Le condanne inferte all’Italia da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo sono motivate dalla mancata tempestività dell’intervento a difesa delle donne oggetto di violenza. L’Italia, infatti, pur essendo un Paese all’avanguardia dal punto di vista normativo, lo è molto meno sul piano del riconoscimento della violenza maschile e della vulnerabilità della donna. Titti Carraro – avvocato e già presidente della rete Di.Re (Donne in Rete contro la Violenza), a cui aderisce l’associazione “Attivamente Coinvolte” che sta promuovendo una serie di incontri formativi tra le province di Catanzaro e di Vibo Valentia presso le quali ha attivato diversi sportelli di ascolto – ha avuto così modo di chiarire, alla platea di operatrici dei centri antiviolenza e di avvocati convogliati in Provincia, le motivazioni legate, ad esempio, alla sentenza “Tapis”.
Il ribaltamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza che condannava l’imputato Tapis all’ergastolo, per aver ucciso il figlio che aveva cercato di opporsi ai reiterati maltrattamenti da lui compiuti a danno della madre, ha fatto molto scalpore in tutta Europa. Da qui la condanna all’Italia, che pur avendo equiparato i figli adottivi a quelli naturali in sede civile, non lo ha fatto in sede penale, portando la Cassazione a non riconoscere l’aggravante della consanguineità e, quindi, ad annullare la precedente condanna all’ergastolo dell’autore dell’omicidio perché la vittima era, appunto, figlio adottivo della coppia.
Eppure i segnali di un omicidio imminente, in quella casa, c’erano tutti. “Definire la “violenza” sulle donne come mero conflitto non è esaustivo – ha affermato la Carraro – In realtà è prevaricazione di un genere sull’altro, perché la donna molto spesso non viene creduta, nonostante i continui atti degradanti che è costretta a subire ed a sopportare per salvaguardare la propria vita e quella dei propri figli, spesso usati come strumento di persecuzione”. La violenza si combatte – ha continuato – con la formazione sulle dinamiche dalla quale essa trae origine, con la non sottovalutazione del rischio, e con il lavoro di rete, che vede impegnati in prima fila i centri antiviolenza. Se si parla di più di violenza sulle donne, del resto, lo si deve alla Convenzione di Istanbul ed all’opera svolta da trenta anni sui territori dai centri antiviolenza, come ha tenuto a precisare Antonella Veltri, vicepresidente nazionale di “Di.Re”.
E da un lavoro di rete prende avvio il percorso formativo promosso da “Attivamente Coinvolte”, presieduta da Stefania Figliuzzi: l’iniziativa, infatti, gode del sostegno dell’Amministrazione Provinciale, e del patrocinio del Forum del Terzo Settore di Catanzaro-Soverato e dei Centri di Servizio al Volontariato delle province di Catanzaro e Vibo Valentia. L’incontro specifico di venerdì scorso ha ottenuto il sostegno dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro, rappresentato per l’occasione dal presidente Giuseppe Iannello.
Ufficio stampa CSV Catanzaro