L’immagine centrale è un collage disordinato di tanti pezzi di volto assemblati che definiscono un tutt’uno indecifrabile. A farle da corredo i singoli volti dei quattordici ragazzi giunti alla fine della loro esperienza di Servizio Civile al Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro, assieme al volto sorridente di Antonino, un ragazzo con problemi di disabilità che non ha avuto remore a farsi fotografare; di Hajar, giovane africana giunta in Italia per rifarsi una vita, e di Enzo Colacino, cabarettista noto in città, nella veste di persona un po’ più avanti negli anni. Nelle foto che danno vita alla campagna di comunicazione sociale realizzata dagli stessi ragazzi, a conclusione del loro progetto di Servizio Civile, in collaborazione con il CSV di Catanzaro, sono contenuti i dubbi, le chiusure mentali, in una parola “i pregiudizi” che hanno fatto da motore alla sua realizzazione.
Alla presenza dello staff al completo del CSV di Catanzaro, dell’assessore comunale alle Politiche Sociali Lea Concolino e dell’assessore regionale al ramo Angela Robbe, i ragazzi, dietro alle loro rispettive gigantografie, si sono resi riconoscibili al numeroso pubblico che ha preso posto nella Biblioteca comunale, e per bocca di una di loro, Alessia Mangiacasale, hanno spiegato le ragioni che li hanno spinti a scegliere di rappresentare il pregiudizio mettendoci la faccia. Perché il pregiudizio alberga in ognuno di noi, e ci fa restare immobili sulle nostre posizioni senza darci possibilità di crescita: è proprio il pregiudizio che ci impedisce di andare oltre il “collage” di partenza, come ha spiegato l’addetta stampa del CSV Benedetta Garofalo, ed è sempre il pregiudizio a rappresentare per le associazioni di volontariato il “muro” contro più ci si scontra quando ci si adopera a favore delle categorie più deboli della comunità, come ha fatto notare Giulia Menniti, responsabile del progetto di Servizio Civile del CSV di Catanzaro. Quel che è certo è che la scelta dello slogan “Il pregiudizio è una zavorra. Liberatene! La solidarietà va oltre le diversità” ha condensato un anno di lavoro che i ragazzi hanno in primo luogo rivolto alla propria crescita personale – e la testimonianza di Dasya Manfrida, che ha messo da parte la proverbiale timidezza per raccontare la sua esperienza, unica per le possibilità di incontro e le sfide continue ai propri limiti che ha maturato durante il servizio al CSV, è stata alquanto significativa a riguardo. Ma ha condensato anche il pensiero generale che si fa autocritica, perché il pregiudizio – tanto utile a farci orientare, a semplificare (“i neri hanno la musica nel sangue”, “gli omosessuali sono più sensibili”, e via dicendo), a darci un’idea della vita che ci tranquillizza e tutela la nostra autostima – diventa davvero una pesante “zavorra” quando ci impedisce di relazionarci con il mondo.
Magistrale a tale proposito la lettura che il pedagogista Claudio Falbo ha dato del tema della giornata: quando il pregiudizio è tale da impoverirci emotivamente davanti a ciò che non sappiamo spiegare, diventa stigma vero e proprio, portandoci alla discriminazione e, di conseguenza, all’isolamento dei “diversi”. La consapevolezza di averli, questi benedetti pregiudizi, è già un buon punto di partenza dal quale partire: il resto lo fanno la conoscenza, il riconoscimento delle proprie fragilità, che portano alla ricerca della solidarietà. Dalla solidarietà di gruppo, infatti, è nata l’idea della campagna – come ha avuto modo di riportare Andrea Menniti, il fotografo che l’ha materialmente realizzata, è nel momento in cui i ragazzi si sono confrontati ed hanno fatto squadra, anche mettendo da parte la propria iniziale ritrosia a farsi immortalare, che la campagna ha avuto inizio. Ed alla solidarietà di tutti, soprattutto delle istituzioni, si sono richiamati il presidente ed il direttore del CSV, Luigi Cuomo e Stefano Morena, per la diffusione del messaggio in città e oltre, ricordando che l’iniziativa, che ha inaugurato ufficialmente la V edizione della Festa del Volontariato, racchiude lo spirito di collaborazione e di cittadinanza attiva di cui il mondo dell’associazionismo si fa promotore.
Proprio come la ginestra – alla quale ha fatto richiamo Falbo – che riesce a sopravvivere anche in condizioni estreme (come nel deserto ben descritto nell’omonima lirica del Leopardi) restando compatta e unita.