CALABRIA: da paese di emigranti a paese di immigrati   

“Voi siete oggi quelli che noi siamo stati ieri”. Per caso, passando nelle vicinanze di un supermercato, ho intercettato un colloquio tra un anziano calabrese in salute, dal viso rotondo e colorito, dai baffi bianchi abbondanti ed un giovane – palestrato – di origine siriana che parlando si faceva ben capire dal suo interlocutore, con l’intercalare -a volte- di qualche aneddoto in dialetto  nostrano che  pronunciava con aria soddisfatta come a significare “Ci capiamo; sto bene tra voi!!”
L’anziano, attratto dalla simpatia del giovane e dalla provata sua disponibilità ad ascoltarlo enucleava con  serafica  calma e pazienza certosina i sacrifici, le difficoltà, i rischi del viaggio, le sofferenze che lui affrontò nel momento che decise di emigrare in Canada nell’anno 1940 per sfuggire alla guerra e alla fame, ma sopratutto per uscire dalla miseria e dalla povertà rischiò tutto ed in coscienza decise di affrontare un viaggio di speranza in nave per cercare un angolo di terra dove poter lavorare e vivere un futuro migliore.
Il giovane “Siriano” si dimostrava sempre più interessato alla storia e incuriosito di saperne di più spronava l’anziano a continuare il suo racconto nella consapevolezza di aver trovato una persona disponibile a  parlare di un percorso di vita molto simile a quello che  lui stava vivendo in difficoltà estreme con l’idea fissa di incoraggiarlo e aiutarlo quando usava il ritornello oppressivo: “devi resistere, devi resistere..non scoraggiarti di fronte alle difficoltà! Vedrai che il tempo ti  compenserà per la scelta che sei stato costretto a fare in quanto troverai da lavorare e potrai  vivere in libertà i tuoi giorni di vita”.
Anche noi siamo stati quelli che oggi siete Voi…continua l’anziano. Pensa che sono stato costretto ad abbandonare il mio paese, restando lontano dagli affetti di mia madre, dei miei fratelli e dei miei compagni di infanzia per ben trentacinque anni, poi, raggiunto un certo benessere, sono rientrato e oggi mi godo la pensione e la mia famiglia che  ho costruito, con amore, sacrifici e tante privazioni in Canada.
Il colloquio si interrompe con un  sottile e ricambiato sorriso; un confuso saluto di arrivederci ed un chiaro augurio  di ….buona fortuna.
Io ripresi il mio cammino soffermandomi a  riflettere su  quanta umanità, vicinanza e  similitudine esisteva in quell’incontro occasionale tra persone diverse, corredate dalle tante verità che si intrecciavano e sbriciolavano nello stesso momento; uno, anziano e tranquillo, l’altro giovane e disperato i quali dialogano senza conoscersi, né si chiedono come chiamarsi, ma entrambi accomunati da un destino crudele pieno di disperazione, miseria e fame, vivono la quotidianità all’insegna della speranza.
Un destino che contestualizzato al giorno d’oggi sfocia comunque nella logica antica della emigrazione.
Questa occasione di storia raccontata dall’anziano al giovane immigrato si accosta alle tante azioni di  carità e di reale solidarietà che i Calabresi manifestano  nei  confronti della persona immigrata in ogni occasione ed in particolare intensificano nei difficili momenti dell’approdo sulle nostre spiagge.
Uno spettacolo straziante che da molto tempo coinvolge madri, minori, giovani e anziani del mondo  che per sfuggire dalla miseria e allontanarsi dalle guerre continue e insensate presenti nei loro paesi si muovono verso i paesi più  sviluppati dell’occidente cercando asilo politico e libertà, lavoro e dignità, benessere e pace, convivenza democratica e un futuro migliore  fondato sul rispetto della persona umana, al di sopra del colore della pelle di ognuno, del credo religioso dei tanti, della ideologia politica dei molti.
C’è un nesso storico  che congiunge la storia di ieri, dai calabresi vissuta con amarezza, a quella di oggi che in tanti vivono come fenomeno epocale irreversibile. Dobbiamo stare attenti a non commettere  errori di valutazione  ed essere consapevoli che il valore dell’uomo non si baratta e la vita di un bambino non ha prezzo.
Da questa consapevolezza ricca di umanità dobbiamo partire e forte di questa radicata cultura dell’accoglienza, della civiltà dell’ospitalità e dell’acquisita sacralità dello straniero dobbiamo gridare al mondo che la Calabria è stata un avamposto di accoglienza molto prima della venuta di un Papa come Francesco ed ancora prima di Renzi e della cancelliera Angela Merkel.
Mi ritorna alla mente la spontaneità di mia madre nei periodi difficili del dopoguerra quando con disinvoltura e fare semplice accoglieva il forestiero con la urbanità seriosa del caso e, sorridente, esclamava “Trasiti, favorite” offrendo loro un pezzo di quel poco pane che si trovava in casa accompagnato da un generoso bicchiere di vino rosso.
Era un segnale di fratellanza, un atto di vicinanza, frutto di quella cultura contadina dominante che oggi assume valore di civiltà  e che occorre  divulgare e sostenere quale pratica dell’accoglienza  che alberga – da sempre- nel cuore di ogni calabrese, captata in modo rispettoso e positivo dal governatore Agazio Loiero che -primo in Italia- riuscì a condensare  nella legge regionale N° 18 del 12 Giugno 2009 voluta a totale riconoscimento della meritoria azione di soccorso e vicinanza messa in atto quindici anni prima da Sindaci lungimiranti come quelli di Riace e Badolato che hanno saputo accogliere i primi Curdi sbarcati nel litorale Ionico, favorendo quella integrazione che ha consentito loro di vivere il presente ed abitare il futuro del borgo  in comunione con i residenti.
Un esempio positivo di cui si è accorto in primis un regista tedesco di nome Wim Wenders  che dichiarava, nella assemblea dei premi Nobel riunita a Berlino che, dopo la caduta  del “muro”, la cosa più entusiasmante l’aveva vista nei paesi della Calabria che praticavano l’accoglienza.
Di tanto valore restò favorevolmente colpito il noto regista cinematografico che entusiasta passò a produrre il noto ed apprezzato film “Il Volo” illustrando l’avventura del piccolo Ramadullah, afgano di 8 anni, che dopo aver girovagato nel difficile Iran ha percorso in camion la Turchia per giungere in Italia a Crotone e successivamente accolto a Riace.
Una storia, tante storie e molti fatti, una cultura ed un impegno costante  che messi insieme ci devono indurre a rivendicare con orgoglio che noi calabresi, ultimi di Europa, siamo stati i primi a tendere la mano agli “ultimi” del mondo.
Cataldo Francesco Nigro
Presidente Consulta Regionale Volontariato

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