La follia di cui si ciba la letteratura classica – e L’Orlando Furioso di Ariosto ne è l’emblema – è sinonimo di vita, sentimento ed eroismo, ed è teso a scardinare la mentalità troppo chiusa e razionale che sembra essere invece premiante. Ma dov’è che invece inizia lo stigma della follia, che non ha niente a che fare con l’ebbrezza dei sensi di cui parlavano i latini? Dov’è che inizia il terrore ed il pregiudizio nei confronti di chi sembra esserne colpito? Strano a dirsi, ma più ci sia addentra nella materia del disagio mentale, meno si ottengono risposte, perché è difficile assumersi la responsabilità di un cambiamento, soprattutto di natura culturale, quando la società ha già deciso e condannato.
Lo psichiatra Peppe Dell’Acqua – giunto a Catanzaro giovedì su invito dell’associazione di volontariato socio-sanitario “Ave-Ama”, presieduta da Ninetta Cristallo, che coadiuva anche gruppi di auto-mutuo-aiuto a sostegno di quanti vivono il dramma della malattia mentale in famiglia – nonostante l’ingombrante curriculum che ne fa uno dei massimi esperti a riguardo, e non solo in Italia, grazie anche all’esperienza acquisita a fianco di Franco Basaglia, si è dichiarato contrario ai facili giudizi che si propagano con estrema facilità quando si etichetta la malattia mentale.
Sia nella prima giornata, alla sala concerti di Palazzo De Nobili – accolto dagli assessori Gabriella Celestino e Luigi La Rosa, oltre che dal capo ufficio stampa Sergio Dragone – che nella seconda, di fronte alla platea di studenti del liceo classico “Galluppi”, del liceo psicopedagogico “De Nobili” e dell’istituto tecnico “Petrucci” che hanno gremito fino all’ultimo posto l’Auditorium Casalinuovo, Dell’Acqua, con il coordinamento dello psichiatra Sandro Tagliamonte, ha affermato con estrema semplicità di non possedere definizioni utili ad “imbrigliare” la follia, anche se è questo che si richiede alla psichiatria di fare. Ma di cosa stiamo parlando, in realtà? Siamo, poi, così sicuri che sia corretto parlare di malattia mentale?
Quel che è certo è che dopo Basaglia, e la legge 180 del ’78, che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, i matti ridiventano cittadini, e acquistano il diritto a non vedersi più annientare dentro luoghi infernali (perché tali erano i manicomi) ed a stare legati al letto o seduti, come avveniva di norma. Per la prima volta vengono esaminate come persone con un passato, bisognose sì di farmaci, ma certo non di catene e legacci come atto terapeutico.
Dell’Acqua, con le sue consulenze scientifiche e scritti tradotti in parecchie lingue, ha continuato l’opera di Basaglia, che può ben riassumersi nel “rompere i muri che separano chi sta dentro da chi sta fuori”: “L’incontro è possibile se si sta sulla soglia – ha dichiarato Dell’Acqua, tra gli applausi scroscianti di un pubblico attento ed a tratti sconvolto- Non esistono certezze riguardo a questa malattia, che si porta dietro una valanga di pregiudizi. Forse dovremmo utilizzare altre parole per capire cosa sia. So solo, dopo anni di esperienza, che dietro ogni comportamento apparentemente incomprensibile c’è tanta sofferenza. E che bisogna spogliarsi del proprio camice di medico e delle proprie convinzioni di persona “normale” per entrarci in contatto”. Non è un caso che l’ultima sua fatica letteraria abbia come titolo “Non ho l’arma che uccide il leone”. Il leone bisogna incontrarlo, per affrontarlo: e spesso lo si intravede anche tra i banchi di scuola, come ha tenuto a precisare Elena De Filippis, dirigente scolastico del liceo classico – che assieme al Comune, all’Asp, al Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro, ed all’associazione “Gutenberg”, rappresentata per l’occasione dal presidente Armando Vitale, ha sostenuto “Ave-Ama” nell’organizzazione della due-giorni – nell’incapacità di ascolto che caratterizza i ragazzi, nei loro sguardi persi nel vuoto, nella ricerca di vacue emozioni che in realtà si dissolvono presto e lasciano solo il nulla.
La lunga giornata di Dell’Acqua è proseguita, al pomeriggio, nell’incontro con le famiglie, le associazioni ed i centri diurni di salute mentale della città.
Ufficio stampa CSV Catanzaro