Nel processo di risalita dalla parte più bassa della classifica riguardante l’erogazione dei “livelli essenziali di assistenza” (i Lea), la sanità calabrese ha compiuto un importante balzo in avanti. Si è dotata di dieci nuovi posti letto come “hospice”. E lo ha fatto attraverso la collaborazione del privato: al Centro Clinico “San Vitaliano” di Catanzaro, specializzato nel trattamento di pazienti con malattie neuromuscolari degenerative, da oggi troveranno posto anche loro, gli ammalati cronici, con un’aspettativa di vita ormai limitata. E attraverso un piano concertato con le Asp, gli operatori sanitari e le associazioni di volontariato – si, anche il volontariato, a quanto pare, vedrà riconosciuto all’interno di un regolamento il proprio ruolo – i posti letto da venti sono passati a cinquanta.
A sottolineare l’importanza della concertazione – che ha permesso in questi anni di Commissariamento di passare, nel 2015, da 137 a 147 punti di valutazione nella classifica nazionale dei livelli di assistenza, e di poter sperare nel raggiungimento dei 160 punti previsti, anche con l’attivazione degli “hospice” – sono stati, in ordine di tempo, il direttore sanitario del San Vitaliano, Fabio Fruscella, il dirigente generale dell’Asp di Catanzaro, Giuseppe Perri, il direttore del distretto di Catanzaro, Maurizio Rocca, ed il direttore generale del Dipartimento regionale alla Salute, Riccardo Fatarella. In risposta alle domande del giornalista-moderatore Alessandro Tarantino, e prima delle conclusioni del Commissario Scura, i vari relatori si sono alternati nel porre in evidenza la rivisitazione organizzativa messa in atto nel sistema sanitario allo scopo di potenziare i servizi e sopperire alle carenze, come auspicato anche da don Pino Silvestre – intervenuto in rappresentanza dell’arcivescovo Bertolone – che ha parlato di contrasto all’esodo per la salute non più rinviabile. L’apertura degli hospice va in questa direzione: è per dare dignità alle persone – che vanno viste come tali, e non solo come pazienti – per le quali la medicina non può più nulla, e per le loro famiglie duramente minate dalla malattia, che viene assicurato un servizio specifico di accoglienza in struttura e di domiciliarità, qualora la persona faccia richiesta di tornare a casa propria. Certo, tutte le strutture accreditate devono prevedere le stesse modalità di accesso e garantire la stessa qualità delle prestazioni – anche a casa, visto che le sofferenze non vanno via dopo le sette di sera ed al sabato ed alla domenica – ma solo una “rete” fatta di grandi professionalità e soprattutto di alti livelli di umanità può assicurare, a chi vede la vita affievolirsi, di ritrovarsi circondato da persone in grado di lenire il dolore e di trasmettere serenità.
Ufficio stampa CSV Catanzaro