Conferenza regionale sul randagismo: necessaria la collaborazione di tutti per arginare il fenomeno

Vogliono essere considerate, supportate e non additate come “il nemico”, le associazioni animaliste calabresi che per la prima volta si sono ritrovate giovedì mattina per la Conferenza regionale alla Cittadella a Catanzaro. Da Scalea a Locri, i volontari, con il coordinamento di Francesca Console di “Anima Randagia” di Catanzaro, hanno riportato le loro esperienze ed avanzato dei suggerimenti alle istituzioni (erano presenti il direttore Asp di Catanzaro, Giuseppe Caparello, ed il presidente del consiglio comunale, Gianmichele Bosco), alla luce delle classifiche nazionali che vedono la Calabria la regione con il più alto numero di cani e gatti vaganti e di canili sovraccarichi e irrispettosi della dignità degli animali ricoverati. Eppure la legge regionale n.41/1990 parla chiaro: “Gli animali vaganti devono essere sterilizzati in modo assolutamente indolore, tenuti in adeguata degenza post-operatoria e reinseriti, ove possibile, nel territorio di provenienza. I comuni, d’intesa con le associazioni riconosciute ed iscritte all’albo regionale, possono finanziare o autorizzare l’installazione di piccole cucce igieniche rionali”.

Eppure si è dovuto attendere il 2018 – ha chiarito Nadia Albano de “Gli invisibili dei canili rifugio” di Cosenza – per imporre ai gestori dei canili la presenza dei volontari per dare accoglienza ai cani, per farli sgambare, per farli sentire al sicuro e per prepararli ad un eventuale ingresso in famiglia. Ma il più delle volte i volontari sono visti come un “peso” dalle amministrazioni, che spesso ignorano di non poter fare a meno delle associazioni che operano in totale gratuità e solo per amore per gli animali.

Solo l’amore, del resto, ha potuto trasformare un canile della provincia di Reggio Calabria, sequestrato dalla procura di Locri perché un vero e proprio “lager”, in un luogo pieno di cure e attenzioni grazie all’intervento dei volontari di “Ugda”, come ha spiegato Irene Piccolo. “Quando siamo entrati nel canile abbiamo dovuto ricominciare da zero: i cani erano in condizioni disperate, rachitici perché privi di cibo e bisognosi di essere dapprima salvati da morte certa. Ora stanno tutti bene, mangiano regolarmente, hanno tutti un nome e non sono più un numero, e sono pronti ad essere adottati grazie alle campagne “Canili porte aperte” che stiamo portando avanti”.

Il canile, infatti, è un luogo di passaggio che deve comunque garantire condizioni di vita dignitose: è quello che hanno fatto le volontarie di “Anime Randagie” di Bovalino che, come ha descritto Angela Agui, hanno trasformato un ex macello abbandonato in un rifugio per i cani vaganti, ed è quello che ha fatto parecchi anni fa la pioniera Aldina Stinchi di “Bios”, creando un “Villaggio dei randagi” alle porte di Catanzaro su tre ettari e mezzo di terreno, in cui i cani vivono in semilibertà e vengono riuniti nei recinti in base alle compatibilità caratteriali. “La legge prevede che il randagismo venga gestito dagli enti pubblici assieme alle associazioni di volontariato, eppure alle nostre latitudini avviene che delle “ditte” utilizzino fondi pubblici per gestire dei canili lager, senza il rispetto delle più elementari norme igienico-sanitarie e del limite previsto di duecento cani ricoverati”. Basterebbe, infatti, siglare delle convenzioni con le associazioni per evitare il perpetuarsi di situazioni al limite della legalità che si avvalgono di fondi pubblici: è la proposta di Dragana Maltecca, dell’associazione “Salvami”, che a Scalea ha messo in piedi una struttura nel verde e con tutti gli accorgimenti possibili, tramite una piattaforma onlineper ricevere donazioni, com’è uso in Svizzera, la sua patria d’origine, in cui non si trovano cani per strada e i canili si reggono sulle donazioni private. C’è poi il problema dei gatti, ed in numero ancora maggiore: Amelia Aguglia dell’associazione “Dagli stalli alle stelle” se ne occupa con le sue volontarie da anni, e con enormi difficoltà, perché i gatti sono considerati animali liberi, quindi non tutelati. Eppure di oasi feline ce ne sarebbe tanto bisogno, sia per le cure mediche che per le sterilizzazioni, che non possono gravare solo sulle associazioni.

Il problema, quindi, si risolve con la collaborazione delle istituzioni – del comune in primis, perché per legge gli animali randagi sono di proprietà del sindaco, e dei servizi veterinari delle Asp – con la sterilizzazione a tappeto dei cani e dei gatti vaganti (ma anche di quelli padronali per i quali la sterilizzazione resta un tabù) e con la loro immissione sul territorio, nel rispetto della loro dignità e libertà. In una terra come la nostra il rispetto degli animali va insegnato sin da quando si è piccoli – ha insistito Rosamaria Cozza dell’Oasi Rifugio di Crotone – unitamente alla consapevolezza che “possedere un animale” non è per tutti, perché si tratta di un impegno che dura per tutta la vita e che non ha scadenza, ha continuato Elisabetta Naso di “Amore Randagio” di Drapia. Quel che verrà richiesto alle istituzioni sarà riassunto in un documento in cui, ha specificato Piera Gonzales di “Mai da soli” di Lamezia Terme, viene messo nero su bianco il rapporto imprescindibile con le associazioni animaliste, vere e proprie “risorse” e non spine nel fianco, che devono poter entrare liberamente nei canili ed essere consultate per l’adozione di provvedimenti riguardanti il randagismo, così come previsto dal codice del Terzo Settore. “Siamo in emergenza sanitaria, anche se nessuno lo dice, e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti e di non farci più la guerra”, ha infine chiosato Francesca Console.

Ufficio stampa CSV Calabria Centro

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