Sentenza del tribunale di Monza. Il malato di Alzheimer ricoverato in Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) che necessita di prestazioni sanitarie non deve pagare la retta che dev’essere a carico del Servizio sanitario nazionale e non più dei parenti.
ROMA – Il malato di Alzheimer ricoverato in Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) che necessita di prestazioni sanitarie non deve pagare la retta che dev’essere a carico del Servizio sanitario nazionale e non più dei parenti. A stabilirlo una sentenza del Tribunale di Monza (pubblicata lo scorso primo marzo) che non solo ha revocato il decreto ingiuntivo, ma ha anche condannato la Rsa a restituire quanto era stato in precedenza versato (2.327,70 €), ritenendo che nulla sia dovuto per i malati di Alzheimer ricoverati, quando necessitano oltre che di prestazioni assistenziali, quali il vitto e l’alloggio, anche di quelle sanitarie.
Il caso – La figlia di una donna malata di Alzheimer (deceduta nel corso del giudizio) aveva ricevuto un decreto ingiuntivo chiesto dalla Rsa di Monza, presso la quale la paziente era stata ricoverata, con il quale le si intimava di pagare ben 39.274,66 € a saldo della retta di ricovero, oltre interessi e spese. Ciò anche sulla base di una dichiarazione scritta con la quale la figlia si era impegnata a corrispondere gli importi mensili dovuti dalla madre, qualora fossero venute meno le risorse di quest’ultima.
La cassazione – Secondo l’avvocato Giovanni Franchi, legale di Confconsumatori, che ha tutelato madre e figlia in giudizio la sentenza ha grande rilevanza: “Il Tribunale si è uniformato alle sentenze della Cassazione (in particolare alla sentenza n. 22776 del 2016) per le quali quando vi sia stretta correlazione tra prestazioni assistenziali e quelle sanitarie, anche le prime sono a carico del servizio Sanitario e non possono, invece, essere fatte pagare ai malati e ai loro parenti”.
La sentenza del Tribunale di Monza, inoltre, fa chiarezza sul fatto che anche il nuovo DPCM 14.2.11 “non ha modificato la disciplina- aggiunge l’avvocato Franchi- avendo lasciato a carico del servizio sanitario le ‘prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria’, come quelle di regola necessarie ai malati di Alzheimer”. Il Tribunale ha chiarito anche che, in questi casi, un impegno come quello assunto dalla figlia deve ritenersi nullo, non avendo ragion d’essere farsi carico dell’obbligo di pagare ciò che non è dovuto.
Una battaglia istituzionale. Al di là delle battaglie in tribunale, Confconsumatori sta sollecitando le istituzioni affinché “si uniformino a quanto statuito dalla Suprema Corte e, più in generale, affrontino il problema degli anziani malati con politiche adeguate alla gravità della situazione. Lo scopo della Confconsumatori, infatti, non è incentivare le cause- conclude- ma piuttosto stimolare la nascita di una efficace nuova politica socio-assistenziale”.
fonte: www.superabile.it