Audizione CSVnet XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati

Le Commissioni competenti di Camera e Senato, al fine di approfondire i contenuti degli schemi di decreto approvati in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri, hanno convenuto sull’opportunità di procedere ad alcune audizioni informali. CSVnet è già stata audita ieri, 5 giugno, presso la XII Commissione – Affari sociali della Camera dei deputati. Il mio intervento è stato audio registrato ed è disponibile presso il sito della Camera. In allegato lo schema dell’intervento e le modifiche suggerite al Codice in ordine alle funzioni attribuite ai CSV nell’esercizio del controllo sugli enti di terzo settore. Entrambi i documenti sono stati depositati presso la segreteria della Commissione. Già nel quindicesimo aggiornamento datato 15 maggio (prot. n. 168/17) avevo segnalato la necessità di esprimere una posizione critica circa i termini con i quali è stato previsto dal Codice il coinvolgimento dei CSV nell’attività di controllo degli enti di terzo settore. Dopo un’attenta analisi dell’articolato, la portata di questa valutazione ha assunto una consistenza maggiore di quanto in allora immaginato. Abbiamo infatti, nel frattempo, identificato l’esistenza della lettera g) all’art. 63 comma 2. Tale variazione (non concordata, né segnalata, né prima individuata) di fatto rischia di compromettere l’intero impianto della revisione del sistema dei CSV, attribuendo una potenziale posizione di privilegio ai soci dei CSV ed andando ad utilizzare le risorse provenienti dalle FOB per finalità non riconducibili alla promozione del volontariato. Lascio alla lettura dei testi allegati per un maggiore approfondimento delle argomentazioni addotte nonché delle modifiche avanzate a ben 7 articoli del Codice.

AUDIZIONE XII COMMISSIONE – AFFARI SOCIALI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
SCHEMA INTERVENTO 5 giugno 2017 Stefano Tabò – Presidente CSVnet

La Legge 106/16 prevede all’art. 5 c. 1 lettera e) la “revisione del sistema dei centri di servizio per il volontariato, di cui all’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266” e alla lettera f) la “revisione dell’attività di programmazione e controllo delle attività e della gestione dei centri di servizio per il volontariato, svolta mediante organismi regionali o sovraregionali, tra loro coordinati sul piano nazionale”. Entrambe le lettere citate orientano la delega con una serie di disposizioni.
Il Codice del Terzo settore provvede a dare corso a dette revisioni attraverso gli articoli 61 – 66 che formano il Capo II del Titolo VIII a titolo “DEI CENTRI DI SERVIZIO PER IL VOLONTARIATO”. Questi articoli corrispondono ad una porzione rilevante del Codice: si tratta di 6 articoli su 104 che si sviluppano per circa il 13% dell’estensione dell’intero testo.
La costituzione dei CSV ha la finalità di “organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo per promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore, senza distinzione tra enti associati ed enti non associati, e con particolare riguardo alle organizzazioni di volontariato” (art. 63 c. 1). In questa direzione, che va ad estendere l’intervento oltre il perimetro delle organizzazioni di volontariato (indicato dalla Legge 266/91, art. 15), già disponeva la legge delega Legge 106/16, art. 5 c.1 lettera e) punto 2).
Finalmente si va a modificare una normativa vecchia nella logica ed inadeguata nel contenuto. E lo si fa (salvo una grave eccezione in materia di controllo sugli enti di terzo settore, che sarà trattata nella parte finale dell’intervento) con una visione organica e d’insieme, confermando il radicamento territoriale indispensabile per una adeguata promozione del volontariato, legittimando l’esperienza ventennale dei CSV, consentendo continuità di azione, prefigurando la stabilità del finanziamento su base triennale, pretendendo quell’evoluzione nella governance e nella gestionale dei CSV che la Legge delega ha indicato, affermando una logica di sistema nel prefigurare sia i servizi dei CSV sia i controlli su di essi. Sia la Relazione illustrativa sia la Relazione tecnica al Codice mortificano però il principio di sussidiarietà con il quale gli articoli 61 – 66 affidano la responsabilità dei CSV agli enti di terzo settore ed in particolare alle organizzazioni di volontariato. Le due relazioni, infatti, identificano la governance del sistema dei CSV nell’ONC che, pur avendo compiti rilevanti, non racchiude in sé la totalità della governance dei CSV né, c’è da ritenere, la parte più importante: quella che rende effettiva, puntuale, radicata, partecipata la gestione dei CSV. A beneficio di una corretta interpretazione del Codice occorre modificare di conseguenza.
Per diversi mesi, e fino agli ultimi passaggi presso il Consiglio dei Ministri, si è ragionato sulla normativa sui CSV attraverso l’ipotesi di un decreto a se stante. Il Codice, approvato in esame preliminare, ne ha ricompreso il contenuto. L’innesto, apprezzabile, porta però la necessità di meglio correlare alcune parti importanti. C’è da comprendere, per esempio, come fare affinché sia assicurata ai CSV la possibilità di organizzare la partecipazione dei soci attraverso un voto diretto o indiretto art. 61, c. 1, lett. e) piuttosto che di adottare misure dirette ad evitare situazioni di controllo dell’ente da parte di gruppi minoritari di associati art. 61, c. 1, lett. g) piuttosto che di assicurare la maggioranza di voti in assemblea alle organizzazioni di volontariato art. 61, c. 1, lett.
f). Occorre a nostro giudizio un intervento di raccordo funzionale a questi obiettivi, assicurando esplicitamente ai CSV la possibilità di andare in deroga (limitatamente agli aspetti che lo stesso Codice prefigura per loro) alle disposizioni generali che valgono per tutti gli enti di terzo settore.

Già il Codice dispone in tal senso con riferimento alle reti associative (art. 24 c. 3).
A proposito, c’è da ritenere che la condizione prevista per le reti associative dall’art. 41 c. 4 (per la quale i rappresentanti legali e gli amministratori non debbono aver riportato condanne penali, passate in giudicato, per reati che comportino l’interdizione dai pubblici uffici) possa opportunamente valere anche per i CSV. In questo senso, è sufficiente un’integrazione dell’art. 61 c. 1 lett. i).
Viceversa, è indicato prendere spunto dalla giusta attenzione alle dinamiche locali espressa dall’art. 65 c. 3 lett. b) che rimanda ad associazioni territoriali (e non nazionale come erroneamente indicato nella Relazione illustrativa) degli enti di terzo settore. Il Codice potrebbe, di conseguenza, prevedere la possibilità di costituire un Consiglio del terzo settore presso ogni Regione così come l’identificazione, con legge regionale, di reti associative locali.
Sul tema, si evidenzia che il Consiglio nazionale del Terzo settore (artt. 58 – 60) non contempla nel suo seno la presenza di una rappresentanza dei CSV. In considerazione dei compiti attribuiti ai CSV proprio dal Codice, parrebbe naturale prevedere di poter usufruire della loro competenza e conoscenza anche nel contesto di detto Consiglio. Gli stessi articoli 61 – 66 vanno letti in stretto rapporto con il contenuto dei primi tre commi dell’art. 17 che delineano il profilo del volontario e dell’attività del volontariato. Di difficile comprensione il comma 6 di detto articolo che, peraltro, sembra ledere uno dei punti qualificanti delle organizzazioni di volontariato.
Per quanto attiene alle organizzazioni di volontariato si nota che, così come il Codice si esprime agli artt. 32 – 34, la differenza con le associazioni di promozione sociale tende ad elidersi o, comunque, ad essere affidata a non facili valutazioni di “prevalenza”.
È da apprezzare che il Codice abbia interpretato la promozione della cultura del volontariato come un compito anche in capo alle pubbliche amministrazioni. Così all’art. 19 che, più opportunamente, dovrebbe collocare l’inciso “nei limiti delle risorse disponibili” successivamente al termine “svolgere”.

Come affermato in premessa, forti criticità risultano connesse alle modalità con cui il Codice ha trattato l’attribuzione ai CSV di compiti relativi al controllo degli enti di terzo settore. La permanenza dell’attuale impostazione rischia di minare l’intero impianto della revisione del sistema dei CSV, attribuendo una potenziale posizione di privilegio ai soci dei CSV medesimi ed andando ad utilizzare le risorse provenienti dalle Fondazioni di origine bancaria per finalità non riconducibili alla promozione del volontariato.
Sull’argomento de “I CSV E IL CONTROLLO DEGLI ENTI DI TERZO SETTORE”, tema che ha rilevanza generale per l’effettivo sviluppo dell’autocontrollo degli enti di terzo settore, è stato predisposto uno specifico contributo allegato che meglio argomenta le valutazioni qui sinteticamente espresse e, al fine di contribuire al miglioramento del Codice del Terzo settore, propone conseguenti modifiche agli articoli 92, 93, 96, 63, 62, 72, 60.

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