Le donne che arrivano ai centri antiviolenza hanno bisogno di operatrici formate, oltre che ben motivate. Nel sapere dare risposte immediate e nel saper restare anche in silenzio ad ascoltare i terribili racconti di violenza non ci si può di certo improvvisare: chi è già impegnato su tali fronti, come Stefania Figliuzzi, presidente del centro “Attivamente Coinvolte” che aderisce alla rete nazionale “Di.Re” (Donne in rete contro la violenza) ed al coordinamento regionale C.A.D.I.C, lo sa bene, ed è per questo che si spende in prima persona per sensibilizzare gli apparati sociali ed istituzionali a promuovere il necessario cambiamento culturale. Nella formazione – che si terrà alla presenza di relatori qualificati da febbraio fino a giugno in dodici moduli diversi, con il patrocinio della Provincia di Catanzaro, della Commissione Pari Opportunità del Comune di Catanzaro, del Forum del Terzo Settore, del CSV di Catanzaro e del CSV di Vibo Valentia (“Attivamente Coinvolte” è operativa, infatti, anche a Tropea, dove conserva la sede legale) – “si gioca”, quindi, la partita più importante. Specie alla luce della proposta di legge regionale – a firma dei consiglieri Sinibaldo Esposito, Wanda Ferro e Michele Mirabello – che si ispira a quanto sancito dalla Convenzione di Istanbul e dalla legge 20/07, che riconosce la violenza come reato che va ad incidere sulla libertà e sull’integrità della donna.
Come ha avuto modo di chiarire lo stesso Esposito alla presentazione del corso moderato dalla giornalista Rossella Galati, venerdì 9 febbraio, a Palazzo di Vetro – al cui fianco sedevano la Consigliera regionale di Parità Tonia Stumpo, il presidente della Provincia Enzo Bruno, il presidente del Consiglio comunale di Catanzaro Marco Polimeni, il portavoce del Forum del Terzo Settore di Catanzaro – Soverato Giuseppe Apostoliti e Giulia Menniti in rappresentanza del CSV di Catanzaro – la proposta di legge regionale si fonda su un dato importante: il fenomeno della violenza sulle donne non è episodico, ma strutturale, e come tale va considerato. Da ciò discendono il censimento dei centri antiviolenza e delle case rifugio e la formazione adeguata di chi vi opera: tutto il resto, come l’accompagnamento delle donne fuori dalla casa, il percorso differenziato che va garantito al pronto soccorso, e la presa in carico degli uomini maltrattanti non sostitutivo della pena, va nella direzione che le normative internazionali e nazionali perseguono da tempo. Dinanzi ad un fenomeno di tale portata, del resto, questa diventa l’unica direzione possibile: le donne trovano sostegno nei centri, e qui devono potervi accedere con i propri figli nel rispetto del pieno anonimato e del criterio di autodeterminazione. La donna non dev’essere “convinta” a tutti i costi, deve potersi sentire libera di decidere di fidarsi degli altri e di stravolgere la propria vita, senza poter più contare sul proprio compagno rivelatosi violento. A prendere coscienza di quanto sia importante farsi rispettare ed avere cura di sé è rivolta, infatti, l’attività di prevenzione che le associazioni perseguono a tale scopo, in collaborazione con le scuole e le parrocchie.
Ufficio stampa CSV Catanzaro