingentissimi all’ambiente, arrivando a minacciare strutture turistiche e civili abitazioni, devastando coltivazioni e uliveti. E se le essenze arbustive della macchia mediterranea (ma anche i castagni e le esotiche robinie) hanno la capacità, con il tempo, di rinascere dopo il passaggio del fuoco, numerosi ulivi e querce sono ormai ridotti a scheletri anneriti nel deprimente paesaggio incenerito. Senza dimenticare che, nella malaugurata ipotesi di piogge autunnali abbondanti, su quei terreni ormai spogli e non protetti dalle chiome degli alberi in grado di attutire la forza dell’acqua, tutto l’humus verrebbe asportato e la stessa stabilità del suolo verrebbe minacciata aprendo la strada a una serie di frane e smottamenti su una collina, quella Vibonese, che ha già visto morte e devastazione e che invece dovrebbe essere meglio tutelata, e non solo dagli incendi.
Era accaduta la stessa cosa la sera del 10 agosto di due anni fa, quando su Pizzo, invece delle stelle, ci fu una pioggia di cenere: dapprima i focolai sulla collina e poi, la sera, il finimondo, con le fiamme altissime alimentate dal forte vento a minacciare case e uomini, il panico, abitazioni evacuate e l’aria resa irrespirabile. Neanche quattro giorni ed ecco il nuovo allarme, a fianco del cimitero, con le fiamme ad assediare un centro commerciale e delle abitazioni; e così in chissà quante altre occasioni, proprio come in questi giorni nel Vibonese e in chissà quanti altri posti della Calabria, con danni incalcolabili per l’ambiente e perdite di vite umane. Ebbene, qualcuno ha mai pagato per questi crimini? Non mi risulta, e temo che sarà così anche stavolta. La verità è che del fuoco ci accorgiamo sempre dopo che ha fatto danni e non prima, quando viene acceso in campagna, ad esempio per bruciare i residui delle potature, “fare pulizia “di una siepe (come se il verde fosse sporco) o per dare fuoco alle stoppie (pratica usatissima). Allora nessuno ci fa caso, nessuno segnala o interviene per individuare i responsabili, perché viene considerata un’usanza del tutto normale, una tradizione a cui nessuno intende rinunciare e che quindi viene accettata a livello generale. Per il resto, ricordando la vecchia locuzione latina “cui prodest? ”, c’è da chiedersi come mai molti incendi scoppiano regolarmente nelle zone frequentate da pecore e capre.
Finché l’area interessata rimane circoscritta e l’incendio intacca solo la superficie del terreno, alla fine avremo solo un campo annerito, ma quando si verifica la tragica alleanza fuoco-vento, le fiamme aggrediscono gli arbusti della macchia (il cosiddetto incendio di barriera) o le chiome degli alberi (incendio di chioma), che risultano i più distruttivi per la velocità di espansione e le difficoltà ad essere domate.
Se avete dei dubbi, fermatevi a dare un’occhiata alle nostre colline e alle nostre campagne in estate e a contare i pennacchi di fumo che si levano regolarmente, causati da incendi che per legge sono vietati, ma di cui ci si accorge (e questo è il punto) solo quando, magari alimentati dal vento e dal seccume della vegetazione, il fuoco comincia fare danni, a minacciare case, strade, boschi, le stesse coltivazioni (per non dire dei danni incalcolabili alla fauna selvatica). Ecco allora l’accorata richiesta d’intervento dei Vigili del Fuoco, delle squadre antincendio, degli elicotteri, dei Canadair ecc. ecc. Ma a quel punto il danno è già stato fatto e non sempre, come è accaduto nei giorni scorsi, le forze in campo sono sufficienti per evitare le conseguenze più tragiche, anche perché l’intervento non è stato sufficientemente tempestivo e le fiamme ormai sono diventate incontrollabili.
Non si tratta quindi di un problema di mancanza di norme, ma di norme che, in Calabria in particolare, vengono sistematicamente ignorate, anche perché raramente vengono fatte rispettare. Detto in parole povere: se si becca qualcuno che brucia, (e il fumo, vivaddio, non è invisibile), bisogna sanzionarlo e intervenire subito, anziché aspettare che quel focolaio provochi un disastro per poi andare alla ricerca, il più delle volte vana, del colpevole. In una situazione ideale, qualsiasi cittadino dovrebbe comportarsi come una vedetta e un guardiano dell’ambiente, segnalando immediatamente ai numeri verdi 1515 (Pronto Intervento Carabinieri forestali), 115 (Vigili del Fuoco) o 800 496 496 (Numero verde servizio antincendio regionale) i focolai di incendio, non temendo di fornire le proprie generalità, ma anzi avendo la consapevolezza di comportarsi nel migliore dei modi possibili, come se ad essere minacciata fosse la propria casa o la propria vita. Purtroppo però, a giudicare dai fatti, sembra proprio che la mentalità prevalente sia quella del “al di fuori delle mie… tasche, a chi piglia, piglia”, tanto vale allora concentrare sforzi e risorse su un sistema capillare di allerta regionale di vedette che individuano sul nascere l’incendio e lo segnalano tempestivamente alle squadre di pronto intervento.
Meglio perdere un po’ di tempo (e meno risorse! ) per spegnere un incendio all’inizio, magari con una piccola autobotte, anche se si tratta di semplici sterpaglie, piuttosto che aspettare che quel “fuocherello” apparentemente insignificante, si trasformi dopo un po’ in una tragedia per tutti».
Fonte: ilVibonese