Chi aiuta il terzo settore? Tre proposte per usare soldi che ci sono già

In una crisi economica come quella causata dal Coronavirus le organizzazioni non profit hanno meno riserve per restare in piedi. Su Vita gli interventi di Gabriele Sepio, Carola Carazzone e Luigi Bobba.
Chi aiuta il terzo settore in tempi di Coronavirus? Come sostenere organizzazioni vitali per la coesione sociale, ma che spesso non hanno “riserve” per reagire a questa crisi anche economica? E come salvaguardare il posto di lavoro di quasi un milione di persone impiegate in organizzazioni non profit?

Il tema è sicuramente all’ordine del giorno di chi sta predisponendo in queste ore le varie misure di sostegno, ma il timore è che le istanze del terzo settore non vengano prese nella giusta considerazione. E allora bisogna attrezzarsi con quello che si ha. Come hanno proposto nell’ultimo week-end ben tre interventi pubblicati sul sito di Vita non profit.

Il primo è quello di Gabriele Sepio, collaboratore del Sole 24 ore e tra i maggiori esperti della normativa di settore. In sei punti Sepio illustra le opportunità riguardanti le donazioni al terzo settore: dalle detrazioni e dai sostegni finanziaria già previsti nella riforma, alla nuova “legge antisprechi” approvata il 2 marzo scorso in seguito all’emergenza Coronavirus, che amplia in modo rilevante la gamma dei beni in natura che le imprese potranno donare a favore di enti pubblici e non profit beneficiando delle semplificazioni fiscali e amministrative previste dalla cosiddetta legge “Gadda” (non più solo cibo, ma anche prodotti l’abbigliamento e l’arredamento, giocattoli, materiali per l’edilizia, elettrodomestici, dispositivi elettronici, ecc.).

Da segnalare poi l’articolo di Carola Carazzone, segretaria generale di Assifero (Associazione fondazioni ed enti della filantropia istituzionale), che sottolinea come “le organizzazioni del terzo settore in una situazione di crisi come questa rischiano il collasso” perché in generale non hanno la possibilità di “accantonare, patrimonializzare, risparmiare”; e invita quindi le fondazioni a superare la tradizionale modalità di finanziamento sulla base di progetti e ad avere “l’umiltà e il coraggio di usare la loro libertà e la loro flessibilità. Innanzitutto, ascoltando gli enti beneficiari che sostengono e dando loro fiducia” con vari aiuti possibili di tipo finanziario.

Il terzo intervento è dell’ex sottosegretario Luigi Bobba, che lancia due proposte: recuperare le risorse “dimenticate” del 5 per 1000 e sbloccare quelle “congelate” per le imprese sociali. Nel primo caso, modificando il termine di 10 anni che le associazioni beneficiarie hanno oggi per riscuotere le somme loro destinate. Nel secondo caso, eliminando i passaggi burocratici per usufruire dei 200 milioni assegnati nel 2015 per creare il fondo rotativo che dovrebbe agevolare le imprese sociali nell’accesso ai finanziamenti di credito agevolato. Un fondo di cui fino ad oggi è stato usato solo il 7 per cento. di Stefano Trasatti
fonte: www.csvnet.it

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