"BeneItalia: Economia, welfare e cultura etica

Presentata la ricerca di Libera che censisce le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, gestiti da 524 soggetti diversi (associazioni e cooperative sociali, soprattutto in Lombardia, Sicilia, Campania e Calabria).
Vent’anni fa, il 7 marzo 1996, entrava in vigore la legge 109/96 per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, grazie alla raccolta di un milione di firme promossa da Libera. E in questi venti anni, dall’avvio della campagna, le esperienze di gestione di beni confiscati alle mafie si sono moltiplicate, pur restando criticità da risolvere.
Intorno a queste buone pratiche si sono realizzati veri e propri progetti territoriali di comunità, che hanno visto il coinvolgimento di tutti gli attori interessati: associazioni, istituzioni ed enti locali, fondazioni, imprese, singoli cittadini. L’uso sociale di questi beni si è trasformato in un vero e proprio laboratorio di nuova cittadinanza, in cui ciascuno per la propria parte è stato chiamato a svolgere un ruolo e a dare un contributo concreto.
Libera, con il sostegno della Fondazione Charlemagne Italiana onlus, ha presentato il 23 giugno a Roma la ricerca “BeneItalia. Economia, welfare, cultura, etica: la generazione di valori nell’uso sociale dei beni confiscati alle mafie”, con obiettivo di censire le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati presenti nel nostro Paese; definirne iter burocratico e amministrativo, risorse impegnate ed esigenze;valutarne la capacità di generare valori in termini di ore di volontariato,occupazione creata, servizi resi alla comunità, attività educative e di formazione.
Oggi i beni confiscati e finalizzati al riutilizzo sociale sono affidati ad enti pubblici e a realtà del privato sociale, dall’esperienza di queste ultime è partita la ricerca BeneItalia.
La ricerca ha consentito di costruire un database di 524 soggetti diversi (associazioni e cooperative sociali) impegnati nella gestione di esperienze nate in beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, di varia natura e tipologia. Il dato si riferisce a 16 regioni su 20.
Dai dati raccolti dalla ricerca BeneItalia emerge che il maggior numero di realtà sociali impegnate in progetti di riutilizzo è costituito da associazioni di varia tipologia (284) e cooperative sociali (131) che gestiscono per lo più appartamenti (167) e ville (115).
La Regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie è la Lombardia con 124 soggetti gestori, segue la Sicilia con 116, la Campania con 78 e la Calabria con 77.
Progettazione condivisa, trasparenza, volontariato, responsabilità sociale d’impresa, attività di fundraising: tanti sono i fattori che hanno contribuito alla costruzione e alla diffusione di queste esperienze. I beni confiscati alle mafie e riutilizzati socialmente, oggetto di questo impegno ampio e diffuso, sono diventati così una sorta di “indicatore” dell’efficacia di strategia, strumenti e risorse impegnate sul versante della legalità, della giustizia sociale, dell’inclusione, della diffusione di una cultura della cittadinanza responsabile e dell’etica d’impresa.
La seconda fase della ricerca ha previsto la somministrazione ai soggetti gestori di un questionario online che ha consentito di ricavare un dato di valore più dettagliato. Centocinque soggetti gestori hanno risposto al questionario, autogenerando così un campione di riferimento distribuito su tutto il territorio di riferimento (per la Lombardia è stata effettuata una ricerca specifica).
Anche in questo caso, il maggior numero di realtà sociali censite è costituito da cooperative sociali (19) e associazioni di volontariato (18) e gestisce appartamenti (33), terreni (31) e ville o fabbricati indipendenti (25).
Dall’analisi delle risposte, un dato di particolare interesse circa lo stato delle condizioni strutturali in cui il bene è stato trasferito alle associazioni: nel 69% dei casi il bene arriva alla fase del riutilizzo in cattive condizioni strutturali (53 casi su 76) e solo in nove casi, 12 %, il bene si trova in condizioni buono/ottimo. Il generale degrado in cui versano i beni presi in carico da chi intende riutilizzarli a fini sociali discende dai tempi intercorsi tra il sequestro del bene e il suo effettivo riutilizzo sociale: dal questionario emerge che mediamente nel nostro campione tra il sequestro e il riutilizzo sociale sono trascorsi ben 10 anni, esattamente come registrato in un’analoga ricerca del 2009, a significare quanta poca strada si sia fatta in questi anni e quanta occorra ancora farne per velocizzare i tempi di riutilizzo sociale dei beni.
Rispetto al tema del capitale umano mobilitato attorno alle esperienze di riutilizzo sociale, la ricerca ha fatto emergere dati assai significativi. Su un campione di 70 soggetti gestori, i numeri parlano di 403 dipendenti, 1421 volontari e 25.368 beneficiari. Le attività principali riguardano il volontariato e il terzo settore (51), l’educazione alla cittadinanza (41), la promozione culturale (38) e il contrasto al disagio sociale (30).
Nella quasi totalità dei casi, tutto questo si traduce in servizi e strumenti di accompagnamento e sostegno alle persone, in special modo a chi fa più fatica. È in questo intreccio di percorsi e di storie che naturalmente si genera un patrimonio straordinario di valori e di capitale sociale, il beneitalia appunto, che finisce con il generare anche un patrimonio altrettanto significativo di economia e di ricchezza. Un sistema di welfare capace di farsi carico delle esigenze del territorio, spesso purtroppo trovandosi costretto a supplire alle carenze di un sistema statale che non riesce a programmare ed attuare politiche sociali adeguate.
La ricerca BeneItalia evidenza come tante realtà del volontariato, dell’associazionismo, del mondo religioso attraverso l’uso sociale dei beni confiscati sono diventate palestre di democrazia, occasione di lavoro vero, pulito, di accoglienza per le persone fragili e in difficoltà, di formazione e impegno per migliaia di giovani che volontariamente, ogni anno, vi passano parte dell’estate. Segni di speranza in territori che la speranza avevano perso, dimostrazioni che la ribellione alle mafie (e alle forme di corruzione e parassitismo che le facilitano) è possibile se tutti – cittadini e amministratori, associazioni e istituzioni, politica ed economia, mondo laico e religioso – ci assumiamo le responsabilità del bene comune, comportandoci come il cittadino onesto, responsabile e solidale di cui ci parla ma soprattutto a cui parla, la Costituzione.
http://www.libera.it

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