Il dato emerge dal Report BesT. Ma la rilevazione regionale è ampiamente inferiore anche rispetto al complesso dei territori del Mezzogiorno
Nelle province calabresi il livello di benessere è più basso che in Italia e ampiamente inferiore anche rispetto al complesso dei territori del Mezzogiorno. Il dato emerge dal Report BesT dell’Istat, che offre un’analisi integrata degli indicatori Bes dei Territori. Classificando le province italiane in 5 classi di benessere relativo (bassa, medio-bassa, media, medio-alta e alta) sul complesso degli indicatori disponibili per l’ultimo anno di riferimento (2020-2022), il 30,2 per cento delle misure colloca le province calabresi nella classe di benessere più bassa e il 55,8 per cento delle misure nelle classi medio-bassa e bassa (la media delle province del Mezzogiorno è rispettivamente 23,4 e 47,1 per cento). I segnali favorevoli sono meno frequenti. Meno del 25 per cento delle misure si concentra nella testa della distribuzione, ovvero nelle due classi di benessere relativo più alte tra le cinque considerate (la media delle province del Mezzogiorno è 26,4 per cento). Nell’ultimo anno i livelli di benessere relativo più elevati si osservano nelle province di Catanzaro (con circa il 28 per cento degli indicatori nelle classi di benessere relativo alta e medio-alta) e Vibo Valentia con il 26,2 per cento.
Confrontando i domini, i risultati migliori si registrano nel dominio Sicurezza, dove solo il 3,3 per cento delle province calabresi si trova nella coda della distribuzione nazionale: il 50,0 per cento delle misure provinciali è nella classe di benessere relativo alta e il 10,0 per cento in quella medio-alta. «Per gli indicatori del dominio Ambiente – continua il documento – le province calabresi riportano prevalentemente buoni risultati (35,0 per cento nelle classi alta e medio-alta), pur a fronte di un 30,0 per cento di posizionamento nelle due classi di coda. Tra gli indicatori del dominio, un vantaggio evidente è segnalato dall’elevata produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che nel 2021 si attesta al 77,7 per cento del consumo della regione, superando di oltre 40 punti percentuali il livello medio nazionale (35,1 per cento)». Le province più svantaggiate della regione sono Reggio Calabria, che nell’ultimo anno si trova nelle due classi di coda della distribuzione nazionale per il 63,9 per cento degli indicatori, seguita da Crotone (60,7 per cento). Nel dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita le misure delle province calabresi si concentrano maggiormente nella classe di benessere relativo bassa (43,3 per cento) e medio bassa (50,0 per cento). Anche nei domini Paesaggio e patrimonio culturale e Innovazione, ricerca e creatività il 90 per cento e più degli indicatori colloca le province calabresi nelle due classi di coda. Crotone si trova nella classe di benessere relativo bassa per il 41,0 per cento delle misure, distanziando Catanzaro di ventitré punti percentuali. In quasi tutti i domini buona parte degli indicatori evidenzia ampi divari tra la provincia con i risultati migliori e quella con i risultati peggiori.
Invece, la distanza tra le province calabresi è minima per gli indicatori del dominio Benessere economico. La Calabria si colloca tra le regioni europee con i risultati migliori per due dei nove indicatori BesT disponibili per il confronto con le regioni europee: Speranza di vita alla nascita nel dominio Salute (86°posto su 234 regioni, anno 2021); Rifiuti urbani prodotti, nel dominio Ambiente (38° posto su 139 regioni per cui il dato è disponibile, anno 2019); I restanti sette indicatori, appartenenti ai domini Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Politica e istituzioni e Innovazione, ricerca e creatività, sono su livelli più bassi della media Ue27. «Il territorio calabrese, – scrive l’Istat – al 1° gennaio 2023, comprende 404 Comuni, 4 Province e una Città metropolitana. La popolazione prevalentemente (47,4 per cento) vive in piccole città e sobborghi. Il resto della popolazione vive per il 35,3 per cento in zone rurali e per il 17,4 per cento in città, con percentuali invertite rispetto alle medie per l’Italia, pari rispettivamente a 35,1 per cento e 17,0 per cento. Nelle aree interne, distanti dai centri di offerta di servizi essenziali, risiede il 44,4 per cento (22,7 per cento la media italiana). Al 1° gennaio 2023 la popolazione regionale supera 1,8 milioni di abitanti e rappresenta il 3,1 per cento della popolazione italiana. La dinamica demografica resta moderatamente negativa (-2,8 per cento dal1° gennaio 2020), in linea con il calo in atto dal 2008, ma la diminuzione è più accentuata rispetto all’Italia (-1,3). L’economia regionale si connota per una maggiore incidenza dell’agricoltura, dove gli occupati sono il 13,2 per cento (3,6 per cento la media nazionale). Il valore aggiunto complessivo generato dal sistema produttivo regionale nel 2020 è di 28. 109 milioni di euro correnti (14. 973 euro per abitante), l’1,9 per cento del valore aggiunto nazionale». (Agi).
Fonte: ilVibonese