Costruire relazioni sociali per ritagliarsi spazi di partecipazione

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Le cose non si fanno da soli. E’ un principio universale, che vale anche quando si intende progettare per ritagliarsi spazi di partecipazione all’interno di una comunità.
Per un appartenente ad un ente del Terzo Settore, poi, dovrebbe essere spontaneo investire sulla costruzione di relazioni sociali per avviare percorsi di co-progettazione che possano davvero essere utili alla comunità alla quale si appartiene. E che si tratti di un processo lungo, difficile, da perseguire in soluzione di continuità, è apparso subito chiaro ai circa trenta partecipanti (inclusi i membri dello staff) al corso di co-progettazione e co-programmazione organizzato dal 18 al 20 gennaio dal Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro, al quale ha aderito anche una rappresentanza del CSV di Crotone.

Del resto, persino le domande più semplici – riguardanti l’analisi dei problemi del territorio e le sue possibili soluzioni – appaiono insormontabili a chi è abituato a lavorare all’interno della propria organizzazione per dare risposta ad un bisogno immediato, senza trovare il tempo per fare altro, e men che meno per curare le relazioni tra le persone che aderiscono alla medesima organizzazione.

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Eppure non può esserci progettazione se non c’è conoscenza: i lavori di gruppo e le simulazioni che i formatori di livello – il sociologo Andrea Volterrani, docente all’Università Tor Vergata di Roma, e l’antropologa Laura Di Pasquale – hanno previsto nel corso dei tre giorni tenutisi al Grand Hotel Paradiso, convergevano verso un’unica direzione. Quella della condivisione dei vari problemi, allo scopo di acquisire la consapevolezza necessaria a comprendere che non esistono priorità, e che ogni esperienza e sapere può essere utile alla risoluzione delle più disparate dinamiche sociali.

L’esercizio finale, volto a rappresentare “l’albero dei problemi” partendo dalla conoscenza reciproca, che serve anche ad inquadrare la tematica specifica sotto angolazioni diverse (che chi vi si concentra di continuo non vede neanche più), ha riassunto gli sforzi mentali ai quali i partecipanti sono stati chiamati nelle varie fasi del corso. Già solo l’individuazione delle cause a monte del problema è complicata, figurarsi quanta fatica potrebbe nascondersi dietro ad una programmazione partecipata che è frutto di analisi e di approfondimento, e di tempo, tantissimo tempo, impiegato a costruire relazioni. Ma per poter contare nei processi decisionali non c’è altra strada: solo così, infatti, i cittadini e gli enti del Terzo Settore possono evitare di ricadere in una partecipazione “apparente” che serve solo a camuffare decisioni già prese a livello istituzionale. Anche perché sarebbero talmente motivati e competenti sulla materia oggetto di analisi, che le stesse istituzioni non potrebbero fare a meno di auspicarne la partecipazione.

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