Essere i nuovi "Manzi" che portano la pace nelle scuole

unicef corso di aggiornamento

Il mondo sempre più globalizzato ed esposto a conflitti senza fine ha bisogno di nuovi professori “Manzi” pronti ad insegnare sotto le tende e, addirittura, sotto le bombe. Un po’ come fanno gli insegnanti del più grande campo profughi in Siria, formati dall’Unicef, che ogni giorno, ed in condizioni proibitive, si impegnano a restituire la normalità ai bambini siriani che in sei anni di guerra hanno già visto di tutto.
L’analisi che il portavoce nazionale dell’Unicef, Andrea Iacomini, ha riportato alla platea di docenti che hanno aderito al corso di aggiornamento sui diritti del minore migrante proposto dal comitato provinciale dell’Unicef, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, presso il Musmi di Catanzaro, è stata impietosa e terribilmente illuminante.

Un conto, infatti, è sapere della guerra dalla televisione, un altro è sentirsela raccontare da chi l’ha vista di persona negli occhi dei sopravvissuti, soprattutto dei bambini, che solo oggi, dopo l’attacco con le armi chimiche, sembrano commuovere il mondo. Eppure la guerra, in Siria, c’è da sei anni; in mare, l’anno scorso, hanno perso la vita settecento bambini; 28 milioni sono i bambini del mondo che fuggono dalle guerre, ed in 25mila (tra i 180mila profughi complessivi) hanno raggiunto l’Italia a bordo dei barconi. Molti di questi bambini hanno perso i loro genitori durante il viaggio nel deserto del Sahara, con la speranza di raggiungere la Libia; sono stati picchiati e violentati nei centri libici in attesa di imbarcarsi verso l’Europa e, dopo aver superato le intemperie del mare e le furie degli scafisti, mettendo piede sul suolo europeo, si ritrovano soli, spaesati, in un Paese solo apparentemente accogliente. “Il popolo italiano è generoso, ma non è pronto a raccogliere la sfida “tra pari” – è stato infatti il commento del portavoce Iacomini, a margine degli interventi in materia di accoglienza scolastica da parte di Giancarlo Caroleo, dirigente del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti di Catanzaro e di Alessandro De Santi, dirigente del liceo “Gullì” di Reggio Calabria, moderati dal vicepresidente provinciale dell’Unicef, Costantino MustariPer esserlo occorre giungere ad una maturità culturale a più livelli, che investa la famiglia, il mondo della scuola, i mass media, i governanti. Non si può continuare a lavorare in emergenza o tramite leggi, bisogna invece pretendere la pace. A partire dall’insegnamento della pace all’interno delle nostre scuole”. I docenti del CPIA di Catanzaro, ad esempio, hanno imparato a farlo, fornendo agli studenti in età adulta, in particolare agli stranieri, l’apprendimento della lingua e di tutte le nozioni necessarie per il perfezionamento del loro processo di inclusione sociale. I muri alzati dalla cosiddetta “Europa dei diritti” (com’è accaduto in Ungheria, Serbia, Svizzera ed Austria) vengono qui superati dalla relazione empatica che viene a costruirsi tra docenti e discenti, tanto che sia la polacca Katy che il ghanese Jeff, che hanno reso testimonianza della loro esperienza in qualità di studenti, hanno ammesso di aver trovato la loro dimensione umana e professionale attraverso la scuola. Ma alla domanda sul percorso che dall’Africa l’ha condotto fino in Italia, rivolta a Jeff dalla presidente provinciale dell’Unicef, Annamaria Fonti Iembo, il giovane, quasi in lacrime, non è riuscito proprio a rispondere.

Ufficio stampa CSV Catanzaro

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